La moda oggi
? C’è inquinamento sotto il genio e la fantasia del fashion…
Secondo un report delle Nazioni Unite l’industria della moda ha una grossa fetta di responsabilità nell’inquinamento globale. Per illustrare questo ha stilato una lista di diciasette obiettivi da centrare entro il 2030 per salvare il pianeta.
Dalla fase di produzione degli abiti a quella dello smaltimento dei rifiuti vestirsi è diventato un problema.
La moda oggi ha spento le luci sui grandi palcoscenici italiani ed esteri,
da Pitti Immagine Uomo a Milano Fashion Week ad AltaRoma, da Parigi, Londra e New York e si tirano le somme sulle tante novità.
Si parla di ricerca nel ready to wear di oggi, tra passione per l’outdoor e attitudine fashion. In aggiunta a questo si accendono i riflettori sul tema della sostenibilità più che mai sensibile al tema ambientale.
Un’esperienza degna di nota per tante aziende, italiane e straniere, nel mondo, che stanno investendo in nuove tecnologie e nella stampa digitale per i tessuti, che permette un risparmio del 50% di acqua e inchiostro.
Dovunque si registrano iniziative importanti.
L’ industria della moda oggi, evidenzia come, in un’ottica di marketing,
la sostenibilità ambientale e sociale può realmente diventare una grande opportunità per l’intero comparto.
E’ solo comunicando al mercato questa ecologia di filiera, infatti, che il consumatore finale può comprendere. In ultima fase inoltre bisogna premiare il valore dell’intero processo produttivo.
Le Nazioni Unite hanno stilato la lista di “Obiettivi di Sviluppo Sostenibile” da centrare entro il 2030.
Sono traguardi da tagliare in tutti i settori produttivi, ma raggiungerli nel settore della moda,
che da solo vale a livello globale 2,5 migliaia di miliardi di dollari e potrebbe innescare un effetto domino con ripercussioni enormemente positive sullo stato di salute dell’ambiente.
Con riferimento a questi obiettivi bisogna garantire il diritto del consumatore ad essere informato e responsabilizzato riguardo i problemi di sviluppo sostenibile
Per lo stesso motivo bisogna monitorare l’utilizzo di microfibre e microplastiche che sono rilasciate in acqua e ridurre la generazione di rifiuti chimici nel processo produttivo.
D’altra parte, l’urgenza del problema climatico e ambientale è trasversale ai settori di produzione e non è certamente un’esclusiva del fashion system.
Ancora di più vi è la sensazione che questo sia uno dei temi portanti su cui costruire i successi imprenditoriali della moda di domani
Un’occasione di confronto per aziende di grandezza diversa e coinvolte in diverse fasi della produzione, ma con il comune denominatore di un impegno per la salvaguardia ambientale.
Impegno che, per essere efficace, andrebbe speso nella comunicazione tra i vari soggetti coinvolti nella produzione e nell’innovazione tecnologica, vera chiave di volta per ripensare la sostenibilità della moda.
Sensibilizzati al problema anche la categoria dei buyer, potentissima lobby che acquista per importanti gruppi di multinazionali.
Infatti la categoria non nasconde la nuova tendenza nell’acquisto, i buyer sono mobilitati a sostenere l’unione della grande creatività della moda alla sostenibilità.
Conseguentemente il mondo della moda oggi si sta muovendo molto verso il riciclo e il consumatore finale e molto attento all’acquisto
Sulle etichette dei brand più importanti vengono infatti menzionate le provenienze dei materiali e le loro lavorazioni, segnalando che il mondo del tessile sta cambiando
Per inciso, non con la velocità necessaria, ma lentamente stanno cambiando, le grandi aziende multinazionali come Neiman Marcus, HM, Nike, CA, sono state le prime ad adeguarsi al mercato.
Lavorano con tessuti riciclati e con materiali organici, come il cotone, non dimenticando che il settore della moda è il secondo al mondo per inquinamento.
La produzione convenzionale del cotone spesso ha un grave impatto sociale e ambientale basato sull’impiego eccessivo di acqua e di pesticidi.
Ad esempio, prima di potersi definire ecologica un’azienda dovrebbe migliorare decisamente i propri processi produttivi, al di là del fatto che utilizzi già cotone biologico nella sua linea ‘organic cotton’.
Infatti la provenienza delle materie prime è solo una delle componenti della sostenibilità di un’azienda. Secondo il WWF, occorrono ventimila litri d’acqua per produrre un kg di cotone, l’equivalente necessario per una t-shirt e per un paio di jeans.
Che cos’è il cotone organico?
Il cotone è presente nella nostra vita… in tutto… Dai vestiti che indossiamo alla biancheria della casa, all’ abbigliamento infantile agli accessori sanitari.
La fibra di cotone è versatile ed è presente, come rafforzativo, in tanti tipi di tessuti. Il cotone biologico è un cotone coltivato con metodi e prodotti che hanno un basso impatto sull’ambiente.
Per la produzione di cotone organico, vengono utilizzati sistemi di produzione biologica per fertilizzare il terreno. E ancora, eliminato l’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici, tossici e persistenti nel cotone stesso e nell’ambiente.
La produzione di cotone organico viene certificata da organismi terzi che si occupano di verificare che i produttori utilizzino solo metodi e prodotti permessi nella produzione biologica.
Oltre al divieto di utilizzo di pesticidi tossici e fertilizzanti sintetici, il cotone organico, per essere denominato tale, non deve provenire da sementi geneticamente modificate (OGM).
Enrico Sanchi