L’anima dei dischi ha il suo volto nelle cover, vere e proprie opere d’arte. Nonostante la prevalenza dei download digitali nell’industria musicale di oggi, le copertine degli album hanno creato una cultura che rifiuta di essere messa da parte. Grazie al significato assegnato all’album fisico e alla cover come opera d’arte, i dischi rimangono oggi un importante oggetto di culto tra gli appassionati.

arte cover dei dischi Life&People Magazine LifeandPeople.it

Come tutti i design significativi, le copertine degli album sono sempre state molto più di una semplice confezione. Sono un importante fattore che appartiene alla cultura della musica nel suo insieme. Dietro alcune delle copertine più famose di LP indimenticabili c’è il contributo di un grande artista; casi in cui le super star dell’arte contemporanea hanno prestato il loro genio per le cover dei dischi. Ideate per essere vere e proprie opere d’arte, oggetto artistico a 360 gradi, rappresentano visivamente l’idea musicale del disco stesso e hanno un ricco mercato di appassionati.

Un po’ di storia

Il primo lavoro di album art è nato nel 1938, quando la Columbia Records ha assunto il suo primo direttore artistico, Alex Steinweiss. Le copertine illustrate di Steinweiss per musicisti come Beethoven hanno portato ad un enorme aumento delle vendite e hanno dato inizio alla tradizione delle copertine degli album illustrate che conosciamo oggi. Il packaging è diventato il carattere distintivo di un album, un modo di riconoscerlo al di fuori del contenuto. La prima arte discografica di grande influenza è nata con l’album “The King Cole Trio” di Nat King Cole, che conteneva immagini di un contrabbasso, una chitarra e una tastiera sotto una corona d’oro, su uno sfondo rosso audace. I dischi ospitati all’interno per la maggior parte del 1945 rimasero in cima alla classifica degli album più venduti, dimostrando la portata e l’influenza su larga scala delle copertine creative.

La vera svolta nell’arte delle cover di dischi, come per molti altri settori è avvenuta negli anni ’60.

Le case discografiche hanno iniziato ad utilizzare artisti di talento per i design delle copertine, lanciando anche la carriera di molti di loro, tra cui Andy Warhol, Roger Dean e Burt Goldblatt. Molti di questi artisti hanno continuato poi a sviluppare l’immaginario associato al rock and roll, consolidando con i loro progetti le intersezioni tra arte, musica e moda che, a loro volta, hanno stimolato le sottoculture in tutto il mondo.

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E’ stata così inaugurata una nuova era: quella delle cover artistiche.

Uno degli album esemplari degli anni ’60, “Bob Dylan’s Greatest Hits” ha utilizzato il designer Milton Glaser per creare un design psichedelico che avrebbe continuato a definire il decennio. La copertina dell’album raffigurava una fotografia di Bob Dylan scattata da Rowland Scherman ad un concerto del 1965. L’album ha vinto un Grammy Award nel 1967 per la migliore copertina, entrando nella memoria collettiva della cultura rock and roll.

La famosissima copertina di “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club” dei Beatles è stata un esempio rivoluzionario.

Portatrice di due grandi novità: la prima copertina ad aprirsi a libro e la prima ad vere stampati i testi delle canzoni. Realizzata nel 1967 dagli artisti Jann Hawort e Peter Blake, su suggerimento di Mr. McCartney era formata da un collage assolutamente singolare e più volte imitato. La band è protagonista, circondata da personaggi noti con l’ipotetico pubblico davanti a cui avrebbe voluto esibirsi; composizioni floreali ed oggetti vari, di cui alcuni molto bizzarri. Nel 1968 ha vinto un Grammy per “miglior copertina per album”.

L’arte di Andy Warhol nelle cover dei dischi

L’album del 1967 “The Velvet Underground and Nico” rappresentava la stampa di una banana di Warhol che poteva essere staccata come un adesivo, rivelando l’immagine del frutto. La banana è diventata il simbolo internazionale dell’opera di Warhol; ampiamente riprodotta per il merchandising della pop art. Per i Rolling Stones Warhol ha fotografato il cavallo dei jeans di un ragazzo in primo piano, focalizzandosi sulla zip centrale, una vera zip, apribile. All’epoca è stato un vero scandalo; la copertina è stata censurata e sostituita, come anche alcuni brani dell’album. Tutta la provocazione e la sfrontatezza della cover non ha fatto altro che renderla una delle più iconiche della storia della musica.

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Anche la fotografia è stata un’arte ampiamente influente nel mondo delle cover dei dischi

Moltissime delle fotografie ed artwork concepiti come cover sono diventate vere e proprie icone. La copertina dell’album del 1968 di Simon e Garfunkel “Bookends“, ad esempio, è stata scattata da Richard Avedon. Allo stesso modo, la foto dell’album di Bruce Springsteen del 1984 “Born in the USA” è stata opera della celebre fotografa Annie Leibovitz. Il cantante appare con una t-shirt bianca e jeans blu, sullo sfondo di una bandiera americana; il lavoro della Leibovitz ha catturato perfettamente lo stile di Springsteen e l’estetica americana.

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Gli anni ’80 hanno portato una nuova ondata di creatività all’arte delle cover

Una delle band sperimentali più celebri del decennio, i Talking Heads hanno richiesto un nuovo approccio al design per il loro quinto album “Speaking in Tongues“. L’artista Robert Raushenberg ha basato la copertina dell’album sulla sua opera scultorea del 1967, intitolata Revolver. L’album risulta composto da tre vinili trasparenti con confezione sigillata sottovuoto. Ogni vinile riporta immagini colorate sovrapposte l’una all’altra, in modo che, una volta imballate insieme, le immagini si oscurino a vicenda. Nel 1981, la band punk The Offs ha incaricato l’allora sconosciuto artista e amico Jean-Michel Basquiat per l’album First Record. Il design di Basquiat è diventato un elemento cruciale nel marketing dell’album così come nel consolidamento del genere punk.

Sono moltissimi gli artisti che hanno disegnato cover di grandi album: da Keith Haring per “Let’s Dance” di Bowie a Banksy per “Think Tank” dei Blur

Andrea Pazienza aveva solo 23 anni quando Roberto Vecchioni gli ha chiesto di interpretare la copertina di un suo album, “Robinson” del 1979. E’ stata solo la prima tappa di una bellissima collaborazione tra i due, durata fino alla morte per overdose di Pazienza, avvenuta il 16 giugno 1988.

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La copertina dell’album “Dangerous” di Michael Jackson del 1991 di Mark Ryden, esponente del surrealismo pop, ha evidenziato come l’unione di culture artistiche può creare successi clamorosi. La rock band contemporanea dei Red Hot Chili Peppers si è affidata a molti artisti per le sue copertine. Da Damien Hirst per la loro cover “I’m With You” del 2011, un’immagine di una pillola con una mosca appollaiata in cima e per l’album “We Love You…So Love Us” ha utilizzato il simbolo iconico di Banksy “Love is in the Air”.

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Il genere Hip-Hop è stato particolarmente importante nel sostenere la connessione tra le arti

L’album “Graduation” di Kanye West del 2007 ha presentato il design psichedelico e ispirato ai cartoni animati di Murakami sulla copertina. L’archetipo dell’arte di Keith Haring invece è stato immortalato nella cover dell’album di Emanon del 1986 “The Baby Beat Box”. Artisti come Takashi Murakami e Haring sono noti per aver intersecato la loro arte con il mondo della moda e in particolare con lo streetwear. Hanno dato vita ad una sottocultura basata sulla musica, sull’abbigliamento, sullo stile dei suoi artisti e fan e sul design delle copertine degli album. Elementi di audacia, illustrazione e colore hanno lavorato insieme per creare una visione distinta e moderna dell’arte. Collaborazioni come quella di Lady Gaga e Jeff Koons per l’album “Artpop” del 2013 o quella tra Rihanna e l’artista israeliano Roy Nachum, hanno consolidato l’importanza della musica pop sia per l’arte che per la cultura.

Ciò che ne traspare è un concetto di cover di dischi vista come concreta opera d’arte; un modo per completare l’essenza dell’album, per fissare meglio il messaggio musicale. Un piccolo pezzo di storia che ha reso i fan più vicini ai propri artisti.

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