Marco Lodola, artista a tutto tondo, fra i più innovativi e apprezzati a livello nazionale e internazionale che “illumina” le vetrine di Dior in tutto il mondo, si racconta in una intervista esclusiva a Life&People. Artista del colore e della luce, attraverso il cromatismo esprime la gioia di vivere. Il mondo di Lodola è un universo immateriale che ha colpito l’immaginario creativo di Maria Grazia Chiuri, sempre attenta alle forme d’arte, con contorni e luci, cavi e materie plastiche, neon, plexiglass, figure senza volto, ballerine e musicisti. Fondatore del Neo Futurismo degli anni Ottanta si rifà alla pop art con una personalissima idea dell’arte come parte integrante della vita.

Marco Lodola Life&People Magazine

Il tuo percorso artistico è partito dalle tele ed è approdato alla plastica, ci puoi raccontare la tua evoluzione?

Parto da una struttura classica, con il liceo artistico e l’accademia delle belle arti prima a Firenze poi a Milano, dove mi sono laureato. Per passione dipingevo sulla tela con acrilici o olio, dopodiché, verso gli anni ’80, ho trovato nella plastica trasparente un mezzo con cui potermi esprimere; usavo la plastica al posto della tela, sagomandola e pitturandola. Nell’andare a comprare la plastica in un negozio di insegne pubblicitarie mi sono imbattuto in uno di questi cassonetti di insegne di Hotel, quelli che Marinetti chiamava “avvisi luminosi” e sono rimasto folgorato, anzi “illuminato” in tutti i sensi perché ci ho visto una scultura. Da lì è cominciata l’avventura di dipingere e lavorare con la luce, ho sentito di aver trovato la mia strada artistica.

Si dice di alcuni artisti che abbiano la capacità di catturare la luce, si può dire invece che tu usi la luce per catturare?

Si, il gioco è quello, la luce l’ho inserita nella scultura stessa che quindi vive di luce e con la luce cattura l’osservatore. Prevalentemente le mie sono opere notturne, illuminano la notte; il buio non lo amo, dormo anche con tutte le luci accese, forse anche per questo ho trovato nella luce la mia via.Marco Lodola Life&People Magazine

Musica, spettacolo e società sono lo specchio della tua arte, che cosa li unisce?

Il trait d’union di questi aspetti è semplicemente la vita, la mia vita da spettatore. Il gioco dell’arte è parallelo a quello della vita, ho sempre realizzato le cose che ho visto, che ho vissuto e che soprattutto mi piacciono. I soggetti e oggetti che parlano di musica, spettacolo, cultura, cinema e fumetti rappresentano anche le mie passioni. Rappresento ciò che mi piace e che quindi fa parte della mia vita, sono autobiografico nella mia espressione artistica.

Le tue sono emanazioni di luce e colore, come se tra luce e colore ci fosse una relazione nella quale si alimentano e si intrecciano. Tra l’opera e chi la osserva c’è la stessa relazione?

Il mio obiettivo in primis è creare qualcosa che mi soddisfi; uso la luce che mi piace e senza la luce non vedrei i colori. Poi il meccanismo per chi si approccia ai miei lavori é sinestesico, coinvolge cioè sensi e percezione e quindi diventa totalmente personale e soggettivo. Io cerco di fare scattare un qualcosa ma la lettura dipende dalla banca dati di ognuno. Se qualcuno nel mio lavoro ci vede solo una ragazza che balla, per me va benissimo; se invece qualcuno va più nel profondo questo dipende solo da lui. Ci sono delle stratificazioni che dipendono esclusivamente dalla conoscenza e da chi si pone davanti all’opera. Per me l’approccio principale è quello più semplice, non ho dei messaggi oscuri che si celano, mi piace la gioia del colore che si accende, una sorta di cromoterapia. Le mie forme sono volutamente stilizzate, i miei volti volutamente anonimi in modo che chiunque ci si possa rispecchiare, in un gioco di rimandi di personalità. Dietro alle cose complesse la spiegazione diventa banale, dietro una cosa che sembra banale puoi trovarci invece delle cose più profonde ma dipende esclusivamente da te.

Le tue opere sono come citazioni di miti di un passato massmediatico e storico-artistico, mi riferisco sia alla pop art che al futurismo, ma attraverso una lente personalissima, quasi divertita, ironica, senza idealizzazione.

Ti riconosci in questa descrizione?

Non avendo messaggi particolari da dare, vivo la gioia di vivere e dipingere, creare come faceva Matisse con la gioia del colore, l’essenzialità, la sintesi e la piacevolezza. Non è una parolaccia definirsi decorativi, io cerco di esorcizzare tutti quei sentimenti un po’ pesanti che a volte si affiancano alle opere, realizzando qualcosa di più leggero. E’ un modo di porsi popolare, divertito, di facile lettura, che non significa superficiale: “l’ironia salverà il mondo”.Marco Lodola Life&People Magazine

Oltre ad essere un artista apprezzatissimo nel mondo dell’arte, collabori anche con rinomate e importanti aziende: Swatch, Coca Cola, Vini Ferrari, Harley Davidson, Ducati, Illy, Valentino, Vivienne Westwood, Coveri, Fabbri, Air One, Fiat, Juventus; con musicisti e scrittori riconosciuti e come scenografo di diverse produzioni televisive, Festival di Sanremo, X Factor, Roxy Bar.

Ti piacciono le contaminazioni?

Una volta promotrice degli artisti era la chiesa, ora è stata sostituita dall’industria che utilizza il messaggio artistico o l’artista stesso, per rappresentare il proprio prodotto. Ben vengano, perché rappresentano l’opportunità di essere supportato e continuare a fare l’artista. Per esempio realizzando le tazzine della Illy sono entrato nelle case e mi sono fatto conoscere , diventando come si dice “popolare” cioè conosciuto. Ho scelto anche di comunicare attraverso le copertine dei dischi, scenografie di programmi televisivi, concerti, film. Tutto è nato dal bisogno che sento di comunicare e di contaminare il mio linguaggio con altre discipline tra cui anche la moda. Sono figlio del futurismo italiano ma anche della pop art che comunica in questo modo.

Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa di Dior, ti ha chiamato per illuminare le vetrine delle 400 boutique della Maison in tutto il mondo, da New York a Milano. Ci puoi parlare di questa tua recente esperienza?

Questa collaborazione mi ha offerto la possibilità di esporre i miei lavori nei loro spazi in tutto il mondo. Maria Grazia Chiuri desiderava proprio dare un senso di rinascita, di gioia, di leggerezza prendendo spunto dalla pop art; un richiamo agli anni ’80, citando Fiorucci, Andy Wharol, Hamilton e poi, modestamente, ha scelto anche il mio lavoro. Per me è come essere andato in tournée come i Rolling Stones: ho fatto 400 date ed è stato un sogno, molto gratificante.

Un grande biglietto da visita per l’arte contemporanea italiana nel mondo dove però in ogni location si sono toccate le corde dell’immaginario collettivo del luogo.

Sì, sono stati bravi e in particolare il loro Creative Visual Director Luca Albero che decideva per esempio per Londra il taxi londinese, per Atene il tempio del Partenone; a seconda della location, della cultura del luogo, i miei lavori venivano rappresentati in quel contesto. L’immediatezza nasce proprio da questo rapporto profondo con la cultura e l’immaginario del luogo. Un’operazione gigantesca che ho vissuto anche io sia da artefice che da spettatore con meraviglia e stupore.Marco Lodola Life&People Magazine

Le tue opere sono veri e propri oggetti di comunicazione, design e arredamento, convivono con le città, le persone, le manifestazioni, è come se fossero immediatamente parte integrante della vita pulsante,

è questa la tua forza, il tuo messaggio?

Sì, se vogliamo dare un messaggio, anche se non ho questa pretesa, è proprio quello di creare delle opere che appartengano a tutti, alla vita, al quotidiano. Opere che vivono con le persone, al loro fianco, nel loro ambiente.

Che cosa ti piace di più del tuo lavora d’artista?

Mi piace la parte del disegno, del progetto. La parte più bella e stimolante è l’idea, quando sono lì da solo con i miei colori, la matita; quello è il momento magico. Questo lavoro mi ha permesso di restare un po’ bambino, addirittura uso gli stessi pennarelli e gli stessi album da disegno da sempre e anche il modo di rappresentare con i contorni si rifà alla mia infanzia. Il momento creativo è quello che mi dona più gioia. Dopo, la mia creazione è come un figlio che va per il mondo.Marco Lodola Life&People Magazine

Qual è il tuo rapporto con la musica?

Sicuramente una colonna sonora della mia vita. Avrei voluto essere un musicista ma la mia strada è andata altrove anche se ho la fortuna di continuare ad avere uno stretto rapporto con la musica attraverso i tanti artisti e amici con cui collaboro; mi nutro della loro energia.

Dopo questa intervista, dove vedremo Marco Lodola in futuro?

E’ appena uscita una campagna pubblicitaria con la De’Longhi, per la quale ho realizzato una scultura legata ad un loro prodotto e sta uscendo proprio in questi giorni la pubblicità.  Poi a settembre-ottobre a Firenze, agli Uffizi, ci sarà la presentazione del catalogo di una mostra che era stata rimandata causa covid. Ho in cantiere molti altri progetti, ma non ne parlo per scaramanzia.

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