Ma esiste, oggi, la borghesia? Una domanda onesta dinanzi alla collezione Giorgio Armani SS20.
Giorgio Armani per la SS20 reinventa l’immagine della borghesia
In mancanza di una vera società capitalista ci chiediamo, oggi, chi sia la donna che potrebbe vestire la collezione spring/summer 2020 disegnata da Giorgio Armani.
In un periodo storico, il nostro, ove l’austerità è un obbligo morale, diventa obsoleto il termine borghese eppure ancora ce ne riempiamo la bocca.
La crisi economica, innescata negli anni 2000 con l’introduzione dell’euro e che nel giro di vent’anni ci ha privati delle nostre abitudini, rende necessaria una rilettura del costume occidentale.
Per Re Giorgio l’austerità, quindi, è sinonimo di minimalismo. Il depurare l’abbigliamento da inutili lustrini si rende dunque necessario.
Invero, altri colleghi italiani, fatta eccezione di Moschino, scelgono la strada dell’intransigenza.
Prada, ad esempio, con il suo formalismo estetico o Ermanno Scervino, con un romanticismo sobrio, con le loro collezioni raccontano uno spaccato di società in affanno.
La Milano moda donna 2019, ad ogni modo, innesca un riassunto che rivela un meccanismo sociale ben inquadrato.
Che sia borghesia o meno, la società del 2020 dovrà chinare il capo dinanzi all’austerità, conseguenza di una sofferente crisi economica che giunge da più parti del globo.
Giorgio Armani presenta la sua collezione a palazzo Orsini, una dimora storica in via Borgonuovo.
Nella struttura, edificata nel 1662, vi abitava una delle famiglie più ricche in epoca rinascimentale, gli Orsini, discendenti di Alberto da Cedrate, console del contado de Seprio.
L’antica struttura, che si erge su più piani, è oggi della Giorgio Armani Spa.
La collezione
“Il lavoro di noi stilisti consiste nel proporre cose nuove senza, per questo, stravolgere tutto in ogni stagione“.
Questa frase contestualizza il lavoro dello stilista italiano. Il defilé, infatti, è un continuum con le stagioni passate.
Va detto, però, che rispetto al passato, il progetto creativo guadagna un’essenzialità inaspettata e vincente.
La modestia di questa collezione, che vanta un prestigio tessile, si deduce anche nella palette di colore utilizzata.
Le sfumature sofisticate, il greige (tonalità di grigio e beige che porta la firma dello stilista), il marrone e il blu, trovano un equilibrio estetico appropriato.
Saper abbinare il blu al marrone, infatti, è un colpo da maestro che solo in pochi osano accostare.
Ma la peculiarità del progetto è il minimalismo delle forme. La quasi assenza di paillettes e cristalli che da sempre hanno parlato il linguaggio estetico di Re Giorgio.
L’eleganza gentile vista in passerella è frutto di un arguto mix tra volumetrie e leggerezza delle stoffe.
L’impalpabilità della seta realizza giacche ben strutturate e gonne fluttuanti che esprimano un senso di libertà assoluta.
La Prima: Giorgio Armani rilancia un modello di borsa del 1995
La Prima, borsa a tracolla in pelle, ritorna sul mercato grazie alla collezione primavera/estate firmata Giorgio Armani.
È il 1995 quando, sul mercato, si affaccia una borsa a tracolla in pelle. La linea minimale fa di lei un oggetto cult tra la borghesia milanese e non solo.
A distanza di 24 anni la Maison pensa ad un restyling riproponendola nella sua struttura originaria.
Di questa creazione, Giorgio Armani scrive: “La Prima, la borsa che condensa la mia idea di eleganza e dinamismo; di stile e funzionalità, nasceva dall’esigenza di offrire, a una donna emancipata e sofisticata, un accessorio all’altezza del suo guardaroba.
Ovvero una borsa funzionale, dunque capiente e di uso piacevole, ma dal design inequivocabile Armani. Puntando sulla qualità e sull’essenzialità, posso dire di aver creato una borsa che, in modo estremamente naturale, raccontava e continua a raccontare la mia idea di stile femminile.”
La linea si ispira ai tagli delle giacche e alle pinces dei pantaloni che vengono tradotti negli angoli e nella forma arrotondata.