Dal cinque novembre su Amazon prime video c’è “Vita di Carlo”, serie tv diretta e interpretata da Carlo Verdone sulla vita fittizia dell’attore romano. Fin da subito, si capisce che il contenuto può avere un potenziale: c’è Verdone con tutti i suoi bislacchi tratti caratteriali, Roma, i suoi amici del mondo dello spettacolo. E nei dieci episodi – circa 25 minuti ciascuno – lo spettatore di Verdone vede due strade. Anzi, due dilemmi. Quello politico, con l’attore casualmente candidato a sindaco, e quello cinematografico, con due strade opposte da percorrere.
La serie tv Amazon tratteggia un’ipotetica giornata della vita di Carlo Verdone in maniera fittizia,
dagli attori che interpretano la famiglia alla casa ai Parioli. Di vero, appunto, ci sono solo i tratti del vero Carlo Verdone che tutti conoscono nei suoi film. Dalle classiche battute del comico”sto sempre solo”, “non c’è mai pace in questa casa”, “non dormo più” al suo lato caratteriale gentile e altruista. Vita di Carlo dà un ritratto sui generis di quello che Verdone è realmente – altrimenti sarebbe un documentario, e la sua personalità si intreccia con la fabula di una fiction simpatica. Che però, onestamente, nulla aggiunge a ciò che già si sapeva dell’attore.
Verdone vive la classica Roma di stereotipi con spazzatura, buche e traffico, ma soprattutto, il rapporto con la gente.
Questo il leitmotiv che guida la narrazione del Verdone attore.
Da un lato il produttore Ovidio (il romanissimo Stefano Ambrogi) che gli ricorda la sua firma su un contratto con la casa di produzione che lo tartassa per rispolverare un film con i suoi personaggi (“Lo famo invecchiato”). Dall’altra, lo sceneggiatore Lucio (Pietro Ragusa, il giudice Gherardo Colombo in 1992), che asseconda Verdone nella sua velleità senile di diventare autore di un film drammatico che racconti, con profondità e poesia, una storia diversa dai soliti personaggi. Nella serie, questo conflitto accende in Verdone uno stato di agitazione, convinto che i personaggi – i vari Furio, Oscar, Mimmo – abbiano fatto il suo tempo e non siano più parte del suo cinema. Ma la gente, per strada, continua a chiedergli quello e di ricordare, magari prima di un selfie, le vecchie battute. E lui, mostrando proprio questo lato del suo carattere disponibile e gentile, si presta sempre.
Il vero topic della serie tv è il suo rapporto con Roma.
Verdone un giorno vede un ragazzo cadere con il motorino per colpa di una buca e lo soccorre, inizia un panegirico in difesa della bellezza di Roma condita con un’accusa verso le attuali istituzioni, che non riescono a rispettare la sacralità degli ambienti romani “cantati da Ennio e Seneca”, come dice lui stesso. Il suo discorso davanti a decine di persone finisce sui social e con un po’ di tam tam arriva fino al presidente della Regione Lazio Signoretti (leggi: Zingaretti) che lo vuole candidare a Sindaco di Roma. Cosa peraltro successa veramente, come ha raccontato lo stesso regista.
“Quella proposta è vera, me lo proposero persone serie, un po’ di anni fa. Sono venuti con dei sondaggi che mi davano vincente al primo turno con il 70%. Ma non ci ho pensato un attimo, ci ho messo 30 minuti per dire no”. Un episodio, quello del sindaco, che, oltre che a essere la colonna portante nello svolgimento della serie, rivela come in “Vita di Carlo” ci sia molto di vero.
Come realistici sono il rapporto con il grande amico (e attore) Max Tortora,
o le frequentazioni con personaggi romani come Antonello Venditti e Massimo Ferrero. Nella serie compaiono anche alcune comparsate d’autore come Rocco Papaleo (uno spacciatore all’Eur) e Alessandro Haber (che recita nei panni di se stesso). C’è il tentativo di una relazione con una donna, una farmacista sposata che lo asseconda nei suoi controlli di routine (chi non sa che Verdone è praticamente l’ipocondria fatta persona?). Ci sono i rapporti con la famiglia, i figli, l’ex moglie (tutti attori, nessuno è l’originale).
Tutto questo visto con il filtro verdoniano alla ricerca della quiete – “non c’è mai pace in questa casa”, altra caratteristica che veniva fuori nei suoi ultimi film -, il continuo riferimento alla salute – altra verità biografica -, il duplice dissidio interiore. Uno politico (se candidarsi o no) e un altro cinematografico (se impuntarsi e fare il suo film o rispettare il contratto con Ovidio). Nel mezzo, ovviamente, battute, gaffe, provocazioni e quell’inevitabile romanità borghesotta di Verdone che come faceva ridere in film come “Il mio miglior nemico” o “Borotalco” fa ridere anche sul piccolo schermo.
Ma cosa non funziona della serie tv di Amazon? Perché, una volta finita, rimane un po’ di amaro in bocca?
Vita di Carlo è un buon contenuto filmico. Gli episodi hanno la giusta lunghezza, non sono tanti, la trama non è pesante e si aggiorna con un ritmo piacevole. Insomma, non è come le serie contemporanee che ammassa cliffangher uno dietro l’altro. Se si cerca qualcosa da guardare il martedì sera dopo una giornata pesante di lavoro “Vita da Carlo” dà soddisfazioni: è rilassante.
Quello che stona, però, sono alcuni problemi di sceneggiatura.
Alla fine, si vedono sempre le stesse cose e, sembra, se non per il fatto che reciti lui stesso la sua vita, che la serie sia una continuazione degli ultimi film dell’attore romano. “Sotto una buona stella”, “L’abbiamo fatta grossa”, “Benedetta follia”, titoli recenti che, come Vita di Carlo, non possono non essere divertenti o quanto meno piacevoli. Ma propongono sempre lo stesso Verdone con tutti i suoi cliché. In pratica, di Verdone e della sua vita e personalità si sa già tutto… Anche la sua candidatura a sindaco.
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