Si ha quasi l’impressione di sentire ancora l’odore di sigarai cubani, i preferiti di Ernest Hemingway, varcando la soglia dell’Harry’s Bar. Circa quaranta metri quadri rivestiti di un legno così impregnato di storia da raccontare a chiunque si ritrovi seduto al bancone o ad uno dei tavolini preferiti dal celebre autore de “Il vecchio e il mare”. Una storia, quella dell’Harry’s Bar di Venezia, affacciato sul Canal Grande e dichiarato patrimonio nazionale dal Ministero dei Beni Culturali nel 2001, la cui prima pagina fu scritta da Giuseppe Cipriani.
È stato lui il padre fondatore di una catena divenuta emblema di ristorazione italiana in tutto il mondo con sedi a New York, Las Vegas, Miami, Doha, Abu Dhabi, Istanbul, Riyadh, Londra, Hong Kong, Montecarlo, Ibiza e Marbella. Non sono da dimenticare anche gli hotel a New York, Punta del Este, Miami e Milano. Una preziosa eredità tramandata poi da Giuseppe a suo figlio, Arrigo Cipriani che, ancora oggi, fa gli onori di casa all’Harry’s Bar veneziano consapevole di aver ereditato, non solo un locale, bensì tutta l’arte, la storia e la letteratura che lo hanno attraversato e ‘abitato’ nei decenni a partire dal 13 maggio 1931, giorno in cui Cipriani inaugurò quella piccola ‘stanza’ in legno aprendone le porte a coloro che sarebbero divenuti i più grandi scrittori, pittori, artisti del ‘900.
Hemingway all’Harry’s Bar
Si racconta che i tavoli dell’Harry’s Bar abbiano ‘udito’ parole direttamente pronunciate da Barbara Hutton, Katherine Hepburn, Gary Cooper, Giancarlo Menotti, Peggy Guggenheim, Orson Welles, Frank Lloyd Wright, Joe di Maggio, Truman Capote. Quanto ad Hemingway, il suo legame con questo luogo merita un capitolo a parte. Cosa amava bere il tormentato scrittore americano? La risposta è racchiusa in quaranta metri quadri dove era solito trascorrere ore ed ore ad osservare la vita per poi raccontarla nero su bianco, non senza aver prima sorseggiato uno o più Montgomery Martini: questa la versione alternativa del classico Dry Martini, proposta dallo stesso Hemingway. Pare si preparasse avvicinando la bottiglia aperta di vermouth al bicchiere, secchissimo. Giunto a Venezia la prima volta nel 1948, lo scrittore americano trovò lì l’ispirazione per il suo romanzo “Di là dal fiume e tra gli alberi”, pubblicato a New York due anni dopo.
Ed è qui, fra le pagine di quel libro che si incontra l’atmosfera dell’ Harry’s Bar nel quale Hemingway immaginò un amore mai consumatosi con la nobildonna diciannovenne Adriana Ivancich. Una relazione che ebbe modo di esistere solo fra le righe del suo manoscritto in cui racconta la storia clandestina tra Richard Cantwell, colonnello americano malato e in fin di vita, e la giovane contessa veneziana Renata. Teatro dei dialoghi tra i due protagonisti del romanzo “Di là dal fiume e tra gli alberi”, altro non è che l’Harry’s Bar di Cipriani. E cosa sorseggiavano qui i due amanti? Nel libro viene più volte nominato il Martini cocktail, bevuto dal colonnello Cantwell nello storico locale indiscussa traccia autobiografica lasciata nel quinto romanzo da Hemingway.
La nascita del Bellini
L’Harry’s Bar offriva scenari, conversazioni e personaggi perfetti per la sua penna inquieta poichè era un luogo permeato dalla cultura e dalla vita dell’epoca e capace esso stesso di raccontare storie. A partire da quella racchiusa nel nome scelto da Cipriani, legato alla vicenda del giovane americano Harry Pickering, che nel 1927 giunse a Venezia con la nonna. Quest’ultima lo abbandonò senza un soldo nell’hotel in cui lavorava Giuseppe Cipriani il quale decise di dare in prestito al giovane diecimila lire permettendogli di tornare a casa. Quando, trascorsi un po’ di anni, Harry tornò a Venezia restituì la somma a Cipriani moltiplicandola per quattro.
Dono grazie al quale Giuseppe aprì il suo storico locale dedicandone il nome a quel generoso americano. E per i più curiosi gli aneddoti e i racconti custoditi fra le mura dell’Harry’s Bar non finiscono qui. Tornando alla fine degli anni ’40, e precisamente al 1948, anno in cui Hemyngway era giunto a Venezia, merita di essere ricordata la nascita del cocktail Bellini, una storia ricca d’arte. Fu, infatti, in occasione di una mostra di pittura dedicata all’artista veneziano Giovan Battista Bellini a Palazzo Ducale che Cipriani crea un cocktail che celebrasse l’artista. Si ispirò, così, alle tinte purpuree-rosate che caratterizzavano le tele del Bellini dando vita all’intramontabile drink. Polpa e succo di pesca mescolate a prosecco con un pizzico d’arte e letteratura sono stati, dunque, gli ingredienti della ricetta vincente dell’Harry’s Bar.