Samantha Casella: grande successo del suo cortometraggio in America per I Am Banksy dedicato all’artista e writer cult la cui identità rimane ancora oggi misteriosa.Alcune persone vogliono rendere il mondo un posto migliore. Io voglio solo rendere il mondo un posto più bello. Se non ti piace, puoi dipingerci sopra! (Banksy)

Tutti conoscono il graffito “The Balloon Girl” del noto e al tempo stesso misterioso Banksy. Una vera e propria opera d’arte cui seguono altre visionarie interpretazioni del mondo, del suo pensiero, della sua straordinaria capacità di rendere viva ogni emozione.

Da qualche giorno nella sua amata Londra, l’artista ha “aperto” un negozio. L’annuncio fatto su Instagram ha convogliato un gran numero di appassionati dell’innovativo e misterioso artista della street art. Il negozio è chiuso ed è visionabile solo attraverso le vetrine.

Lui è assolutamente tutto e al tempo stesso il contrario di tutto.

Un fascino intenso dalle declinazioni sfuggenti che hanno catturato l’animo nobile, la mente eclettica, la creatività raffinata di Samantha Casella.

Giovanissima, bella, appassionata d’arte, con il suo cortometraggio si sta guadagnando una platea d’eccellenza non solo in Europa, ma anche negli Stati Uniti. Ha ricevuto premi importanti che si susseguono in un turbine incessante di emozioni inaspettate.

Samantha Casella ha la capacità di cogliere l’essenza tanto da creare un personaggio appassionate e coinvolgente che trascina dentro al suo mondo di luci e ombre, di emozioni e sensazioni, di vuoto e pieno, di trasgressione estrema e tradizione, dove tutte resta avvolto dal mistero di “chi è Banksy”.

I Am Banksy è la sua opera appassionante, emozionante, offre la possibilità di riflettere non solo sul realismo della vita ma anche sul significato d’esserci comunque sia. L’ho incontrata e si è raccontata con una fluidità particolare tanto da costruire una narrazione nella narrazione del suo esserci.

I Am Banksy Life&People Magazine lifeandpeople.it

Cosa ti ha portato a fare la regista?

Da bambina rimasi impressionata da un dialogo su Dio tra un prete e una donna. In seguito avrei scoperto che si trattava di un film di Bergman, “Luci d’inverno” e con il senno di poi posso dire che il regista svedese è stato il mio Caronte. Un altro film chiave è stato “Taxi Driver” e un po’ tutta la filmografia di David Lynch.Posso dire che mi ha sempre affascinato il lato oscuro che risiede nella mente e nel cuore delle persone, l’impossibilità di cogliere il mistero che si cela dietro agli eventi, quella sorta di “sguardo superiore” che sembra gravare sugli esseri umani ed a cui nei momenti cruciali non possiamo sottrarci.Film, letteratura, arte, fotografia, episodi di vita; credo che tutto si sia mescolato insieme e mi abbia spinto in questa direzione.

Quanto l’arte in ogni sua forma influenza e al tempo stesso arricchisce il tuo lavoro?

Personalmente ritengo che l’unica immensa forma d’arte sia la pittura, al limite la scultura. La pittura in primo luogo può afferrare, strappare e fissare su una tela un momento, rendendolo immobile, eterno. Quel momento avrebbe potuto essere tante altre cose, ma dipingendolo diviene un qualcosa di immutabile.Per me l’arte è questo e temo sia un qualcosa che non potrà mai riguardare il cinema. Indubbiamente, il mio percorso è scandito dal ruolo che l’arte ha nella mia vita, spero che qualcosa si percepisca, ma dal mio punto di vista per parlare di arricchimento devo farne ancora molta di strada in quella direzione. 

Cosa ti ricordi della tua prima esperienza di lavoro come regista?

La mia prima esperienza alla regia è stata il saggio fatto alla Scuola di Cinema Immagina di Firenze. Il cortometraggio era ambientato in una stanza e trattava di un dialogo tra un prete e una condannata a morte. Ricordo che fu basilare avere accanto a me il direttore della scuola, un regista dotato di un talento incredibile, Giuseppe Ferlito.Si occupò della fotografia e mi supportò in tutto. Fu così dal primo giorno in cui misi piede nella Scuola, Ferlito mi ha sempre sostenuta, aiutata, spinta a seguire la mia sensibilità. 

Chi è Samantha Casella, raccontaci qualcosa della tua vita, di te?

Sono una persona molto semplice. Credo di non essermi mai annoiata un minuto della mia vita perché mi piacciono moltissime cose: l’arte, la letteratura, la fotografia, guardare film, ma anche cose estremamente ordinarie come passeggiare, fare sport, coltivare un rapporto con gli animali… Vorrei trascorrere più tempo con i miei genitori, questo sì, perché siamo legati da un rapporto molto profondo. Samantha Casella Life&People Magazine lifeandpeople.it

Ti aspetta un appuntamento importante nel 2020, il tuo cortometraggio sta avendo un successo enorme e sarai presente agli Oscar?

In realtà, ora come ora, siamo in selezione agli Oscar 2020. Si tratta di un’opportunità resa possibile dalle vittorie in quattro Festival di una certa fascia d’importanza, oltre che alla distribuzione nelle sale di Los Angeles.Realisticamente, non lo dico per scaramanzia ma per coerenza, credo che la corsa del cortometraggio “I Am Banksy” si fermerà qui e non ci sarà nessun red carpet, ma va bene così; anno scorso di questi giorni non avevamo ancora girato il film, abbiamo comunque ottenuto molto più di quanto potevamo immaginare.

Dopo il cortometraggio arriverà anche il film su Banksy?

Il prossimo anno dovrei girare il mio primo film, ma non sarà un film su Banksy bensì un thriller ambientato in un bosco. In programma c’è una versione a lungometraggio, che ripercorre in parte le tappe di sceneggiatura del cortometraggio, ma è un progetto che se partirà, partirà dagli Stati Uniti. Se ne riparlerà tra qualche anno, spero.

Cosa ti ha fatto avvicinare a Banksi?

In primo luogo il mistero che si cela intorno alla sua identità. L’essere divenuto un caso mediatico ha fatto sì che nella classica serata tra amici qualcuno tirasse fuori la classica domanda «secondo voi chi è Banksy?». La risposta della persona con cui condivido tante cose nella mia vita «forse Banksy non esiste, forse fa parte di un sistema e siamo tutti Banksy», mi ha suggerito la storia di un giornalista disposto a tutto pur di scoprirne l’identità. 

5 cose di cui non può fare a meno Samantha Casella?

Considerando che si parla di cose e non di persone; entro certi limiti potrei fare a meno di tutto. Ad ogni modo, 5 cose che trovo quasi indispensabili sono il caffè, una tuta da ginnastica, qualcosa su cui scrivere, camminare a contatto con la natura e quella complicità che unisce a un altro essere umano, quella gioia terribile, imponderabile, che al pensiero di perderla fa emergere tutta la propria vulnerabilità.

 

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