L’Italia messa a ferro e fuoco dall’epidemia resta con le ossa rotte e poche, pochissime speranze di un nuovo risorgimento economico. Come in un quadro del Pellizza gli italiani tentano di ricostruire le genesi dei rapporti, dei lavori, delle finanze e si preparano al futuro, alla ghigliottina dei nuovi lavori precari.

Giuseppe Pellizza, il Quarto Stato della nuova Italia

Probabilmente ci sarà un florilegio di professioni derivate dai progressi scientifici e tecnologici.

Ma secondo una stima del Forum economico mondiale, quasi due terzi dei giovani finiranno per avere occupazioni che attualmente non esistono.

Raccoglitori di energia: ingegneri capaci di trasformare l’energia cinetica in elettricità; Plant Engineer: ingegneri di impianti, in grado di coordinare il lavoro dei reparti; Wiki writers: scrittori di contenuti per Wikipedia; Market Analyst: specialisti in grado di posizionare correttamente un oggetto sul mercato di riferimento.

Lo stesso mutamento, in campo lavorativo, è avvenuto agli inizi del ’900, nel periodo in cui Pellizza da Volpedo realizza tre diversi quadri sul soggetto di una manifestazione contadina.

Nel 1891 comincia proprio gli Ambasciatori della fame, dove ancora non sono espresse intenzioni politiche ben precise.

Non c’è un artista che ha saputo rappresentare meglio il movimento operaio, il riscatto della figura del lavoratore dalla sua condizione di alienazione, come direbbe Marx.

Riscatto lontano per l’Italia di oggi, senza vitalità, resa «una natura morta e non più una massa vivente».

Farà parte assieme alla Fiumana di un trittico che confluirà ne il Quarto Stato, allegoria delle battaglie politico-sociali dei lavoratori.

L’opera rappresenta l’ascesa del proletariato: una folla di uomini e donne che, insieme, marciano per i propri diritti.

È lo stesso autore a descrivere l’opera: «E’ un quadro sociale – afferma – rappresentante il fatto più saliente dell’epoca nostra, l’avanzarsi fatale dei lavoratori».

Nell’indeterminata, intermittente, situazione economica italiana non ci sono rivolte salienti,

c’è un silenzio capitanato dal governo. Un silenzio che spinge alla rassegnazione, alle casse integrazioni, ai ristori promessi e mai arrivati.

Chiudono negozi, bar, ristoranti; restano le grandi multinazionali.

Molte delle occupazioni attuali continueranno a far parte del futuro, ma subiranno cambiamenti radicali. Il lavoro in Italia si trasformerà, forse, in qualcosa di completamente nuovo.

Se guardare un quadro di Giuseppe Pellizza significa spingersi ancora una volta in avanti, verso la rivolta sociale, a noi resta anche il ricordo della sua morte; si impiccherà nel suo studio davanti all’enorme tela del Quarto Stato.

Non vorremo che fosse di cattivo augurio il suo suicidio «che rende meditabondi sull’ormai insanabile conflitto tra le idealità alimentate dall’arte e la dura realtà di un mondo che nella sua pratica quotidiana le travolgeva ogni giorno».

Oggi come ieri l’Italia si divide. Manca una chiara posizione sui diritti dei cittadini da parte del governo, manca la libertà di una nazione, manca un’idea del futuro.

E restano vive, ancora una volta, le parole dell’artista di Volpedo.

«Io vi amo o uomini eccellenti, proprio perché oggi siete incapaci di vivere. Infatti è questo, oggi, il miglior modo di vivere.»

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