Sulla scia delle emozioni che ci ha fatto vivere a Tokyo e dopo il successo della recente visita a Strasburgo, la campionessa Bebe Vio, insieme all’Associazione fondata dai genitori art4sport, lancia WEmbrace Sport: un grande evento sportivo benefico che si svolgerà lunedì 25 ottobre a partire dalle ore 19.00 presso l’Allianz Cloud di Milano. Una serata di grande sport in cui campioni delle Nazionali Olimpiche e Paralimpiche saranno impegnati insieme, in una sfida sportiva inedita. Subito dopo, il 26 ottobre verrà inaugurata la Bebe Vio Academy con la prima Game Time session: il primo importante momento esperienziale in cui i ragazzi si sperimenteranno, divertendosi, nei vari sport; partecipando anche a workshop dedicati e incontri con grandi campioni olimpici e paralimpici di ritorno da Tokyo 2020.
Bebe Vio: la campionessa dalla inesauribile energia ed entusiasmo sembra voler fare a pezzi i luoghi comuni.
Radiosa e carica di adrenalina presenta il primo step della realizzazione del suo sogno: un mondo totalmente inclusivo. “La sua storia è l’emblema di una rinascita contro ogni aspettativa. È l’immagine della sua generazione”, così l’ha presentata al Parlamento Europeo Ursula Von der Leyen. Malgrado tutte le prove che la vita le ha messo innanzi, non è solo un punto di riferimento per le persone disabili ma anche per chi disabile non è, ma ha bisogno di esempio per spronarsi.
Ma andiamo a conoscere meglio Bebe Vio splendida forza della natura che ha conquistato il podio più importante del mondo e il cuore di tutti gli italiani.
Beatrice Maria Adelaide Marzia Vio, detta Bebe, è nata a Venezia sotto il segno dei pesci; fin da piccola si appassiona allo sport della scherma che comincia a praticare già a 5 anni. All’età di 11, a seguito di una meningite fulminante che le causa una seria infezione, seguita da necrosi, le vengono amputate le gambe e gli avambracci; soltanto così i medici riescono a tenerla in vita. Combatte per mesi: tra terapie intensive e chirurgie plastiche ma Bebe è una che non si arrende. A 12 anni, dopo la malattia e le amputazioni, impara nuovamente a camminare e vuol tornare anche a fare sport, il suo sport. Scherma senza braccia? E’ una domanda che non si pone.
Rinasce come una splendida fenice, Bebe fa sempre quello che decide di fare.
Grazie a una particolare protesi può sostenere il fioretto e riprendere l’attività agonistica. Da allora conquista innumerevoli vittorie, culminate con l’oro olimpico a Rio e Tokyo 2020. Quando si vincono guerre come quelle che ha vinto lei, resta un’adrenalina che non si spegne più.
Bebe è rinata, si è ripresa tutto e ha puntato a molto di più.
Negli anni, grazie alla sua immagine positiva volta a trasmettere il messaggio di inclusività e determinazione, conquista la copertina di Sportweek, quella di Vanity Fair, la Polizia e la Nike. Nel 2016 è ospite di Barack Obama alla Casa Bianca. Nel 2017 conduce il programma tv su Sky che prende spunto da un suo tipico motto “La vita è una figata”. Presta la voce per il personaggio del film Disney Pixar “Gli incredibili 2” e il suo volto a favore della campagna vaccinale contro la meningite. A seguito di ciò, nel 2017, sporge denuncia contro gli autori di una pagina Facebook che inneggia alla violenza nei suoi confronti. Risponde con un umorismo spiazzante e a colpi di presa in giro, rivelando ancora una forza d’animo contagiosa. Lancia insieme a Cattelan, in televisione, una campagna di pseudo-beneficenza per aiutare gli asociali con una raccolta di neuroni:
“Raccogliete neuroni per i disagiati che passano le giornate a insultare gli estranei, se donate un neurone raddoppiate i loro”
Nel 2019 la Mattel le dedica un modello di Barbie con le sue sembianze, per ispirare le piccole donne a diventare quello che vogliono e a credere nelle loro potenzialità. Viene scelta come portabandiera della delegazione italiana alle Paralimpiadi di Tokyo 2020.
Oltre la scherma le cause che le stanno a cuore.
Fonda con i suoi genitori art4sport, un’ associazione nata sia per promuovere le attività paralimpiche in Italia che per migliorare la qualità della vita di bambini e ragazzi portatori di protesi, aiutandoli ad integrarsi nella società attraverso lo sport. Bebe Vio sfrutta la sua immagine positiva di campionessa per dare visibilità e sostenere le cause che le stanno a cuore e diventa ispirazione per il film “Rising Phoenix” che racconta l’incredibile storia delle Paralimpiadi e di alcuni dei suoi protagonisti più giovani, provenienti da tutto il mondo. “Rising Phoenix” è infatti la versione inglese del soprannome con cui l’avevano ribattezzata da ragazzina i compagni del suo gruppo scout: “fenice”.
Life&People incontra Bebe Vio alla conferenza stampa del progetto WEmbrace Sport a Milano
Sei legatissima alla tua famiglia. Quanto ti senti ancora figlia?
Tantissimo, loro sono i miei supereroi, sono una forza della natura. Mi sento molto fortunata, la mia famiglia mi supporta e mi segue in tutto e per tutto. Mio padre ha un’azienda ma mi fa da manager, perché io non voglio un’agenzia, voglio solo mamma e papà. Ognuno si occupa di una cosa diversa ma con loro lavoro all’unisono, per trasformare l’impossibile in realtà, voglio solo fare cose che hanno un senso.
Hai paure?
Io non ho mai vera paura, perché trasformo le paure, le rendo utili ai miei scopi.
Dove trovi la forza per inseguire l’impossibile, l’entusiasmo e il tempo per seguire tutti i tuoi progetti?
Sono costantemente bombardata da tutte le cose che mi succedono intorno, come i ragazzi dell’associazione art4sport che mi danno un sacco di idee; mi stimolano a fare sempre qualcosa di più e questi stimoli li trasformo in progetti per fare dell’inclusione totale la normalità. Portando avanti la cultura della disabilità, il mio sogno, entro 5 anni, è vedere atleti disabili e abili allenarsi insieme, gli uni accanto agli altri. Io ho avuto un sacco di persone che mi hanno aiutato a ripartire, quindi mi sento moralmente obbligata a dare la possibilità a tutti i ragazzini di fare sport sia che siano disabili che non. Questa è la mia fonte di energia.
Cosa direbbe la Bebe di oggi alla Bebe di ieri?
Ho avuto l’opportunità di provare i vari sport prima di scegliere, ed ero ancora tutta intera ma dopo la malattia non è stato per nulla facile riprendere a fare scherma. La cosa che avrei desiderato, pensando comunque che volevo a tutti costi fare sport, era di provare altre specialità. Poi fortunatamente ho risolto con le protesi e ho ripreso scherma. Quindi alla Bebe di ieri direi: vieni all’evento WEmbrace Sport, vieni alla Bebe Vio Academy, perché potrai provare tutti i tipi di sport con tutte le dotazioni disponibili e verrai indirizzata verso una società che sarà attrezzata.
Con tutti i problemi di salute che hai avuto prima delle olimpiadi Tokyo 2020, hai mai pensato che non ce l’avresti fatta?
E’ stata tosta, non ho assolutamente pensato di farcela, anzi ho vissuto momenti veramente difficili nei quali ho pianto veramente tanto. Ho trovato la forza per i miei compagni di squadra, ho voluto farcela principalmente per loro e per loro ho trovato la forza, anche fisica. Anche in questo caso sono stata fortunata perché tante persone mi hanno dato una mano. L’ortopedico ha fatto un miracolo, è stato bravissimo, tutto lo staff lo è stato. Questa medaglia assolutamente non è mia, è tutta loro. Nessun atleta può ottenere risultati se non ha una famiglia e una squadra dietro.
Che cosa ti ha insegnato Tokyo rispetto a Rio?
A sopravvivere, ho imparato che anche in condizioni fisiche drammatiche, se hai la motivazione per la squadra puoi veramente arrivare a superare qualsiasi cosa. L’adrenalina e l’amore per la squadra ti aiutano tanto, anche se fisicamente cadi a pezzi.
Cosa diresti ad un ragazzo disabile che si lascia andare e non reagisce?
In realtà non sono tanto i ragazzi disabili che hanno problemi a ripartire ma piuttosto quelli che hanno tutto e quindi non trovano stimoli. La disabilità non è il vero problema, ma la capacità di credere di avere dei sogni. Le statistiche portate avanti dalla Mattel, dicono che le bambine all’età di 5 anni smettono di sognare e questo è un dato drammatico. Il mio scopo attraverso i miei progetti è proprio di dire: comincia a sognare, fai sport esci da casa, diamoci da fare e facciamolo insieme. Lo sport è la chiave di rinascita di nuovi obiettivi per chiunque, disabili e non.
Qual è il traguardo che vuoi ancora raggiungere?
Quello che desidero è che vengano aiutati in primis i ragazzi, proprio per la mia esperienza vissuta. Voglio che qualsiasi ragazzino/a, sia normodotato che disabile, non si debba chiedere se può o non può fare sport ma che abbia sempre la possibilità di farlo. Punto sui giovani.
Ursula Von der Leyen ha detto che sei un esempio per tutti, senti questo come una responsabilità?
A Strasburgo mi hanno etichettato come rappresentante dello sport, dei giovani, della disabilità e dell’inclusione e questo mi è piaciuto molto; è proprio così che amo essere vista. Sì, sento anche la responsabilità, da italiana, di portare la cultura dell’inclusività che ci contraddistingue anche fuori dai confini nazionali.
Lo sport può essere un file rouge che unisce i popoli?
Sì, lo sport muove le masse e unisce perché è una cosa che tutta la gente ama fare e seguire; è una cosa che emoziona tutti quanti. Essere uniti attraverso le emozioni dello sport, questo era il motto di Tokyo; é figo formare una squadra sostenendoci tutti insieme.
Perché il nome WEmbrace?
WEmbrace, nasce dall’unione delle parole inglesi We Embrace, che tradotte in italiano significano “Noi Abbracciamo”. Un’azione che può essere compiuta con entusiasmo insieme a un’altra persona ma che è anche da rivolgere a sé stessi per abbracciare i propri limiti. Quello che rappresenta esattamente WEmbrace è l’intreccio tra ragazzi abili e disabili, un intreccio fatto di passione, emozione di sport, di cultura; ciò che noi tutti vorremmo nella quotidianità della vita. Non un evento fine a se stesso ma la partenza di un “movimento” su cui costruire un futuro migliore, sia in Italia che all’estero ed è per questo che abbiamo scelto un nome internazionale.
Nella parola WEmbrace per Bebe Vio c’è quindi l’essenza di un movimento che guarda avanti con l’obiettivo di abbracciare la vita e i sogni di tanti ragazzi abili e disabili?
Siamo tutti disabili perché tutti abbiamo punti deboli ed è unendo tutte le diversità in un abbraccio che si trova la forza. Da soli non si arriva da nessuna parte, solo lavorando insieme, solo se ognuno mette la sua parte, al massimo delle potenzialità che ognuno ha, alla fine la vittoria è matematica. E così se WEmbrace Sport e Bebe Vio Academy fanno il lavoro giusto, alla fine, il raggiungimento dell’obiettivo, nei tempi giusti, sarà matematico.
Invito tutti a partecipare numerosi, entusiasti e uniti all’evento, i biglietti sono disponibili su Ticketmaster e i fondi raccolti andranno a sostegno della mission di art4sport.
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