Gli anni venti del 2000 saranno ricordati come quelli degli acronimi. Parole brevi, a volte brevissime, estremamente funzionali per sintetizzare uno stato d’animo o una condizione esistenziale. In modo particolare, soprattutto tra i più giovani, si parla sempre più di FOMO (Fear Of Missing Out): letteralmente, la paura di stare chiusi in casa e perdersi qualcosa di interessante che accade fuori. Eppure, esiste un’altra parola che descrive qualcosa di simile ma al contempo estremamente diversa. Stiamo parlando della Nomofobia, ovvero la dipendenza da smartphone, “telefono intelligente” che ci fa sentire sempre collegati con il resto del mondo, arrecando però non pochi danni soprattutto sulla nostra mente. 

La Nomofobia può essere qualcosa di molto serio

Anche se può sembrare qualcosa di innocuo o di non particolarmente grave, la nomofobia va presa sul serio. Il termine deriva dalla crasi tra “NO Mobile phone” e” phobia”. Si tratta fondamentalmente di una dipendenza di tipo patologico che spinge determinati individui a controllare compulsivamente il telefono, nella speranza di osservare qualcosa di particolarmente interessante. Ogni volta che si riceve una notifica, nel cervello si attiva un livello alto di dopamina, stimolata dal pensiero di essere stupiti da una notizia sensazionale o capace di cambiare la giornata. Secondo gli studiosi dunque le persone inclini a questo disturbo trascorrono ore e ore a controllare in continuazione il proprio telefono, provocando spesso disagio, nervosismo e angoscia.

Nomofobia dipendenza Smartphone Life&People MagazinAlcuni “sintomi” di nomofobia, riconducibili in azioni quotidiane se portate allo stremo, possono portare a conseguenze molto fastidiose. In linea generale sono più a rischio i soggetti che tengono lo smartphone accesso 24 ore su 24 senza spegnerlo mai, tenendolo anche vicino al letto durante le ore di sonno. A questi si aggiungono anche coloro che accusano particolare disagio se non portano con sé il caricabatterie, nel timore di rimanere senza batteria.

Alcune aziende stanno correndo ai ripari

Non è infatti un caso se alcuni colossi di primissimo piano, pensiamo per esempio ad Apple, stiano cercando delle soluzioni per poter fermare il fenomeno. Nello specifico l’azienda della mela negli ultimi aggiornamenti ha introdotto il “tempo di utilizzo”, funzionalità che permette agli utenti di gestire l’utilizzo delle applicazioni, programmando anche finestre di tempo per stare lontano dai dispositivi.

Nomofobia dipendenza Smartphone Life&People MagazineOltre al marchio statunitense, si stanno muovendo nella stessa direzione anche altri top social, tra cui Instagram. Il celeberrimo Social Network facente parte del gruppo Meta ha introdotto ormai da tempo la funzione “Prenditi una pausa”, azione particolarmente apprezzata dall’utenza che obbliga lo smartphone a “mettere in pausa” i social, impedendone dunque l’accesso. In praticamente in ogni telefono è possibile consultare i minuti di permanenza in ogni singola applicazione, utile per capire quanto tempo perdiamo effettivamente dietro al mondo digitale: numeri davvero preoccupanti.

Ritornare al passato per staccarsi (temporaneamente) dal presente

Per riuscire a contrastare un fenomeno in crescita come la Nomofobia esistono le metodologie più disparate, molte ancora in fase di studio. Tra queste ci sarebbe anche la scelta consapevole di acquistare un telefono “vecchio stile”, per intenderci quello abilitato soltanto alle chiamate o agli SMS, proprio per non indurre in “tentazione” l’utente medio, aiutandolo a rimanere aggrappato alla “vita reale”, togliendogli così la possibilità di controllare internet in modo compulsivo e continuativo.

Nomofobia dipendenza Smartphone Life&People MagazinProprio per questo motivo il mercato dei telefoni di vecchia generazione non si è mai esaurito del tutto. Oltre alla popolazione più anziana, certamente non avvezza agli smartphone di ultima generazione, anche tanti professionisti stanno cercando di trovare una via più “normale” approcciandosi al proprio strumento di lavoro con il minimo indispensabile in nome di una disontissicazione digitale che, oggi più che mai, appare a tutti gli effetti davvero indispensabile.

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