Il 15 aprile di 150 anni fa, in Boulevard des Capucines, a Parigi, nasceva una delle correnti pittoriche più importanti della contemporaneità: l’impressionismo. Tra gli artisti che nella primavera del 1874 esposero in una mostra i loro lavori al pubblico per la prima volta, c’erano i giovani Pierre-Auguste Renoir e Paul Cézanne che, un secolo e mezzo dopo, si rincontrano sulle gloriose pareti di Palazzo Reale, a Milano, fino al prossimo 19 giugno. Il museo meneghino offre un inedito percorso parallelo tra i due pittori che furono amici nella vita e uniti in una visione dell’arte dove l’impressione, la suggestione dell’artista e dello spettatore prendono il sopravvento sulla materia, fondando un nuovo stile che cerca di guardare oltre l’immagine stessa, alla ricerca della sostanza, dell’essenza, dell’istantanea dell’impressione visiva.
Due universi visivi a confronto
Gli anni e il successo non hanno mai diviso Paul e Pierre-Auguste, qualcosa li ha uniti durante tutta la loro parabola artistica, come dimostrano i 52 capolavori riuniti dalla curatrice Cécile Girardeau, grazie al fondamentale apporto del Musée D’Orsay e del Musée de l’Orangerie di Parigi custodi abituali di gran parte delle opere esposte. Il risultato è una delle mostre più complete sull’opera dei due artisti, così simile nei fondamenti ideali eppure così diversa nel risultato pittorico. Le due prospettive si alternano nel percorso espositivo, restituendo allo spettatore le differenze dell’impressione che un medesimo soggetto ha prodotto nell’animo e sulle tele dei due artisti.
Renoir, di famiglia umile e dallo spirito aperto e leggero, rende tutto colorato, sinuoso, etereo, mentre Cézanne traccia solchi netti tra coscienza e impressione, producendo tele a volte tenebrose, quasi geometriche che riflettono il suo carattere spigoloso e difficile, forgiato dagli scontri con la famiglia borghese che lo voleva banchiere come il padre.
Forma, luce e colore
La trinità dell’impressionismo è la stella polare che guida la produzione artistica dei due artisti francesi e, in generale, di tutto il movimento impressionista. Le tele selezionate coprono un arco temporale che va dalla metà degli anni ‘70 del Diciannovesimo secolo fino agli albori del Novecento, raccontando un’evoluzione che porta in luce gli elementi fondanti dell’arte posteriore, dal cubismo all’astrattismo.
Ecco che la forma perde i contorni, la luce si diffonde da punti inaspettati e il colore trionfa nella sua necessità narrativa che diventa anche lemma dell’autore e lo distingue. Come sempre, non dobbiamo pensare all’impressionismo come a un movimento compatto e univoco e la vera intuizione della mostra è palesare la differenza nell’unità, attraverso la comparazione immediata delle tele esposte, testimonianza di un legame che ha superato i limiti fisici dell’amicizia in vita per diventare paradigma e totem di un movimento che ancora affascina il pubblico e ispira la cultura in tutte le sue forme.
Un rapporto longevo
Nonostante la comune origine francese e la coincidenza nella capitale transalpina fino al 1881, è proprio quando entrambi lasciano Parigi che l’amicizia tra i due diventa un rapporto costante. Renoir ama andare a trovare Cézanne in Provenza. Sono ormai artisti famosi, maturi, pronti ad approfondire ed evolvere i temi che li accomunano, senza influenzarsi nel tratto o nell’opera, ma nel vivere. Cézanne si nutre della bonaria luccicanza e della fede nella bellezza di Renoir che assorbe a sua volta la solidità e la disciplina dell’amico.
Un’affinità elettiva che ha reso Renoir e Cézanne i padri di una cultura posteriore di cui sono stati i visionari precursori, come dimostra il raffronto finale nel percorso espositivo con l’opera di Picasso. Il malgueño sarà il primo a raccogliere il testimone di questi pittori eterni, simboli dell’inevitabile connubio tra luce ed ombra, immaginazione e realtà, emozione e ragione che è il fondamento dell’arte di cui i protagonisti dell’evento culturale dell’anno a Palazzo Reale sono ancora una referenza irrinunciabile.