Il suo ricordo rimarrà per sempre vivo nella testa e nel cuore di tutti; si è spenta all’età di 83 anni Tina Turner, leggenda del rock, del rythm’n’blues e del soul che ha dovuto arrendersi ad una malattia contro la quale lottava da tempo, spegnendosi nella sua casa di Küsnacht, cittadina non lontana da Zurigo, in Svizzera. La musica perde un altro pezzo pregiato, capace di conquistare la bellezza di dodici Grammy Awards spalmati in una carriera durata oltre sessant’anni tra enormi soddisfazioni lavorative e un tormento privato opprimente e difficilissimo da gestire.
I primi anni
Nata a Brownsville (Tennessee) il 26 novembre 1939, la piccola Anna Mae Bullock entra in contatto con il mondo della musica a soli dieci anni, cantando nel coro della Chiesa della sua città, dove il padre Richard era pastore. Nel 1956 i suoi genitori si separano, e, l’artista si trasferisce insieme alla sorella in quel di Saint Louis. Proprio questa città segnerà il primo grandi spartiacque della sua carriera. Sarà qui che Tina incontrerà infatti Ike Turner, musicista con cui incide “Boxtop”, brano che segna il debutto discografico della cantante con il nome d’arte Little Ann.

© Getty Images
Nel 1960 i due, supportati dalle Ikettes, pubblicano “A fool in love”, primo brano in cui Ann si presenta al pubblico come Tina Turner ricevendo immediatamente un riscontro rilevante. Tina e Ike decidono quindi di sposarsi nello stesso anno, ma il matrimonio in prima battuta non fu convalidato per ragioni puramente burocratiche, in quanto lo sposo non era riuscito a ottenere in tempo il divorzio dalla prima moglie. Nei primi anni Sessanta il duo ottiene altri successi grazie a “Proud Mart”, “River Deep – Mountaing High” e “Natbush City Limits”. Ma non fu tutto rose e fiori. In poco tempo infatti la relazione tra Tina e Ike si rivela tormentata, tossica e tristemente ricca di abusi dettati anche dallo stato di alterazione del compagno, dipendente da cocaina. Durante uno dei tanti litigi, esasperata, Tina Turner scappa via dall’hotel in cui si trovava insieme ad Ike, chiedendo istanza di divorzio.
La carriera da solista
Gli anni Settanta saranno una vera roller coaster di emozioni per la performer dei concerti record che, dopo aver esordito in qualità di attrice in “Tommy” ( versione cinematografica del musical degli Who), incide ben quattro album, trovando però un’accoglienza piuttosto fredda. Malgrado tutto però la musicista riesce a farsi spazio grazie alle esibizioni live, ottenendo lavori importanti con tour di successo che la portano anche in Italia diventando ospite fissa in “Luna Park”, programma Rai 1 condotto dal grande Pippo Baudo. Sarà il preludio della sua rinascita artistica e personale, scaturita dall’incontro con Roger Davies, il quale decide di occuparsi della carriera di Tina a partire dagli anni Ottanta, facendola risplendere più che mai.

© Getty Images
Rogers, oltre ad intensificare l’attività dal vivo della cantante negli Stati Uniti, riesce a inserire grazie all’apporto di John S Carter l’interprete della musica rock nel ciclo discografico che conta, portandola a firmare un contratto con la Capitol Records: un successo annunciato. Nel 1984 infatti la statunitense pubblica “Private dancer”, album che vende oltre venti milioni di copie trainato dalla famosissima “What’s Love Got to Do with It”, uno dei pezzi più venduti di sempre.
Il trionfo prosegue con uno degli album manifesto, “Break every rule”,
progetto discografico datato 1986 che vanta la partecipazione e la collaborazioni dei musicisti più influenti del mondo come David Bowie, Bryan Adams, Eric Clapton e tanti altri. In questo capitolo, più di altri, la nativa di Brownsville riesce a far cogliere tutte le sfumature della sua vocalità capace di toccare diversi generi, dal rock al soul, creando un vero e proprio unicum riconducibile a nessun’altra artista.
Tutti rimarranno folgorati anche dall’attitude sul palco, caratterizzata da una presenza scenica con pochi eguali e look studiati ad hoc (le gonne soprattutto) per rimanere impressi nella memoria. L’annata trionfale degli Ottanta si chiude quindi con “Foreign affair”, disco che contiene la sua canzone più famosa, “The best”, diventata nel tempo un vero e proprio inno generazionale e motivazionale. Seguiranno quindi tanti altri successi per tutti gli anni Novanta, fino a sfociare in “Twenty Four Seven”, ultimo disco di inediti rilasciato nel 1999 prima di dedicarsi per il resto della sua vita a progetti celebrativi e a collaborazioni di primo piano.
Luce e ombra lontana dai riflettori
Ma l’altro lato della medaglia, – quello della vita privata -, rimarrà per sempre uno dei fardelli più grandi della storia di Tina Turner. Oltre alle vicende degli abusi che portarono l’artista a tentare il suicidio, tutto il suo vissuto sarà contrassegnato da momenti ostici da gestire come dimostrano i fatti recenti legati ai suoi figli: nel 2018 Craig, il primo genito, si toglie la vita a poco meno di sessant’anni. Pochi mesi fa invece Ronnie, – avuto con Ike Turner -, è venuto a mancare a causa di un cancro.

© Getty Images
A tutto questo dolore si aggiungono condizioni di salute a dir poco precarie della cantante, tormentata prima da un ictus (2013) e successivamente da un cancro all’intestino (2016) oltre che da seri problemi ai reni dettati da cure inadeguate per l’ipertensione, risolte soltanto grazie a un trapianto, donato dal suo compagno Bach dopo che la musicista aveva addirittura pensato al suicidio assistito. Tina Turner tuttavia, come confermato dalla sua portavoce nel comunicato che ha annunciato la sua scomparsa, dopo tanto tormento ha lasciato questa terra “serenamente”, ritrovando probabilmente quella calma per troppo tempo cercata in vita, lasciando in eredità il coraggio di graffiare sul palco e la capacità di andare avanti anche nei momenti più tetri. Addio, leonessa.
Leggi anche: Chi è Timothée Chalamet il nuovo volto beauty di Chanel