Non è mai troppo presto per riscoprire l’arte di camminare tra mura che sussurrano storie, riscoprendo un passato glorioso che avvolge con la sua bellezza senza tempo. Mentre le app di viaggio promettono la scorciatoia più rapida, il cuore umano cerca ancora la magia dell’inaspettato, spesso tra le pietre antiche di una città che sa parlare al nostro io più profondo. Se ti stai chiedendo cosa visitare a Merano, è in questo contesto che emerge prepotente la necessità di un “turismo culturale esperienziale”, un luogo dove la scoperta non è semplice fruizione passiva, ma un vero e proprio viaggio attraverso secoli di storia.
Un tesoro nascosto tra torri e manieri
La ricerca di qualcosa di più, di un’immersione profonda nella storia e nella cultura, sta portando a un boom del turismo Slow Travel, dove la destinazione non è solo un punto sulla mappa, ma un invito a rallentare, a osservare, a vivere. E in questa tendenza, città come Merano stanno riscuotendo un successo straordinario, diventando vere e proprie guest experience che attraggono un pubblico eterogeneo, stanco della superficialità e affamato di contenuti che lascino il segno.
Merano non è solo un punto di partenza per gli amanti della montagna o delle terme; è una piccola città con un grande passato, una destinazione capace di offrire un vero e proprio itinerario tematico che ci invita a “attraversare le cose del mondo” con occhi nuovi. Torri che svettano come antichi guardiani, mura che raccontano segreti medievali e castelli che profumano di storia e incenso: l’architettura di Merano, con i suoi antichi castelli perfettamente conservati, è testimonianza tangibile di questo glorioso passato.
Un percorso tra fiaba e storia
Tra i protagonisti di questo palcoscenico storico, spicca il Castello Principesco, incastonato nel cuore della città. Le sue sale finemente arredate, il cortile interno e le atmosfere da fiaba cortese trasportano indietro nel tempo. A pochi passi, la Polveriera – che un tempo custodiva munizioni – oggi conserva la memoria di un tempo che fu, tra bastioni e antichi silenzi. E per gli amanti del buon vino, Castel Rametz, splendida residenza con vigneti secolari e un affascinante Museo del Vino, dove storia, gusto e cultura si incontrano in un brindisi senza tempo.
Gli itinerari dei castelli meranesi
Esiste un suggestivo itinerario che in sole tre ore permette di passare accanto a ben undici manieri, partendo dal centro della città. Un vero e proprio pacchetto all-inclusive di storia e bellezza, un turismo relazionale con il territorio stesso. Il punto di ritrovo è a pochi passi dal Castello Principesco, la prima tappa di questo percorso. Residenza dei Principi del Tirolo dal 1470, è uno dei manieri più completi e meglio conservati dell’Alto Adige. Da qui, ci si sposta lungo la via principale fino a raggiungere Castel Kallmünz, con le sue mura imponenti che ospitano un elegante ristorante e un locale per aperitivi.
Il tragitto prosegue lungo il famoso Sentiero di Sissi, fino al quartiere di Maia Alta, dove si trova Castel Pienzenau, un piccolo gioiello del 1400, incastonato tra le vigne, con un delizioso giardino delle rose e un bistrò accogliente. Ancora 15 minuti a piedi ed ecco Castel Trauttmansdorff, residenza estiva dell’imperatrice Elisabetta e oggi sede del Touriseum, con i suoi giardini considerati tra i più belli al mondo. L’aria è impregnata del profumo dei fiori, un inebriante anticipo delle meraviglie botaniche che attendono. Da qui si torna leggermente indietro per imbattersi nuovamente in Castel Rametz, maniero medievale oggi sede del Museo del Vino. Leggermente in salita ecco Castel Labers, un luogo che nasconde una storia curiosa: quella dei nazisti che vi stamparono sterline false, un aneddoto che ha ispirato persino un documentario RAI.
Gli ultimi tesori del percorso storico
L’itinerario continua in direzione del comune di Scena, passando tra i meleti che sovrastano la città di Merano, fino a Castel Goyen, con la sua imponente torre romanica e la leggenda di Gaius, il romano da cui pare abbia preso il nome. Si prosegue lungo il Wiesenweg, un sentiero in mezzo alla natura, fino al centro di Scena, dove si erge l’omonimo castello, ancora oggi di proprietà della famiglia comitale, che vive tra le sue mura e guida gli ospiti a scoprirne i tesori custoditi al suo interno, dalle collezioni dell’Arciduca Giovanni alle armi di sei secoli differenti.
Grazie a una ripida discesa lungo il Leiterweg, fino quasi al fiume Passirio, con splendida vista sul Tessa e su Castel Tirolo, antica residenza dei conti che diede il nome all’intera regione si raggiunge un luogo dove si intrecciano storia e sovranità locale, e dove un museo storico-culturale offre ai visitatori un percorso tra storia medievale e locale. Qui si può sentire il fruscio del vento tra le mura secolari, un suono che evoca secoli di vicende. Appena prima di arrivare al fiume Passirio, un sentiero riporta verso la città, seguendo il Maiserweg, tra meleti e altri alberi da frutta. Un percorso che attraversa giardini privati, rispettando un’antica legge e consuetudine della zona che invita a lasciare il libero passaggio ai viandanti. Da qui, Piazza Fontana e il rientro nel cuore di Merano.
Dove la storia si fa esperienza umana
L’intelligenza che si cela dietro la conservazione e la valorizzazione del patrimonio storico di Merano non ha nulla a che vedere con la superficialità di un’immagine sfuggente. È piuttosto un invito a spogliarsi delle aspettative preconfezionate, a tornare puri e curiosi per viaggiare lungo sentieri accoglienti e generosi e con occhi nuovi, incontrare e abbracciare le storie che si incontrano sulla via.
Visitare Merano e i suoi manieri non è solo ricerca di bellezza estetica, ma opportunità per riflettere e confrontarci con le sfide che affronta la conservazione del patrimonio in un mondo sempre più proiettato nel futuro. Riconosciamo la complessità emotiva di un’esistenza in cui la connessione con il passato e la bellezza architettonica sono spesso filtrate da schermi e guide virtuali. Ma l’esperienza di fronte ad un castello, con il profumo dei secoli tra le sue mura e il suono delle risate condivise con altri esploratori, è un richiamo alla sensorialità, alla materialità della storia che le immagini digitali non possono replicare.