Se ne è andato uno degli ultimi scrittori del Novecento, il cui ricordo resterà per sempre impresso nel cuore di tutti: ieri, martedì 12 agosto si è spento all’età di 94 anni Milan Kundera, Un vero e proprio pilastro della letteratura mondiale, autore di best seller come “L’insostenibile leggerezza dell’essere” e da sempre contraddistinto da una forza comunicativa ed espressiva fuori dal comune. Ripercorriamo la breve storia dell’artista, impreziosita da amore per l’arte e da scomode situazioni politiche.

L’incontro con il cugino Ludvik

Kundera

nasce a Brno, in quella che all’epoca era Cecoslovacchia (adesso Repubblica Ceca) il 1 aprile del 1929, per poi spostarsi a Praga, dove studia principalmente letteratura e musica, proseguendo quindi in qualche modo anche la professione del padre. Ludvik infatti era un personaggio importante in Patria, essendo un pianista noto nonché Direttore dell’Accademia Musicale di Brno. Ma appare evidente fin dall’adolescenza che nel cammino di Milan non può che esserci proprio l’arte a tutto tondo. La sua passione per la musica confluirà presto anche nei primi schizzi letterari, scritti già da ragazzino.

Ricordo Milan Kundera Life&People MagazineIn tal senso sarà fondamentale l’incontro con il cugino (anche lui curiosamente chiamato Ludvik) leggermente più vecchio di lui, già figura chiave della cultura ceca nonché rappresentate della parte più surrealista del gruppo RA. Tuttavia Kundera, dopo un solo anno di studi in letteratura all’Università Carolina di Praga,  decide di spostarsi alla FAMU, scuola del cinema, dove si laurea tenendo poi corsi di letterature comparate.

Le critiche al partito comunista e “L’insostenibile leggerezza dell’essere”

Durante i suoi studi, precisamente nel 1948, Kundera si iscrive al Partito Comunista per venire poi espulso soltanto due anni dopo a causa di diverse critiche alla linea politica emerse in una serie di missive indirizzate ad un amico. Riammesso in realtà poco dopo, al 1956, il ceco diventerà una di quelle figure chiave nel dibattito del partito. Ma il matrimonio dura in realtà pochissimo: nel 1975 infatti lo scrittore sarà costretto addirittura a lasciare il Paese trasferendosi definitivamente in Francia dopo aver criticato aspramente l’invasione sovietica in Cecoslovacchia nel 1968, fattore per cui gli venne anche sottratta la cittadinanza (ridata soltanto nel 2019), a seguito della pubblicazione de “Il libro del riso e dell’oblio”. 

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Nel corso della sua vita Kundera si è reso autore di una produzione letteraria abbastanza contenuta. Si contano infatti soltanto dieci romanzi, tra cui quello di maggior successo “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, scritto in ceco ma pubblicato per la prima volta in francese nel 1984. Il libro ha trovato particolarmente fortuna in Italia, diventando tra i più venduti della celebre casa editrice Adelphi. Il racconto, ambientato nella Praga sessantottina, parla di quattro personaggi, due donne e due uomini, tutti legati da delle relazioni amorose. L’impatto del romanzo nella pop culture fu molto importante, non a caso ne venne estrapolato anche un film, diretto dallo statunitense Philip Kaufman e uscito nel 1988.

Gli ultimi anni

L’ultima opera scritta da Kundera è relativamente recente: si tratta de “La festa dell’insignificanza “, romanzo uscito nel 2013 e realizzato quindi in età anziana, a oltre 80 anni. Il suo nome è sempre rimbalzato in lungo e in largo nel contesto dei premi Nobel, dove è considerato uno dei più papabili del lotto. Tuttavia il ceco non vinse mai l’ambito Premio, conservando comunque un’ammirazione totale da parte degli addetti ai lavori. Difficile ricordare adesso Milan Kundera non c’è più, un particolare aneddoto o un aforisma legato al creativo. Lo scrittore infatti non era solito rilasciare dichiarazioni, concedendo pochissime interviste in quanto era fermamente convinto che gli artisti dovessero parlare soltanto attraverso le proprie opere, senza dover dunque per forza aggiungere altro a quanto vergato su carta. E forse è proprio questo, insieme al coraggio di esprimere liberamente la propria opinione, l’insegnamento più grande lasciato in eredità oggi dal genio novecentesco.

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