La qualità delle nostre città e, più in generale, l’arte di abitare è da diverso tempo al centro del dibattito architettonico.

Su questo interessante argomento abbiamo fatto una chiacchierata con l’Architetto Licia Lamanuzzi.

Il rispetto dell’ambiente, la riconoscibilità e autenticità dei luoghi, la tutela e rimessa in valore delle preesistenze, sono argomenti intorno a cui si va riflettendo.

Ma guardandoci intorno vien da chiedersi se quella delicata ricerca di equilibrio tra spazi e verdi e volumetrie, in fondo non sia che il tentativo di accordare le nostre accresciute sostenibilità con le leggi di mercato.

Poi inaspettatamente le strade si sono svuotate e con esse tutti quegli spazi in cui è racchiusa non solo l’essenza dell’urbanità, ma anche quella del nostro quotidiano.

Tutte le occasioni di contatto, di relazione fisica sono state congelate nel tentativo di controllare la diffusione del Coronavirus.

La nostra casa è improvvisamente diventata il nostro unico mondo geografico. Un rifugio e allo stesso tempo prigione.

La pandemia ha improvvisamente riportato l’attenzione su “l’arte di abitare”, sui nostri spazi privati, sul nostro modo di abitarli

E per molti di noi, quelli travolti dall’affannoso susseguirsi di “impegni”, è stata l’occasione per fermarsi e accorgersi dello spazio di immediata prossimità: della propria casa.

Ecco che la dimensione domestica torna ad essere tema di interesse nell’ambito delle riflessioni sulla relazione tra coronavirus e architettura.

Questioni come ampiezza degli spazi, flessibilità, varietà, ma anche illuminazione e soprattutto relazione con l’esterno. Sono diventati argomenti non solo di grande attualità,

ma ci hanno guidati alla scoperta dell’arte di abitare che quasi avevamo dimenticato.

Tra le circoscritte mura di casa, condividendone costantemente gli spazi con familiari o coinquilini diventa difficile ritagliarsi anche solo un angolo per sé, per installare adeguatamente una postazione di smartworking o semplicemente rilassarsi.

Allo stesso tempo si rende conto di quanto, in una situazione simile, ci manchi il rapporto con l’esterno, con la natura in particolare, ma anche con gli altri.

Abbiamo inventato di tutto. Trasformato letti in tavoli da lavoro, cucine in uffici intermittenti, bagni in studi.

Abbiamo riscoperto il valore di tutti gli affacci che permettessero di stabilire una relazione tra il dentro ed il fuori.

Una relazione tra lo spazio privato delle mura domestiche e quello pubblico delle città o del paesaggio.

Ci siamo accorti che sopra il cortile o sopra la via di quartiere o sopra la strada, c’è un cielo spesso meraviglioso, che ci unisce tutti.

Così i balconi hanno ricominciato a popolarsi.

Da anonimi e sciatti depositi, sono tornati ad assumere l’originario ruolo di salotti a cielo aperto, quasi pezzetti di piazze immaginarie.

larte di abitare

Ecco cosa comporta il Coronavirus rispetto alla comune concezione dell’arte di abitare.

Ci ha svelato che quella che fin ora abbiamo considerato “normalità” di fatto ha anestetizzato la nostra capacità di riconoscere l’intero sistema/ambiente di cui siamo parte e che ci accoglie.

È proprio attraverso la messa in valore della qualità, intesa come la capacità (di una costruzione) di entrare in relazione con il contesto, di costruire un dialogo tra le sue parti, che passa quella che possiamo definire

“l’arte di abitare” la conoscenza di un modo autentico di costruire e vivere un luogo, piuttosto che occupare uno spazio.

Così la finestra non è solo un buco nel muro per far entrare luce ed aria.

E’ soprattutto il ritaglio di un pezzo di paesaggio che non solo amplia lo spazio della stanza, ma arricchisce l’animo di chi lo guarda.

Il soggiorno è solo uno spazio da arredare giocando con divano, tv e magari una libreria.

Il luogo pubblico della casa, dell’accoglienza, quello in cui si affacciano le sue parti, dove si incrociano i percorsi.

Il balcone semplicisticamente inteso come spazio accessorio alla residenza, funzionale a farne crescere il valore di mercato.

Esso invece deve poter offrire l’occasione di stabilire una relazione tra lo spazio interno e quello esterno.

Ed il giardino, il luogo che dovrebbe custodire la nostra leggerezza, nutrire di speranza i nostri i sogni con i suoi colori e profumi.

Non può essere semplicemente lo spazio rimasto libero.

Il giardino deve essere parte integrante del progetto della casa, parte preziosa e poetica della sua composizione.

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