Dai giochi olimpici di Monaco del 1972 alle Olimpiadi di Tokyo 2020: Giorgio Cagnotto, ex tuffatore olimpionico, allenatore e Ct della Nazionale si racconta a cuore aperto in questa intervista esclusiva a Life&People. Ora è coordinatore degli allenatori della Federazione; dopo oltre quarant’anni sulla scena olimpica, prima da atleta con la partecipazione a ben 5 olimpiadi, con un ricco medagliere d’argento e di bronzo; poi in veste di allenatore e Ct della Nazionale, dove ha guidato ad una serie di prestigiosissimi successi, ineguagliabili campioni: in primis sua figlia Tania.

Giorgio Cagnotto padre d’arte o Tania Cagnotto figlia d’arte?

Una cosa è certa, una dinastia vincente, fatta di impegno e dedizione ma anche di amore spassionato per uno sport che ci ha regalato tantissime soddisfazioni.

Le Olimpiadi Tokyo 2020, dopo una lunga serie di Olimpiadi sono le prime senza i Cagnotto. Coma la stai vivendo?

E’ un po’ strano per me vedere le Olimpiadi alla televisione e non a bordo vasca, ma tutto ha un inizio e tutto una fine e questo si sa. Considerando anche la mia età e il Covid, sinceramente non me la sarei sentita. C’è un unico rammarico: sia io che Klaus Dibiasi, in condizioni normali, saremmo sicuramente partiti, anche per chiudere un cerchio. Abbiamo infatti entrambi iniziato con la partecipazione alle Olimpiadi di Tokyo del 1964 e sarebbe stato bello chiudere sempre con le olimpiadi a Tokyo.

Mancherà la certezza di Tania Cagnotto a questa squadra olimpica, ma le nuove leve non mancano, che aspettative possiamo avere?

Mi facevano sempre questa domanda anche quando Tania andava in gara e io ho sempre detto che nei tuffi non c’è mai nulla di scontato: cerchiamo di strappare finali il più possibile. Alcuni atleti sono lì anche per confrontarsi con se stessi, perché per loro la medaglia sarebbe comunque troppo lontana. Il sincro maschile potrebbe darci delle belle soddisfazioni; sono due atleti bravi anche a livello individuale, portano un programma di alta difficoltà e sono competitivi. Ma si sa il nostro sport è uno dei più difficili, è molto tecnico; basta un niente: come arrivare in un angolino del trampolino con le spalle leggermente indietro che tutto è compromesso, basta un tuffo per danneggiare una gara. Certo non è solo una questione di tecnica e di potenza, c’è anche una sorta di attenzione al modo di esprimersi perché i tuffi sono comunque una disciplina fatta di eleganza.

Sei stato un grande campione, hai cresciuto e allenato una grande campionessa e tutta una squadra. Quali sono gli ingredienti principali e i valori di una mentalità vincente?

La mentalità vincente non è una caratteristica, ma un processo, cioè una serie di azioni che ti portano a fare le cose con passione, dedizione, entusiasmo. La devi costruire passo dopo passo e la vedi da piccole cose quotidiane, come il miglioramento progressivo che ti fa prendere sempre più fiducia in te stesso e nell’allenatore che ti guida. L’ingrediente principale è la fiducia reciproca, l’atleta si deve lasciar guidare e l’allenatore se la deve conquistare nel tempo, dimostrando competenza e trasmettendo passione; e la certezza di essere sempre al fianco dell’atleta, gioendo e soffrendo con lui. La mentalità vincente quindi è un percorso che si costruisce insieme.

Si dice che il 90% del risultato sia dell’atleta, dovuto alla sua maturità psico-fisica, ed il 10% dell’allenatore. Però questo 10% ha un peso impressionante. Qual è la tua esperienza?

Ho sempre pensato e vissuto sulla mia pelle che fosse così. Quando ero atleta il rapporto era esclusivo a due, ma ora le cose sono cambiate. Sono entrate in campo altre energie che lavorano in team. Psicologi, preparatori atletici e anche l’ambiente sportivo ha una sua rilevanza, deve sostenere e deve essere motivante e gioioso.

I tuffi sono uno sport molto tecnico che ha avuto un’evoluzione molto veloce e radicale, quindi passando da atleta ad allenatore e Ct, come hai vissuto questo processo?

Ho avuto il tempo di farmi l’esperienza, anche sbagliando. Ho iniziato allenando la giovanile per parecchio tempo e questa fase ha rappresentato un’opportunità di crescita. La differenza fondamentale nel cambiamento è data dalla preparazione atletica. E’ come se si fossero messi più cavalli nel corpo umano e si è arrivati ad avere macchine diverse rispetto a come eravamo noi atleti al tempo. I tuffi che si fanno ora quando ero atleta io non me li sarei nemmeno sognati. Ci sono state anche altre nazioni, -in particolare i russi-, che hanno fatto scuola e a bordo vasca qualche segreto lo abbiamo condiviso, comunque poi grossissimi segreti non ce ne sono, l’unica cosa che veramente conta è che le cose le devi saper insegnare.

L’allenatore finisce, il padre è per sempre. Come avete gestito i confini in famiglia? Tua moglie, Carmen Casteiner, anche lei campionessa italiana di tuffi, è stata una chiave importante in queste dinamiche?

Sì, mia moglie ha giocato un ruolo fondamentale, anche se è avvenuto tutto facilmente, senza sforzo. Nei primi 8 anni, mentre io allenavo la prima squadra, Tania è stata seguita da mia moglie Carmen, che è stata la prima grande tuffatrice italiana, anche lei olimpionica a Montreal nel 1976. Ad un certo punto si è deciso, anzi, Tania ha deciso di passare con me nella mia squadra, perché crescendo ha preferito avere Carmen solo nel ruolo di madre; tra piscina e casa il tutto si stava mescolando troppo e siamo stati tutti d’accordo.

Tania è entrata nel mio gruppetto e poi a casa, per i compiti e tutte le altre faccende da adolescente, se le sbrigava con Carmen. Tutto sommato è stato un percorso facile, anche perché Tania è stata sempre brava e dotata, sia nell’imparare velocemente che nel gestire la sua vita tra casa e piscina; l’ambiente poi ha giocato un ruolo fondamentale perché è sempre stato gioioso e Tania è sempre stata felice.

Ma a tavola di che cosa parlavate?

Abbiamo sempre fatto una vita normalissima di famiglia. Un po’ ce lo eravamo imposti perché non diventasse un’ossessione, ma in realtà è stato tutto molto naturale. Sono sempre stato dell’idea che lo sport bisogna praticarlo col sorriso sulle labbra, se ti diverti allora le cose vanno bene per tutti. A Tania ho sempre detto: – Guarda che se torni a casa dalla piscina con il il broncio perché non hai più voglia, allora metti la tua roba nella borsa e chiudi-. Ma questo non è mai successo, si è sempre divertita come è stato anche per me… sempre.

Le Olimpiadi Tokyo 2020 sono oggi in corso, ma le olimpiadi più importanti sono quelle della vita. Hai una perla di saggezza, da regalare ai nostri lettori sportivi e non?

Lo voglio dire con una canzone che ascolto ogni tanto: “Vivo per lei” di Giorgia e Bocelli. Ovviamente il brano è riferito alla musica, ma può essere traslato su tutti gli aspetti della vita; è valido per le passioni di ognuno. Ascoltando le parole del testo si può ricevere l’ispirazione giusta per riuscire nei propri obiettivi con il sorriso sulle labbra.

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