Fascino, carisma, charme. Passa il tempo, ma Sean Penn rimane uno degli attori più carismatici e talentuosi di Hollywood. Oggi, 17 agosto, lo statunitense compie sessantadue anni di una vita passata sotto i riflettori tra film impegnati, attivismo e anche alcune controversie. Per celebrare il suo straordinario cammino ripercorriamo la gloriosa biografia di Sean Penn, il ragazzo più cool dell’universo.
I primi passi e il successo
Nato nella Contea di Los Angeles nel 1960, il giovane Sean respira aria di cinema fin da subito. Il padre infatti, Leo Penn, è regista e attore; la madre, Eileen Ryana, un’attrice navigata. Un destino segnato: non per nulla infatti il primo approccio con la macchina da presa risale ai tempi della Santa Monica High School dove, in modo autonomo, Penn gira dei cortometraggi insieme a dei suoi amici, tra cui spiccano i vicini di casa Emilio Estevez e Charlie Sheen. Il primissimo ingaggio ufficiale in veste di attore è datata 1974 in occasione di un episodio della fortunata serie televisiva “La casa nella prateria”. Sette anni più tardi avverrà invece il debutto assoluto sul grande schermo con “Taps-Squilli di rivolta” (1981).
Grazie a un viso e soprattutto a un’espressione fuori dal comune, nelle primissime produzioni il nostro ricopre spesso il ruolo di ragazzo cattivo, sciorinato in appunto in film come “Bad Boys” (1983), “Il gioco del falco” (1985) e “A distanza ravvicinata” (1986). Seguiranno poi alcune commedie di buon riscontro, come “Shanghai Surprise” (1986) e “Non siamo angeli” (1989).
“Carlito’s Way” e i riconoscimenti degli anni Novanta
Tuttavia sarà il 1993 una delle annate più importanti della carriera di Sean Penn, complice l’uscita del capolavoro di Brian De Palma “Carlito’s Way”, dove l’attore interpreta (in un cast stellare dove spicca anche Al Pacino) il ruolo del cinico avvocato David Kleinfeld, ricevendo nel tempo una vera e propria ovazione da parte della critica specializzata. Tre anni più tardi arriverà anche la prima candidatura ai Premi Oscar, grazie a “Dead Man Walking – Condannato a morte di Tim Robbins”, pellicola molto discussa che tratta di un argomento delicatissimo come la pena di morte particolarmente apprezzata al Festival di Berlino, dove l’attore conquista l’Orso d’argento come miglior attore protagonista.
Sarà il primo di una lunga serie di riconoscimenti: nel 1997 infatti al Festival di Cannes il nativo di Los Angeles si aggiudica il Premio per la miglior interpretazione maschile con “She’s So Lovely – Così carina” di Nick Cassavetes, film che vanta della partecipazione di John Tavolta e della moglie dell’epoca Robin Wright. Poco più di dodici mesi dopo poi, stavolta alla Mostra del Cinema di Venezia, Sean Penn verrà premiato per “Bugie, bambole e bastardi” di Anthony Drazan. La coda dello scorso millennio sarà poi caratterizzata dalla collaborazione con molteplici registi d’autore, da Terrence Malick (“La sottile linea rossa”, 1998) al genio di Woody Allen che lo coinvolge nel cult “Accordi e disaccordi” (1999).
Gli Oscar e l’attivismo
Malgrado svariate nomination, Sean Penn riuscirà ad accaparrarsi la statuetta dell’Academy soltanto nel nuovo millennio con uno dei film più apprezzati della sua filmografia, ovvero il magistrale” Mystic River” (2003) di Clint Eastwood, dove ricopre il ruolo di un padre di famiglia con alla spalle un’esperienza criminale, la cui vita viene completamente stravolta dall’assassinio di sua figlia. Lo stesso riconoscimento ritornerà nelle mani dello statunitense poi nel 2009 grazie a “Milk” di Gus Vas Sant, pellicola che racconta la storia di Harvey Milk, paladino dei diritti gay assassinato nel 1978. Lo stesso Penn darà poi vita a diverse battaglie in sostegno della comunità LGBTQ+ con iniziative e discorsi pubblici.
Si tratta di uno dei tanti impegni sociali dell’attore, abituato a prendere sempre una posizione in tematiche da molti colleghi non affrontate per mera paura di esporsi. Nel 2003 ad esempio Penn ha manifestato il suo dissenso contro il Presidente George W Bush (e successivamente anche contro Obama) per la decisione di attaccare l’Iraq, producendo inoltre un film-documentario intitolato “War made Easy” in cui tratta proprio questo argomento. Nel 2022, pochi giorni dopo l’inizio dell’invasione russa in Ucraina, l’attore si reca nella Capitale Kiev per girare un documentario sugli effetti devastanti della guerra, ricevendo il plauso del Presidente Volodymyr Zelens’kyj e partecipando a una conferenza con la Vice a giornata del 24 febbraio ad una conferenza con la vice primo ministro Iryna Vereshchuk. Una sovraesposizione che, chiaramente, porta in dote anche tanti haters, a cui però l’attore non ha mai dato particolarmente peso, lottando sempre per le sue idee, caratteristica condivisa con uno dei suoi grandi amori della vita, Madonna, una delle personalità più impattanti della cultura pop mondiale la cui musica e gli annessi look ha influenzato generazioni su generazioni.
Sean Penn: gli ultimi lavori
Tanti poi i film entrati nella memoria collettiva negli anni dieci del 2000, tra cui spicca “The must be the place” dell’italiano Paolo Sorrentino e il recentissimo “Licorice Pizza”, l’ultima produzione firmata dal visionario Paul Thomas Anderson uscita proprio quest’anno. A questi lavori si aggiungono ovviamente quelli girati da lui stesso in qualità di regista, come ad esempio “Flag day”, datato 2021. Proprio quest’ultima pellicola (in italiano intitolata “Una vita in fuga”) dopo un ottimo riscontro di pubblico nelle sale (aspetto da non sottovalutare nel 2022) arriverà nel nostro Paese in home video (DVD, Blue Ray) nelle prossime settimane. Nel film – per buona parte della critica considerato il lavoro migliore del Penn regista – il Divo lavora a stretto contatto con la figlia Dylan Penn al fine di narrare sullo schermo il rapporto tra padre e figlia prendendo spunto dal best seller di Jennifer Vogel “Flim-Flam Man: The True Story of My Father’s Counterfeit Life”, ultimo tassello di una carriera che non accenna in ascesa che non accenna ad arrestarsi. Ancora tanti auguri, Sean Penn.
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