I The Beatles entrano ancora una volta nella storia della musica; a più di quarant’anni dallo scioglimento infatti il gruppo musicale più famoso di sempre regalerà un nuovo pezzo inedito ai propri fan. Il 5 novembre, in contemporanea mondiale, è prevista infatti l’uscita de “Now and then”, brano composto e registrato sotto forma di demo negli anni Settanta e terminato recentemente grazie all’ausilio della tecnologia. L’ennesima pietra miliare della band rock per eccellenza.
Il mito dei Fab Four risplende ancora
La voce di John Lennon, grazie all’ausilio di un software, tornerà dunque a cantare in un pezzo composto dalla band di Liverpool, capace di polverizzare ogni record durante il proprio periodo di attività, influenzando tutt’oggi qualsiasi musicista che si approccia al genere rock. Ma da dove parte il mito? Per risalire all’origine del gruppo bisogna riavvolgere il nastro alla fine degli anni Cinquanta quando, nel nord dell’Inghilterra, era attivo un piccolo complesso chiamato The Quarrymen, fondato da John Lennon. Il musicista presto conosce altri due membri, poi entrati in formazione: Paul Mc Cartney e George Harrison. Il nome “The Beatles” (scarafaggi in italiano) verrà deciso anni più tardi, durante una notte d’estate del 1960 per volere sempre di Lennon, ispirato dalla band “Cricket” (grilli) di Buddy Holle.
Il destino dei musicisti inglesi cambierà definitivamente grazie al primo manager Allan Williams, il quale propone loro un ingaggio ad Amburgo, in Germania. Sarà in questo contesto che avviene una trasformazione estetica e stilistica. I tre ragazzi, supportati in prima battuta da un batterista non fisso, forgiano nella terra teutonica il loro stile, ottenendo un discreto successo in due anni impreziositi da una copiosa esperienza sul palcoscenico. Una volta tornati nel Regno Unito, il loro fascino e il loro carisma fa subito presa sul pubblico giovane.
L’errore colossale della Decca Records e il trionfo
A Liverpool inoltre i ragazzi colgono la possibilità di sostenere un provino per la Decca Records, casa discografica che, incredibilmente, non intuisce le potenzialità del complesso cadendo in quello che è considerato oggi l’errore più grande della discografia moderna. Sarà la EMI la prima etichetta a investire sulla band che, successivamente, nello studio tre di Abbey Road incide “Love me do” dando inizio alla beatlesmania, fenomeno scatenato anche da un look acchiappa-teenager: capelli tirati in avanti con frangetta, giacche di pelle e stivaletti.
Alle prime sessioni nello studio londinese risale anche l’entrata definitiva di Ringo Starr, batterista che conosceva bene il trio dal periodo di Amburgo scelto dopo una lunga selezione. Ma la popolarità era solo iniziata: “Please please me” fu uno dei primi successi firmati dalla premiata ditta composta dal duo Lennon-McCartney nonché preludio del primo album omonimo, pubblicato nel 1993 e in grado di vendere 50.000 copie in pochi giorni. Andrà ancora meglio al secondo capitolo discografico, “With the Beatles“, album datato 1963 accolto con un consenso talmente plebiscitario da non avere neanche avuto bisogno di una programmazione pubblicitaria. I Fab Four rimangono sulla cresta dell’onda sciorinando a distanza ravvicinata poi altri due LP, “A heard day’s night” e “Beatles for sale”, avvicinandosi poi a un periodo di sperimentazione che cambierà i connotati alla storia della musica.
La sperimentazione
Dopo infatti “Help”, altro capitolo legato a un approccio ancora giovanile, nel 1965 gli artisti pubblicano “Rubber Soul”, per molti anello di congiunzione tra il primo periodo e quello della “sperimentazione”. Con la mania da teenager che si stava pian piano esaurendo gli inglesi decisero saggiamente di non ripetersi, andando ad esplorare territori sconosciuti ornando il loro approccio pop con elementi nuovi, non scontati, abbracciando un mood più eclettico e imprevedibile.
Gli elementi già presenti nel disco appena citato trovano la quadratura perfetta in “Revolver”, album del 1966 considerato il grande capolavoro della band nonché specchio di una Londra Capitale mondiale delle sottoculture giovanili. Non sorprende infatti che tra le tematiche trattate spiccano anche l’utilizzo di sostanze stupefacenti, riferimenti alle filosofie religiose e avant-garde. Inoltre per scelta artistica i Beatles decidono di non portare come di consueto il nuovo album in tour, fattore che gli permette di giocare anche con la musica stessa utilizzando espedienti come double-tracking automatico, varispeed e registrazioni riprodotte al contrario, tecnicismi impossibili da riprodurre sul palco. Presenti inoltre le prime tracce di psichedelìa, genere che diventerà predominante nella fatica successiva, “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band”.
Il “White Album”, la fine del sogno e il miracolo tecnologico
La sperimentazione dei Fab Four durerà anche negli ultimi anni, contrassegnati dalla relase di dischi sempre più sperimentali come il “White album” ed “Abbey Road”, di fatto l’ultimo disco inciso dai quattro prima di uno scioglimento arrivato nel 1970 a causa dell’emergere di numerosi dissidi interni. I musicisti non ebbero mai l’occasione di poter organizzare una reunion, complice l’omicidio di John Lennon da parte di un fanatico verificatosi l’8 dicembre de 1970.
Oggi però, grazie alla tecnologia, la magia dei Beatles è in grado di risplendere nella storia
La canzone inedita “Now and then” nasce infatti negli ultimi anni di John Lennon. La demo del pezzo, una registrazione unica piano e voce, fu consegnata agli altri tre componenti da Yoko Ono (moglie del cantautore) nel 1994. Mc Cartney, Harrison e Starr lavorarono dunque le loro parti, dando il proprio contributo basandosi sullo scheletro dell’amico con l’obiettivo di poter incidere un nuovo brano. Tuttavia all’epoca non c’era una tecnologia in grado di poter separare la traccia audio del piano con quella della voce, problema che spinse i componenti ad accantonare il progetto.
La svolta arriva dopo il poderoso lavoro filmico e audiovisivo optato da Peter Jackson nel documentario “The Beatles: Get Back”. Proprio grazie all’apporto dei tecnici del suono che hanno lavorato al documentario si è riusciti a scorporare tutte le parti registrate del demo, comprese anche quelle di Lennon. In “Now and then” è presente quindi un patchwork sonoro, con una summa di registrazioni provenienti da epoche differenti e immortali, proprio come i Beatles.
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