Il 3 febbraio 1957
, alle ore 20.50, andava in onda per la prima volta in Italia il primo programma pubblicitario sulla Rai, – la prima emittente televisiva di Stato del nostro Paese -, la storia del Carosello iniziò proprio negli anni cinquanta caratterizzati dal boom economico, dalla rinascita dell’Occidente dopo gli anni bui della Seconda guerra mondiale. Il benessere sociale e la fioritura di una società industriale e urbana porta alla nascita del consumismo: i lavoratori e le famiglie italiane per la prima volta possono permettersi prodotti non solo di prima necessita, ma anche beni di consumo secondari, come la televisione.
Così l’emittente televisiva Rai, nata nel 1954 dopo anni di solo servizio radiofonico, decide di collaborare con le attività imprenditoriali italiane e di offrire loro uno spazio di circa dieci minuti in cui poter pubblicizzare i loro beni e servizi. Nasce quindi il Carosello, un metodo curioso e avanguardistico per invogliare i telespettatori a comprare prodotti pubblicizzati all’interno del programma.
Già in America, la pubblicità o réclame, come veniva chiamata in quel periodo
aveva sbancato in televisione, ma interrompeva i programmi in onda e disturbava la fruizione del telespettatore. Per evitare ciò, alcuni grandi registi e creatori italiani, quali Luciano Emmer, idearono un format divertente e accattivante, una scatola ben definita in cui separare lo spazio pubblicitario dagli altri programmi: il Carosello proponeva, infatti, brevi spot e spettacolini – inizialmente solo quattro, per poi passare a mandarne in onda anche sei – della durata di un minuto e mezzo; solo alla fine, dopo la messa in scena di uno sketch, si nominava e si faceva vedere esplicitamente il prodotto pubblicizzato. Questa era la parte più importante di tutta l’esperienza: aveva una durata di trenta secondi ed era nominata “codino”.
Inizialmente in bianco e nero, il programma annunciato da due siparietti ben riconoscibili, ovvero due sigle realizzate dal già citato Luciano Emmer e Cesare Taurelli della Recta Film, che presero spunto da una tarantella napoletana del 1825. Nel corso del tempo, la sigla subì una serie di variazioni, così come anche l’avvento del colore portò alla fruizione di questi sketch in una migliore risoluzione. Negli anni sessanta, gli spot erano interamente concentrati nel veicolare ai suoi telespettatori un senso di benessere economico, sociale, culturale. Ora tutti potevano accedere a una vita migliore, più felice, ricca di prodotti e di beni che fino ad allora erano sembrati inaccessibili. Per incrementare ciò, parteciparono alla realizzazione delle scenette artisti del calibro di Dalì e di Andy Warhol. Inoltre, la durata di ogni sketch aumentò fino a due minuti e trenta, con un “codino” pubblicitario di trentacinque minuti.
Il Carosello visto dagli italiani e i suoi protagonisti
In quegli anni, rappresentò un momento prezioso di intrattenimento per la famiglia: dopo una dura giornata di lavoro, grandi e piccini si riunivano davanti alla televisione per godersi lo spettacolo di quei mini-film spassosi e alle volte anche istruttivi. Per i bambini, invece, simboleggiava un momento contrastante di gioia e di tristezza, perché il Carosello era uno spartiacque tra il momento di svago dopo la scuola e l’ordine perentorio dei genitori di andare a dormire. Proprio per il grande potere di coinvolgimento che il programma aveva, ancora oggi molti suoi personaggi di punta sono ricordati dai più: il pulcino Calimero, il pupazzo Angelino, Carmencita e Caballero, che divennero protagonisti indiscussi di aziende come la Lavazza o il detersivo Ava.
La scelta del nome
Proprio nel 1954 uscì nelle sale cinematografiche il film musicale “Carosello napoletano”, adattamento dell’opera teatrale omonima (1950). Diretto da Ettore Giannini e interpretato da Sophia Loren e Paolo Stoppa, vinse il Prix International al Festival di Cannes dello stesso anno.
Ma perché prendere spunto dal suo titolo per il nome di un programma di réclame?
Il lungometraggio era composto dall’alternanza di una serie di brevi storie raccontate da un menestrello, in cui si recitava, si ballava e si cantava. Per questo, la Rai decise di ispirarsi per il suo nuovo format, spronata anche dal fatto che il termine “Carosello” significa “torneo o parata di cavalieri, giostra per divertire”.
La fine di un’epoca
Col passare del tempo e con una società in fervente cambiamento, il Carosella rappresentò sempre più una scelta pubblicitaria stretta e inadatta per soddisfare le esigenze di mercato. Si aveva bisogno di tempi più ampi, di modi diversi per strutturare lo spot e di una presenza costante nel palinsesto quotidiano. Per questo motivo, il 1 gennaio 1977 venne trasmessa l’ultima puntata, con una serie di cinque réclame di diversi interessi – tra cui l’Amaro Ramazzotti e la Cassa Robot di BTicino. Per la storia della televisione italiana, il Carosello ha segnato un momento di svolta significativo che ha contribuito alla costruzione della nostra cultura e al nostro senso di nazione.
Guarda anche – Ciao Raffaella Carrà: addio all’icona della tv italiana