Sembra una frase fatta, ma è la verità: Sanremo è lo specchio dell’Italia. Basti osservare infatti da un punto di vista cronologico le settantadue edizioni andate in scena per apprendere non solo il racconto di un festival musicale d’intrattenimento nostrano ma anche il racconto stesso del Bel Paese filtrato attraverso le canzoni, le conduzioni ma anche gli ospiti e gli eventi collegati. Anche la moda ricopre un ruolo fondamentale nel corso delle cinque serate, motivo per cui anche attraverso la storia dei look del Festival si può risalire facilmente agli usi e costumi dell’epoca; un viaggio nel tempo, partendo dagli anni Cinquanta fino ai giorni nostri.
Gli anni cinquanta: l’inizio della storia e dei look del Festival
Il Festival si apre nel segno della felicità. Siamo nei primi anni Cinquanta, quelli della ripresa economica dopo la tenebrosa e terrificante seconda guerra mondiale. La rassegna non a caso viene ideata con un fine semplicissimo: rilanciare il turismo in Liguria con una gara di canzoni, denominato Festival della Canzone italiana. La prima edizione è vinta da Nilla Pizzi che, il 29 gennaio 1951, riceve il Primo Premio con “Grazie dei fiori”. L’evento, ancora non di dominio nazionale fu trasmesso soltanto in radio. Le cronache e le testimonianze del tempo raccontano di una Pizzi elegante con abiti lunghi e romantici, impreziositi da paillette e lustrini.
Gli anni cinquanta saranno contrassegnati da un periodo di transizione generato da due stili completamente diversi: da una parte si schiaccerà l’occhio allo stile sofisticato come quello di Grace Kelly, dall’altro invece si punterà alla grande femminilità ed erotismo di Ava Gardner e Marilyn Monroe; una nuova femminilità dunque, più emancipata e indipendente, stava prendendo piede.
Sanremo rimane ancorata ai vecchi codici: la rivoluzione degli anni ’70
Tutto lo spirito di emancipazione si propaga per tutti gli anni Sessanta, grazie anche al contributo fondamentale di star come Brigitte Bardot, emblema della donna forte e prorompente o dell’attrice Jane Fonda. Sono gli anni dell’esplosione della minigonna, nata nel 1966 grazie Mary Quant e dal fascino di Twiggy. Un grande e burrascoso spirito rivoluzionario che però non intaccò in nessun modo il Festival di Sanremo, dove primeggiano ancora gli abiti romantici, lunghi e rigorosi, come dimostrano Gigliola Cinquetti, Iva Zanicchi (vincitrice della gara insieme a Claudio Villa) e della stessa Mina.
Sarà solo negli anni Settanta infatti che entrerà al Teatro del Casinò un po’ di sana spregiudicatezza. Influenzata dalla moda hippie tra jeans a zampa e zeppe, Claudia Mori rompe infatti tutti gli stilemi precedenti affiancando il molleggiato Adriano Celentano in “Chi non lavora non fa l’amore” con una mise da urlo, ovvero minigonna, top con frange e una chioma cotonata. Sensualissima anche Patty Pravo, splendida con jump suite a zampa di grande tendenza.
Gli anni Ottanta sono quelli della sperimentazione
La sperimentazione e l’audacia saranno invece la chiave dei favolosi anni Ottanta, un decennio in cui la kermesse, approdata nel 1976 al Teatro Ariston, vede sfoggiare probabilmente capi più controversi e ricercati di sempre. In tal senso Anna Oxa, artista che ha fatto del camaleontismo stilistico uno dei suoi marchi di fabbrica, cavalca i trend dell’epoca aggiungendo sempre particolari strettamente personali. Si muove in direzione simile anche Loredana Bertè che, nel 1986, sfoggia uno dei look più criticati della storia festivaliera sfoggiando un capo di pelle nera confezionato da Gianni Versace contraddistinto da una pancia finta; un modo per sottolineare la forza e la maestosità della donna in gravidanza. Di stampo diverso invece le proposte della sorella Mia Martini, sempre estremamente sobria e ricercata con abiti dal forte richiamo vintage. Tra le mise più celebri ricordiamo quella indossata nel 1989 per eseguire “Almeno tu nell’universo”: completo retrò con abito midi, gonna ampia di pizzo e coprispalle.
Ma tra le tante idee innovative non mancava chi non riusciva a stare al passo con i tempi, spiccando comunque tra la massa. È il caso ad esempio di Romina Power, in scena con alcuni outifit dal chiaro rimando al decennio precedente.
Gli anni Novanta: entra in gioco il grunge!
Dopo tanta costrizione, con gli anni novanta arriva finalmente la morbidezza, segnata soprattutto dalla moda grunge, dei maglioni, degli anfibi e delle salopette in denim. La parola d’ordine sarà varietà: si passerà dalle matrici quasi trip hop di Marina Rei con “Un inverno da baciare” a un tipo di look filo statunitense a trazione teen che verrà citato magistralmente da giovani artiste come Paola e Chiara e Syiria. Da non dimenticare inoltre quanto fatto da Giorgia, sorridente, con outfit divertenti e scanzonati completi a pois e acconciature moderne. Anche se a rubare la scena, come sempre, sarà comunque Anna Oxa che, nel 1999, trionferà con “Senza pietà” proponendo un look entrato nell’immaginario collettivo: pantaloni a vita bassa, tanga in vista, tutto ornato da un beauty look iper moderno.
Storia dei look: perché oggi tutti vogliono vestire cantanti e conduttori a Sanremo?
Il nuovo millennio si apre con il botto. Sulla coda di un 1999 colmo di influenze e contaminazioni, i primi anni del 2000 sanremesi brillano per un davvero notevole mix di stili, new wave e grunge ancora predominanti. Tuttavia la prima svolta arriva praticamente subito, nel 2001, con la vincitrice Elisa, la prima a portare sul palco un capo quasi di alta moda, reintroducendo il trend dell’abito couture dentro l’Ariston. Quattro anni più tardi, dunque nel 2005, a dare risalto a questa ultima tendenza ci penserà la co-conduttrice Antonella Clerici, la quale opta per vestiti da red carpet sfarzosi ed elaboratissimi ricevendo non a caso anche diverse critiche. L’attenzione della moda verso il Festival crescerà sempre più con il passare degli anni, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Un interesse verso la kermesse sempre più grande
oggi i brand del lusso fanno letteralmente a gara per vestire conduttori, co-conduttrici e artisti di turno. Pensiamo, – per fare l’esempio più recente -, ad Achille Lauro, il quale ha instaurato una partnership con Gucci lasciando gli spettatori a bocca aperta con i suoi quadri portati a Sanremo espressioni di libertà, coraggio e indipendenza ma anche soggetti a molte critiche così come le sue esibizioni-performance. Ma a cosa è dovuta tutta questa euforia? Semplice: Sanremo è l’unico evento al mondo a riuscire a tenere incollati milioni di telespettatori davanti alla tv generando interazioni social ancor più grandi: milioni di reazioni, commenti, tweet, retweet, post, repost. Una pubblicità e una visibilità davvero troppo importante per non far ingolosire la fashion industry che, come sappiamo, già promette scintille in una nuova edizione che si preannuncia indimenticabile e colma di glamour!
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