L’attesa è finita. Da oggi, è disponibile in streaming «La legge di Lidia Poët», nuova miniserie targata Netflix creata dal duo Guido Iuculano-Davide Orsini che vanta come protagonista principale l’acclamatissima Matilda De Angelis. Un prodotto audiovisivo destinato a fare breccia nel cuore dei telespettatori, i quali avranno la possibilità di tuffarsi all’interno di una storia non troppo conosciuta. Chi era Lidia Poët? Perché è così tanto importante ricordarla oggi? 

Un salto indietro nella Torino del 1800

La serie parla del primo avvocato donna nella storia italiana iscritta all’albo professionale, salvo poi essere radiata pochissimo tempo dopo, rientrando nell’Ordine soltanto all’età di sessantacinque anni. L’intreccio segue dunque i reali sviluppi della vita di Lidia, nata nel 1855 da famiglia valdese e formatasi al Collegio delle Signorine di Bonneville di Aubonne, in Svizzera, dove consegue la patema di Maestra Superiore Normale oltre che di inglese, tedesco, francese e spagnolo; tornata in Italia, si iscrive alla facoltà di legge a Torino.

Chi era Lidia Poet Life&People MagazineGià durante i suoi studi Poët si interessa ai diritti delle donne, laureandosi con una tesi sulla condizione femminile nella società e concentrandosi anche sul diritto di voto. Dopo aver superato in modo brillante il praticantato e l’esame di abilitazione Lidia chiederà dunque l’iscrizione all’Ordine degli Avvocati e Procuratori di Torino, ottenendola il 9 agosto 1883. In sede di approvazione due avvocati rassegneranno le dimissioni per protesta, sentendosi “minacciati” dall’ingresso nell’albo di una donna – novità assoluta -. Ma il Presidente Vegezzi, applicando fedelmente le leggi civili italiane che decretavano l’uguaglianza tra uomini e donne, non ebbe problemi ad accettare la richiesta di Poët.

Una sentenza ingiusta 

Ma la gioia e la soddisfazione durano, purtroppo, molto poco. Il Procuratore generale del Regno infatti decide di impugnare l’approvazione di Lidia ricorrendo alla Corte D’Appello del capoluogo piemontese, la quale dopo solo tre mesi impone la cancellazione immediata dell’avvocato dall’Albo. Le motivazioni della sentenza sono agghiaccianti: Poët infatti secondo gli organi competenti non poteva svolgere le sue funzioni in quanto donna:

« […] Ne risulta evidente esser stato sempre nel concetto del legislatore che l’avvocheria fosse un ufficio esercibile soltanto da maschi e nel quale non dovevano punto immischiarsi le femmine […]. Vale oggi ugualmente come allora valeva, imperocché oggi del pari sarebbe disdicevole e brutto veder le donne discendere nella forense palestra, agitarsi in mezzo allo strepito dei pubblici giudizi, accalorarsi in discussioni che facilmente trasmodano, e nelle quali anche, loro malgrado, potrebbero esser tratte oltre ai limiti che al sesso più gentile si conviene di osservare»

Chi era Lidia Poet Life&People MagazineDi particolare rilievo anche la chiosa, in cui emerge a pieno il pensiero dell’epoca riguardo alla sfera femminile, di fatto considerata mero accessorio ai servizi dell’uomo:

«[le donne] avranno pure a riflettere se sarebbe veramente un progresso e una conquista per loro quello di poter mettersi in concorrenza con gli uomini, di andarsene confuse fra essi, di divenirne le uguali anziché le compagne, siccome la provvidenza le ha destinate».

Ma Lidia continua a lavorare

La sentenza non scalfisce l’avvocato che, coraggiosamente, decide di proseguire comunque la sua attività professionale collaborando a stretto contatto con il fratello Giovanni Enrico anche senza poter entrare nei tribunali, concentrandosi in particolar modo sul suffragio femminile, sulla tutela e la difesa dei diritti di minori ed emarginati. Per poter fare nuovamente ingresso in aula in veste ufficiale Lidia dovrà aspettare 37 anni quando, ormai sessantacinquenne, usufruisce della legge 1176 del 1919 che consentiva l’ingresso alle donne in determinati uffici pubblici. Si spegnerà poi nel 1949 a Diano Marina, dedicando tutta la sua vita al lavoro.

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La legge di Lidia Poët: una buona accoglienza

La critica in prima battuta ha accolto con ampio favore la miniserie co-diretta da Matteo Rovere, lodando soprattutto la scelta del soggetto e il tipo di approccio confezionato dagli autori, coraggioso e diverso dalle produzioni rilasciate ultimamente in Italia. Particolarmente apprezzata la protagonista Matilda De Angelis oltre che di Pier Luigi Pasino, considerato perfetto nel ruolo del fratello. La serie cade in un momento storico molto importante per l’Italia, Paese in cui si discute sempre più su temi importanti come discriminazioni e gender gap salariale, fattore che non può che rendere la serie tv ancora più interessante da seguire.

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