Milioni di italiani sono pronti a tornare alle urne: il prossimo 25 settembre sarà nuovamente il momento di votare il nuovo Governo che andrà a sostituire quello, durato appena un anno, del banchiere d’Europa Mario Draghi. Per le elezioni 2022, come d’abitudine, i partiti politici hanno sviluppato un programma elettorale complesso ricco di promesse e misure, dimenticandosi però del delicato tema della cultura.
La cultura che fine ha fatto?
Si dice che “con la cultura non si mangia”. Questa è la frase che spesso sentiamo pronunciare quando si fa riferimento a certe facoltà universitarie, o a determinati settori del terziario. Eppure, intorno agli eventi culturali, il mondo dell’arte, del cinema e della musica gira un fatturato di milioni di euro, che permette il sostentamento di migliaia di famiglie italiane. Un settore, quello della cultura, particolarmente martoriato da due anni terribili dove in molti hanno fatto realmente fatica a sopravvivere. In un contesto simile, un programma culturale approfondito, perlomeno sulla carta, è il minimo che ci si può aspettare da parte della nostra classe politica. Risulta inoltre piuttosto sciocco non dare il giusto peso alla cultura in un paese che, più di ogni altro, fa delle risorse culturali un vanto.
Stilato un documento ad hoc
Si chiama: “Cultura è futuro. Proposte di intervento per la prossima legislatura” il documento sviluppato in collaborazione con alcune fra le maggiori organizzazioni di rappresentanza istituzionali e indipendenti italiane dei settori culturali e creativi. Si tratta di un’iniziativa che mira a promuovere fra le istituzioni un certo grado di consapevolezza su settore rimasto troppo a lungo al di fuori del dibattito pubblico, dimenticato a favore di economia, problemi sociali e crisi ambientale (tutti, ad ogni modo, importanti in egual misura).
Le proposte in campo
Il documento include una serie di misure e di proposte per tutte le forze politiche. Ecco quali sono riportate al suo interno, nel dettaglio:
- Introduzione della formazione artistica e performativa e sviluppo di competenze alla lettura in tutte le scuole di ogni ordine e grado a partire dalle scuole di infanzia.
- Definizione dello status giuridico delle ICC a partire dal perimetro definito dall’Unione Europea. Il riconoscimento deve tener conto della pluralità di natura giuridica, attività, forme, settori e fasi delle filiere produttive (produzione, distribuzione, gestione, uso, erogazione di servizi ecc.).
- Valorizzazione del ruolo del diritto d’autore nel web e contrasto alla pirateria, tramite strumenti non solo normativi per la tutela della creatività, nella ricerca continua di un equilibrio tra i diritti di autori e imprese che investono e diritti del pubblico.
- Individuazione di politiche di welfare culturale per passare da singole esperienze a processi integrati di ricerca, formazione e sperimentazione tra il sistema socio- sanitario e quello culturale, anche attivando un percorso legislativo dedicato di iniziativa parlamentare e/o governativa in accordo con la Conferenza Unificata.
- Attuazione del Codice dello spettacolo attraverso l’urgente stesura dei decreti delegati entro i termini stabiliti dalla legge, con contestuale e chiara ridefinizione degli aspetti legati al lavoro e monitoraggio delle funzioni che lo Stato e le Regioni intendono affidare ai soggetti finanziati a tutti i livelli istituzionali (FUS, fondi regionali e comunali).
- Adozione di una Legge sulle biblioteche e sul sistema bibliotecario nazionale.
- Completamento del Sistema Museale Nazionale definendo un sistema di premialità per i musei accreditati.
- Completamento di un quadro normativo evoluto e di semplice attuazione per modelli collaborativi pubblico privato, riconoscendo il ruolo delle imprese e degli enti del Terzo Settore come partner strategici della P.A.
Le proposte politiche dei partiti in materia di cultura
Questo argomento fa effettivamente parte dei programmi elettorali, ma è di certo molto meno rilevante rispetto ai punti che fanno riferimento alle misure economiche, o quelle relative ai diritti civili, giusto per fare un paio di esempi. La coalizione di centro sinistra, guidata da Enrico Letta, si sta muovendo su una strada spianata in precedenza dal Ministro Dario Franceschini. Il programma della sinistra si basa sulla collaborazione fra privato e pubblico per una maggiore mediazione imprenditoriale nella gestione della cultura, sul riconoscimento del valore delle professioni culturali e infine sul potenziamento dell’offerta culturale nelle periferie. Si parla inoltre di incentivi per giovani autori e per il rilancio delle sale di spettacolo e cinematografiche.
Sono invece ben 17 i punti della coalizione di centro destra (“Cultura e bellezza, il nostro Rinascimento”): tra i più importanti c’è senza dubbio la riduzione dell’eccesso di burocrazia che potrebbe limitare l’utilizzo di spazi ma anche l’accesso ai fondi. C’è inoltre, la volontà dell’eventuale governo Meloni-Salvini-Berlusconi di riformare il Fondo unico per lo spettacolo (Fus). Il terzo polo Renzi-Calenda punta a promuovere nuove strategie di fruizione culturale. L’obiettivo è quello di dare sostegno economico ai luoghi della cultura e di raddoppiare le donazioni private in favore della cultura, con pari incentivo pubblico.
Sono solo promesse?
Ogni programma elettorale che si rispetti include una serie di proposte che puntano ad accumulare, nell’immediato, il maggior numero di voti possibile. La speranza è che ciò che è stato promesso venga effettivamente mantenuto. Almeno per il momento, il mondo della cultura ancora scalpita: Franceschini, d’altra parte, non è riuscito a soddisfare le necessità di chi per quasi due anni non è riuscito a lavorare a causa della pandemia. Ora che si sta per aprire una nuova fase, ci si augura che tutto possa cambiare, in meglio.
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