Christo Vladimirov Javacheff, – per il pubblico che popolava le sue messinscena semplicemente Christo –, impacchettava sempre qualcosa. All’inizio, a Parigi – dove nel 1958 conobbe Jeanne-Claude, la futura moglie e coprotagonista delle sue creazioni – si trattava di oggetti più o meno comuni come poltrone o carrozzine. Poi via via un crescendo fino a una delle sue ultime performance, la fortunatissima realizzazione nel 2016: le passerelle montate sul Lago d’Iseo, che attirarono quasi un milione e mezzo di persone venute apposta per camminare sulle acque.

Christo e Jeanne-Claude, una coppia nell’arte e nella vita

Christo e la sua consorte Jeanne-Claude formarono un duo artistico instancabile e una coppia fissa nella vita per oltre cinquant’anni. Si incontrarono nel 1959 a Parigi e la loro collaborazione continuò fino alla morte di Jeanne-Claude nel 2009. Insieme, hanno creato alcune delle installazioni temporanee più iconiche del mondo, come The Gates nel Central Park di New York e il Wrapped Reichstag a Berlino. Opere d’arte pubbliche e spettacolari che loro autofinanziavano vendendo schizzi preparatori e collage. 

Claude Christo abito sposa | Life&People Magazine

Il Wedding Dress

Ma Christo e Jeanne-Claude non si limitavano a opere di grandi dimensioni. Basta guardare il Wedding Dress, un abito da sposa realizzato nel 1967, una delle opere meno conosciute della coppia. Questa realizzazione faceva parte della serie Wrapped Women iniziata nel 1962. A differenza di artisti come Vito Acconci, Chris Burden, Marina Abramović e i più estremi rappresentanti dell’Azionismo Viennese, Christo non cercava di provocare o scioccare il pubblico con i suoi lavori. La sua arte non includeva esperienze fisiche estreme, dolore o violenza, ma piuttosto utilizzava il corpo umano, soprattutto quello femminile, come materiale estetico.

Il corpo femminile come arte

Nella serie Wrapped Women, il corpo femminile veniva avvolto in corde e plastica bianca. Questa tecnica di “avvolgimento” non voleva brutalizzare il corpo, ma trasformarlo in una scultura vivente, simile al nudo classico. A partire dalle pose sensuali che delicatamente modellate sulle curve fisiche, rimandavano all’eleganza eterea delle statue antiche e rinascimentali. Queste figure riflettono in piccolo la genesi e l’evoluzione delle idee monumentali di Christo, con il corpo femminile che diventava quasi un preludio delle sue future opere in grande scala.  L’abito da sposa di Christo è particolarmente interessante perché esplora i temi del matrimonio, dal candido velo simbolo di castità, al bianco, colore della verginità. Una relazione visiva tra realtà e simbologia atavica, un’idea plastica per indagare il senso della fragilità dei confini corporei e per mostrare come il corpo femminile possa trascendere i confini tra moda, arte, abbigliamento e pelle.

Claude Christo abito sposa | Life&People Magazine

La mostra in Marocco del 2019

Nel 2019, durante l’inaugurazione della sua prima mostra in Marocco al Museo Yves Saint Laurent di Marrakech, Christo ha parlato dell’importanza di queste opere. La mostra includeva collage e disegni preparatori mai esposti al pubblico, oltre all’iconico Wedding Dress. Per chi fosse interessato ad approfondire questo toccante tema, c’è un libro edito da Gallimard che accompagnava la mostra. Il libro è una risorsa ricca di spunti per esplorare la carriera di Christo e Jeanne-Claude, che fino al 1994 era attribuita solo a Christo, ma che successivamente fu rivelato essere un lavoro di coppia. Il libro include fotografie mai pubblicate prima, che documenta il processo di avvolgimento e legatura delle modelle durante happening a Londra e Düsseldorf, e persino una serie di scatti di quando Christo impacchettò una donna nella casa parigina dell’artista Yves Klein nel 1962.

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