Cantante, danzatrice, spia: ha incantato grandi intellettuali e ispirato stilisti importanti del suo tempo. Celebri i gonnellini di banane e i pesanti gioielli che le coprivano il seno nudo durante le esibizioni. Ai vestiti creati per la ballerina creola Josephine Baker è dedicata una mostra, allestita alla Salle Saint-Martin di Souillac di Parigi visitabile fino al 10 settembre.
Nata a St. Louis nel 1906, in Missouri, cresciuta in uno dei quartieri più poveri
aveva sperimentato la durezza della segregazione razziale ma aveva anche conosciuto la bellezza del blues. A 19 anni lascia la sua famiglia e il suo impiego da cameriera per trasferirsi a Parigi in cerca di fortuna tra i locali notturni. Ben presto al Théâtre des Champs-Élysées perfeziona il suo talento nel ballo: qui in breve tempo diventa la prima ballerina della “Revue nègre”. Grazie a lei il teatro registra costantemente il tutto esaurito. Nei suoi spettacoli e nelle sue canzoni fonde perfettamente la ricercatezza del varietà francese e il folklore della musica africana attirando il grande pubblico.
Nella capitale francese conosce i più grandi intellettuali dell’epoca:l’architetto Le Corbusier, che crea un balletto per lei, Luigi Pirandello, Ernest Hemingway, George Simenon, Pablo Picasso, Jean Cocteau. Il suo corpo statuario ispira molti stilisti che decidono di creare vestiti per lei: Pierre Balmain, Jean Patou, Jeanne Lanvin e Paul Poiret. Celeberrimo il gonnellino di sedici banane creato dal costumista austriaco Paul Seltenhammer utilizzato per il charleston, musica allora ancora sconosciuta in Europa. Le sue interpretazioni stimolarono l’interesse dei francesi per il jazz e le musiche nere.
Circa 1500 uomini chiesero la sua mano o si sfidarono in duello.
E’ stata la prima donna di colore a raggiungere un così grande successo a Parigi portando in scena le danze tribali e raccontando lo stereotipo colonialista della donna selvaggia e misteriosa. La Mostra dedicata a Josephine Baker a Parigi espone 200 pezzi tra abiti, fotografie e documenti che ripercorrono la storia della ballerina. “È una figura coraggiosa che parla alle persone di oggi – ha detto la curatrice della mostra Florence Müller.
Molti dei pezzi esposti provengono dalla collezione privata dei direttori artistici della mostra Nathalie Elmaleh e Laurent Teboul, una delle più grandi al mondo secondo Müller. La coppia ha prestato un abito da sera in velluto di seta di Jean Patou, il suo più antico abito esistente conosciuto”. Artista amata dal pubblico allo scoppio della Seconda guerra mondiale, Josephine diventa una spia e si arruola poi nei servizi segreti della Francia libera.
Partecipa a molte missioni pericolose e importanti durante le quali utilizza i suoi spartiti musicali per nascondere messaggi.
Alla Liberazione prosegue la sua attività a favore della Croce Rossa e canta per i soldati al fronte. Alla fine della guerra con il grado di capitano è decorata con la Legion d’onore da Charles De Gaulle. Nel 1947 sposa il direttore d’orchestra Jo Bouillon: la coppia acquista il castello di Milandes in Dordogna e adotta dodici bambini provenienti da diversi paesi del mondo.
La Mostra Josephine Baker
ricostruisce anche il periodo in cui la donna di spettacolo diventa imprenditrice. Nel secondo dopoguerra l’artista si dedica agli affari: inventa e vende creme per le gambe, una sorta di autoabbronzanti, inaugurando un nuovo canone estetico che esalta la pelle scura in contrasto con l’incarnato bianco fino ad allora considerato sinonimo di nobiltà ed eleganza. La Baker inaugura una vera e propria moda con i suoi “tirabaci” sulla fronte, il rossetto scuro, i gioielli e i cappelli di piume. Le sue spoglie sono state trasferite nel tempio laico delle glorie francesi, il Pantheon: è la prima donna di colore a ricevere questo onore. Nel 2025, inoltre, sarà inaugurato un museo dedicato alla donna che ha combattuto in prima linea per liberare la società dai pregiudizi dell’epoca.
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