La sostenibilità passa anche dalla cucina. In un momento storico in cui è in corso un processo rivolto a ridurre sensibilmente gli sprechi, stanno prendendo sempre più piede nuove abitudini culinarie che garantiscono benefici importanti: è il caso della cottura passiva, metodo alternativo che potrebbe portare ad un grande risparmio energetico oltre che ad una riduzione delle emissioni di CO2 fino all’80%.
Una tecnica risalente al XIX Secolo
La cottura a fuoco spento non è certamente una novità. Le origini risalgono alla seconda metà del 1800; tuttavia è entrata nella cultura popolare solo da pochi anni, grazie anche al contributo di personalità importanti come il Premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi e Davide Oldani, chef due stelle Michelin nonché Stella Verde per il continuo impegno nella cucina sostenibile.
La tecnica solitamente viene utilizzata per cucinare il riso e la pasta asciutta. Ma in cosa consiste? Fondamentalmente, una volta calata la pasta in acqua bollente i fornelli vengono spenti dopo appena due minuti di fuoco attivo. In questo modo, grazie all’ausilio di un coperchio, la cottura va avanti in modo passivo, sfruttando il calore accumulato in precedenza.
Importante la selezione delle materie prime
Parlare di “cottura” appare tuttavia lievemente improprio. Più che cuocersi infatti la pasta si “reidrata” grazie ad un processo chimico. L’acqua inizialmente penetra nella pasta, venendo poi assorbita da granuli di amido che, gonfiandosi, la rendono molle per poi rassodarsi grazie alla condensazione del glutine. Il risultato finale è pressoché identico a quello “tradizionale”. Con la cottura passiva non si perde alcuna proprietà. Attenzione però alla selezione della materia prima: un prodotto con poca qualità tenderà infatti ad incollarsi e quindi a scuocersi molto facilmente, vanificando così l’operazione.
Risparmi (e benefici) evidenti
La tecnica della cottura passiva conserva numerosi vantaggi: il risparmio di tempo e di gas. Solitamente infatti per cucinare una pasta occorrono circa dieci minuti per portare l’acqua in ebollizione e altri dieci una volta introdotto il prodotto all’interno della pentola. In modalità passiva si realizza tutto in un unico passaggio, con una riduzione di energia evidente, fattore ottimo sia dal punto di vista ambientale ed economico. La tecnica inoltre non è indicata esclusivamente tra le mura domestiche, ma all’aperto durante pic-nic, escursioni, campeggi o altre situazioni con una disponibilità di gas ridotta. Oltre alla pasta e al riso, la cottura può essere particolarmente idonea anche per alcuni alimenti proteici come il pesce. I filetti in particolare risultano molto più gustosi se cotti passivamente a fuoco spento grazie alla speciale metodologia di riscaldamento che, essendo più delicata, rende il cibo morbido e succoso.
Le altre alternative alla cottura tradizionale
Oltre alla cottura passiva attualmente sono utilizzati altri metodi per risparmiare energia, anche se leggermente più complicati da mettere in atto. La prima, la più ostica, è la cosiddetta “cottura in acqua fredda”: in questo procedimento la pasta viene immersa prima in una ciotola d’acqua fredda per ottenere la reidratazione, poi tuffata in acqua salata bollente per un tempo massimo di tre minuti. Anche in questo caso l’utilizzo di gas è minimo, ma la pratica ha bisogno di mano esperta.
Altra tecnica è la cottura “one pot”, dove pasta e condimento vengono cotti in contemporanea in pentola per esaltarne al massimo il sapore diminuendo i tempi di preparazione; l’importante in questi casi è scegliere una conserva adatta al metodo. In genere è sempre preferibile introdurre nella pasta one-pot alimenti facili come pomodoro, verdure o spezzatino, dunque in grado di rilasciare liquidi necessari al completamento della cottura.
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