La maison Gucci è tra le grandi protagoniste della Milano Fashion Week: oltre l’apprezzatissima collezione che ha contrassegnato il debutto del neo Direttore Creativo Sabato De Sarno durante la rassegna meneghina è stata allestita una mostra d’arte contemporanea nel quartiere Brera, coinvolgendo quattro giovani artisti per una retrospettiva completamente dedicata alla creatività.
Due eventi “scollegati” soltanto da un imprevisto
Il fashion show si è svolto al Gucci Hub di Via Mecenate per un cambio di programma improvviso, dettato dalle condizioni atmosferiche incerte che non avrebbero concesso lo svolgimento del défilé nel luogo pianificato, ovvero a Brera. Un collegamento chiarissimo, tra musica arte, nel progetto Gucci Ancora, riassunto nella nota diffusa ai media:
«È una storia che nasce dalla gioia di vivere. Dalla passione e dall’umanità, dalle persone e dalla vita reale, da un fascino irriverente, dalla provocazione e dalla sicurezza di sé, dalla semplicità, dalle sensazioni repentine e dalle emozioni. Da una forma d’arte precisa, fatta di parole – parole nelle opere, parole nelle foto, parole negli spazi, solo parole. È una storia di ricchezza e di desiderio. È una storia a carte scoperte orgogliosa, manifesta. È una storia di musica e di nottate, di sudore, di balli e di canti. È una storia di famiglia, di baci, tanti e tanti baci. È la storia di tutto, ancora, un tutto che stavolta si manifesta attraverso la gioia».
Riscoprire la bellezza, “Ancora”
Al centro dell’esposizione artistica c’è dunque la voglia di riscoprire, ancora, la bellezza, affidandosi alle creazioni di Valerio Eliogabalo Torrisi, Martino Santori, Cristiano Rizzo, Noura Tafeche, tutti spinti dalla voglia di meravigliarsi, realizzando opere spesso accompagnate con il grande apporto della forza della parola. È il caso ad esempio di Torrisi, autore di un’esposizione calpestabile e viva, di cui mette in scena una vera e propria festa, con tanto di coriandoli posizionati a terra e spruzzate di colore che diventano vive grazie all’intervento dei visitatori, i quali grazie ai loro passi mutano l’ordine dell’opera stessa. Ma in questa grande perfezione estetica non manca comunque un’atmosfera sinistra, contrassegnata dalla maxi scritta “Fingevamo l’intimità ed era l’unico modo per amarci”, messaggio criptico che riassume in poche parole la solitudine, inducendo una riflessione sul contesto in cui viviamo.
Nuove prospettive di Milano
Il contributo di Martino Santori è invece rivolto alla possibilità di scoprire le prospettive nascoste della città milanese grazie ad una video installazione utile a proiettare l’osservatore verso cartografie poco conosciute della città della Madonnina, espediente perfetto per ripensare anche agli spazi che viviamo, anzi che non viviamo in quanto spesso smaterializzati o inghiottiti dalla frenesia quotidiana. Indaga sulla natura invece Rizzo, trasformando e rileggendo le forme naturali con due tele lunghe che si contrappongono facendo emergere radici e foglie intente e creare un altro tipo di linguaggio e di forma. In particolare l’artista si è soffermato su due zone di Milano particolarmente care alla scrittrice Patrizia Valduca, ripensandole seguendo la sua visione personale.
L’ultima sala è invece quella di Tafeche, interamente dedicata al progetto “Mai viste prima”: lo spazio per l’occasione è caratterizzato da una moltitudine di bandiere utopiche, simbolo di condivisione, collettività e unione, nove stendardi che bypassano frontiere, guerre e politica, andando al centro delle emozioni umane: c’è la bandiera della nostalgia, quella della riderella improvvisa, e quella della commozione dettata dal taglio della cipolla: un delizioso messaggio tra il serio e il faceto di una profondità disarmante che solo l’arte contemporanea riesce davvero a regalare.
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