La comunicazione è liquida. Nel solco di Zygmunt Bauman che, all’inizio degli anni Duemila, era diventato una superstar del pensiero sulla postmodernità con la sua definizione di «società liquida».

Oggi anche il sistema della comunicazione è diventato frammentato e velocissimo.

Come il filosofo polacco ci ha aiutati a interpretare il caos che ci circonda e il disorientamento che viviamo nella società del «villaggio globale», così la comunicazione deve essere liquida perché deve prendere forma in funzione delle richieste del cliente e deve avere la capacità di leggere una realtà caratterizzata da elementi diversi e contraddittori: la crisi dello Stato di fronte alle spinte della globalizzazione, quella conseguente delle ideologie e dei partiti, la distanza del singolo dalla comunità e, adesso, la pandemia che ha resettato molti dei valori della nostra società sta modificando le scelte di consumo che stanno cambiando indirizzandosi verso target che fino a poco tempo fa non erano nemmeno presi in considerazione. Ciò significa che azioni di comunicazione che un anno fa potevano essere vincenti, oggi non funzionano più.

Fluidità: è quello che è richiesto oggi alla comunicazione di essere.

Deve essere fluida nel rispondere all’incertezza e all’imprevedibilità della situazione a livello glocal, nel catturare le inversioni dei propri stakeholder, nel riadattare le proprie metodologie di lavoro, nel cancellare tutti gli algoritmi di previsione del mercato, ripartendo basandosi solo sul real time. Il punto di debolezza o di forza di queste nuove forme di comunicazione è la loro dinamicità.

Oggi come non mai è importante usare le parole nel modo giusto, entrando nella psicologia dei possibili interlocutori e considerando ogni minima reazione.

«I progetti di comunicazione e marketing in questa epoca sono sempre più multisciplinari e devono necessariamente coinvolgere competenze che spesso non risiedono in un unico soggetto o tantomeno in un’unica organizzazione». Come sta evolvendo la comunicazione lo spiega bene Elena Lucicesare, esperta di marketing e social media marketing, che insieme ad altre due professioniste, Valentina Maran e Vanessa Vidale, ha messo insieme un network di professionisti con task diverse e complementari, distribuiti su tutto il territorio nazionale.

Velocità e innovazione: i valori aggiunti della comunicazione

Da dove nasce l’esigenza di questo approccio «fluido» alla comunicazione?

“Dall’osservazione della realtà. Ci sono due aspetti della società di oggi che impongono a chi si occupa di comunicazione di restare costantemente aggiornato, disegnando un proprio percorso di formazione e crescita: la velocità con cui mutano le soluzioni tecnologiche digitali e l’innovazione in ambito digitale. Questa costante ricerca e continuo protrarsi verso il nuovo deve essere la caratteristica dei professionisti della comunicazione e del marketing che scelgono di attivarsi costantemente nell’ampliare le proprie conoscenze e creare la propria rete”.

spiega Elena Lucicesare.

“È un atteggiamento che difficilmente trovavamo in chi lavorava nel settore della comunicazione fino a pochi anni fa. Quali sono i punti di forza di una gestione di questo tipo sia del team che del cliente? Per il team – interviene Valentina Maran, copywriter, blogger e autrice – sicuramente l’interconnessione tra tutti e l’elevato livello di coinvolgimento alle attività. Per il cliente, invece, le soluzioni innovative che guardano alla reale richiesta: mai una proposta uguale all’altra, risposta costruttiva e rapide modifiche alle differenti esigenze». Il valore aggiunto della nuova comunicazione «liquida» è la trasversalità delle competenze.

comunicazione liquida Life&People Magazine LifeandPeople.it

La strada per creare legami emozionali

“La leva più forte per la crescita delle marche rimane il processo creativo, un percorso istintivo in grado di creare legami emozionali. La creatività è il modo di riuscire a far percepire informazioni e messaggi in modo originale e inaspettato”,

racconta Valentina Maran, nota per la sua attività di sensibilizzazione in merito a temi del mondo delle donne e per la sua attività di sexblogger.

“È il valore aggiunto di qualsiasi attività di comunicazione, è al servizio del cliente e del prodotto e l’importante è che non fagociti mai il “ciò che si deve dire”. Una buona creatività è un valore aggiunto per il prodotto e il messaggio facendo ricordare entrambi. Si basa su “ciò che è memorabile”. E sulla capacità di legare il ricordo alle emozioni forti che ognuno di noi prova».

La creatività, però, negli ultimi anni si è modificata.

«Rispetto a qualche anno fa – spiega Vanessa Vidale, art director, brand & graphic designer – non è cambiata la qualità della creatività, ma è cambiato il fine. Prima la sensazione era che la creatività fosse finalizzata solo a mettersi qualcosa di buono in portfolio piuttosto che pensare al cliente, che passava in secondo piano. Non a caso, spesso, la richiesta era: mettere il prodotto e il logo più evidenti. Oggi il fine personale è scomparso o quasi per lasciare spazio alla vera necessità del cliente e al modo migliore per comunicare il suo prodotto o il suo servizio. Nessuno chiede il logo più grande. Credo che sia indicativo del grande cambiamento che c’è stato».

Ma il più grande cambiamento è quello indotto dall’utilizzo sempre crescente dei dati. Dalla profilazione dell’audience alla misurazione, l’utilizzo dei dati sta condizionando il processo creativo. E alcune grandi aziende hanno iniziato a lavorare per unire due realtà che, finora, sono state ben separate. Brand come Coca-Cola, Adidas e Sky stanno utilizzando il machine learning per costruire piani sui social media, utilizzando trend, eventi, news e anche le previsioni del tempo per scoprire cosa i consumatori desiderano o di cosa hanno bisogno. Netflix è stata in grado, grazie all’utilizzo degli algoritmi, di prevedere che la serie House of Cards avrebbe avuto un enorme successo e sulla base di questa previsione sono stati investiti milioni di dollari. La verità è che la creatività non fondata sui dati perde di efficacia e i dati senza la creatività sono irrilevanti.

Prendere posizione

Prendere posizione e scegliere cosa dire. Questo è il compito dalla comunicazione che è sempre un supporto strategico per qualsiasi impresa o organizzazione: serve per definire un posizionamento, racconta l’evoluzione di un’azienda, fornisce gli strumenti concreti nella promozione dei prodotti e del business. Nella comunicazione «liquida», però, non saranno gli strumenti a fare la differenza, ma la qualità dei contenuti e l’esperienza. Social, video, podcast continuano ad avere successo, ma servono solo se si ha chiaro cosa raccontare e se si ha il coraggio di prendere una posizione. La pandemia ci ha mostrato quanto sia importante un dialogo trasparente e costruttivo tra imprese e istituzioni, soprattutto a livello territoriale. Allora dobbiamo saper spiegare meglio al territorio i nostri progetti. Perché, come diceva Zygmunt Bauman,

«il fallimento di una relazione è quasi sempre un fallimento di comunicazione».

Anche di una relazione tre le organizzazioni e i loro stakeholders.

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