È ormai passato più di un anno dal lancio globale di Chat GPT, strumento che ha introdotto l’Intelligenza Artificiale anche nella cultura popolare di massa, culmine di un percorso iniziato nelle realtà professionali già da diversi anni. Proprio nel periodo in cui stiamo attraversando una vera e propria fase di transizione che porterà a un ripensamento del ruolo del leader aziendali, c’è chi si è occupato di studiare a fondo il fenomeno: tra questi c’è Filippo Poletti, autore di “Smart Leadeship Canvas. Come guidare la rivoluzione dell’intelligenza artificiale con il cuore e il cervello”, libro che traccia la strada da seguire in vista di un futuro in cui l’uomo si ritroverà a convivere sempre più con robot e sistemi hight tech.
Chi è Filippo Poletti, top voice Linkedln?
Giornalista, saggista, musicologo e, non ultimo influencer Linkedin, Filippo Poletti crede, da sempre, che al centro del lavoro c’è e ci sarà la forza della persona. Partendo da questo concetto cura da sette anni proprio sul social network tra i più diffusi al mondo e in Italia la seguitissima “Rassegna quotidiana del cambiamento”, raccontando ogni giorno nuove storie importanti per il settore.
Dott. Poletti, il cammino dell’Intelligenza Artificiale è iniziato da diversi anni. Da poco tempo l’argomento è diventato topic di conversazione anche nei media più generalisti, con un’attenzione sempre più elevata. A cosa si deve secondo lei questa accelerata?
«La potenza di calcolo non è una novità; lo è, però, la messa a disposizione di tutti dell’intelligenza artificiale. Penso, in particolare, a quanto avvenuto un anno fa con ChatGPT: fu lanciato mercoledì 30 novembre 2022, lo ricordo bene, in appena cinque giorni ci registrammo in cinque milioni di utenti, saliti a cento in tre mesi e a centottanta in un anno. Non è mai accaduto nella storia dell’umanità che una tecnologia si espandesse così rapidamente. Tanto per fare dei paragoni, ci sono voluti sedici anni per avere cento milioni di utenti di telefoni mobili, sette per Internet, quattro per Facebook. Parliamo, dunque, di una “massa critica” straordinaria, per usare la terminologia cara, “massa critica” appunto, agli economisti che studiano gli effetti positivi che si verificano quando l’utilità di un servizio dipende dal numero degli individui che lo utilizzano».
Spesso si guarda con molta sfiducia l’avvento dell’I.A. In molti, soprattutto le persone meno ferrate, la ritengono pericolosa in quanto capace di sostituire l’uomo. Come mai? E’ Forse un problema di divulgazione?
«Ciò che a mio avviso non è stato fatto è stata una “SWOT” analisi completa, che individui, assieme alle minacce dell’intelligenza artificiale, anche le opportunità. Pensiamo al dibattito intorno all’“AI Act”, il regolamento europeo, basato su più livelli di rischio. Certamente questa nuova tecnologia presenta dei rischi, ma anche delle opportunità. L’utilizzo dell’intelligenza artificiale porterà, a parità di ore di lavoro, ad una maggiore produttività in Italia, generando un incremento del PIL stimabile in oltre trecentodieci miliardi di euro, quasi il PIL della Lombardia pari ad un quinto di quello italiano. Ancora un dato: secondo uno studio condotto da McKinsey la produttività manageriale aumenterà tra il 45 e il 60 per cento. Assieme ai rischi relativi all’utilizzo non corretto dell’intelligenza artificiale e alle possibili ripercussioni sui posti di lavoro, davanti a noi, dunque, ci sono delle opportunità».
C’è un evento scatenante che l’ha portata a voler indagare questo argomento sfociato poi nella realizzazione del suo libro?
«Un anno fa, a Dicembre, tradussi con ChatGPT il mio libro dedicato alla guerra in Ucraina dall’italiano in ucraino. Allora, infatti, mi serviva condividere con alcune profughe ucraine arrivate in Italia il testo, tradotto in ucraino. In pochissimo tempo lo feci e nel libro “Ucraina: grammatica dell’inferno” ho potuto inserire le dolorose testimonianze di queste donne. Ciò che mi colpì fu la facilità di utilizzo di ChatGPT. Questo è stato l’inizio del mio studio durato un anno insieme ad Alberto Ferraris».
Purtroppo, ed è dato oggettivo, l’Italia viaggia a due corsie: da una parte c’è la parte settentrionale del Paese, molto produttiva, dall’altra c’è invece un mezzogiorno che, pur vantando alcune eccellenze, arranca. Come si posiziona l’IA nelle realtà più problematiche? Può essere d’aiuto o paradossalmente rischia di rallentare ancor più la macchina?
«Proviamo a fare anzitutto un ragionamento. Il PIL, come sappiamo, cresce con l’aumento della produzione legata a tre fattori: accanto all’aumento della domanda di beni e servizi c’è l’aumento della popolazione attiva. Secondo il think tank “Welfare, Italia” entro il 2050 la popolazione diminuirà di otto milioni (arrivando a 51 milioni) con una perdita di un terzo del PIL. L’intelligenza artificiale, sotto questo aspetto, rappresenta un’opportunità. Certamente, non risolverà il problema della disoccupazione di lavori poco specializzati, tuttavia, potrà, incrementare la produttività dell’Italia. Questo varrà per tutte le aree del Paese, dal Nord al Sud. Serviranno, a questo proposito come dice il vicepresidente di Confindustria con delega alle relazioni sindacali Maurizio Stirpe, politiche attive del lavoro, per permettere ai lavoratori di acquisire nuove competenze».
Nel suo libro sono contenute ben venti interviste, rivolte a massimi esponenti dell’industria mondiale (da Google a Microsoft passando per Siemens). C’è un argomento, tra quelli emersi, che l’ha colpita maggiormente?
«Il libro presenta nuove teorie sulla leadership, i risultati delle indagini di clima fatte all’interno delle aziende italiane curate dal CEO di Great Place to Work Alessandro Zollo e, infine, venti grandi testimonianze. Ho girato l’Italia, cercando di andare a sentire la voce degli executive manager raccogliendo tante sfumature di leadership.
Vicenzo Esposito, CEO di Microsoft Italia, mi ha raccontato, ad esempio, della “leadership della prosperità”, Melissa Ferretti Peretti, CEO di Google Italia, della “leadership coraggiosa”, Agostino Santoni, vicepresidente di Cisco Sud Europa e vicepresidente di Confindustria con delega al digitale, si è soffermato sulla “leadership inclusiva”, Floriano Masoero, CEO di Siemens Italia, ha riflettuto con me sulla “leadership agile”, mentre Corrado Passera, CEO di illimity, sulla “leadership utile”. La leadership di “cuore e cervello” è il filo rosso che lega tutti questi racconti. L’ “intelligence leader” è un leader che ha a cuore le persone con cui lavora e realizza gli obiettivi di business con un impatto positivo sulla società».
È fattibile credere che l’Intelligenza Artificiale possa offrire nuovi posti di lavoro, magari impensabili fino a qualche anno fa? Se sì, quali?
«Siamo entrati ufficialmente nell’“IA-cene” o “AI-cene”, l’epoca in cui l’intelligenza artificiale collabora con quella umana. L’intelligenza artificiale è una rivoluzione trasformativa: ridefinisce il nostro lavoro. Nasceranno, dunque, l’“IA-venditore”, l’“IA-consulente”, l’“IA-commercialista”, l’“IA-costruttore”, l’“IA-agricoltore o l’“IA-medico”. L’“IA-medico”, per fare un esempio concreto, potrà fare una diagnosi sulle malattie rare neuromuscolari in dieci secondi oppure potrà affrontare un caso clinico complesso revisionando tantissimi articoli scientifici in pochissimo tempo. L’agricoltura di precisione potrà utilizzare l’intelligenza artificiale per capire quali centimetri di terreno andranno trattati e in che modo. Oppure, ancora, le “smart grid” o reti di distribuzione dell’energia elettrica potranno offrire servizi energetici migliori a costi più bassi, riducendo l’impatto ambientale. Non ci sono, infatti, solo gli utilizzi dell’intelligenza artificiale che abbiamo visto nell’ambito bancario, delle telecomunicazioni, della sicurezza oppure, come testimoniano gli attuali e drammatici conflitti in corso nel mondo, in quello militare».
Parlando di formazione, crede sia arrivato il momento di inserire nei piani di studio dei percorsi universitari ancor più mirati? Spesso si crede che l’I.A sia solo un ramo che riguarda l’informatica e la tecnologia, eppure è utile anche il sapere umanistico. Cosa pensa a riguardo?
“Non sono per l’“aut aut” ma per l’“et et”. Sono a favore di un sapere scientifico che sposa quello umanistico: io stesso ho una laurea umanistica e ho fatto l’executive MBA alla business school del Politecnico di Milano. Del resto, la tecnologia è uno strumento, ma come dice bene il CEO di Illimity Corrado Passera, – che ho intervistato nel libro -, sta alla filosofia indicare i perché, dare un senso all’“IA-cene” o “AI-cene”. Per questo il volume si chiude con un racconto di Bill Niada, imprenditore sociale milanese, che ci riporta indietro ai tempi di Platone, al 370 avanti Cristo, per far dialogare il filosofo con il businessman Cresone”.Aggiungo un ulteriore elemento di riflessione, sottolineato da Agostino Santoni, vicepresidente di Confindustria per il digitale e vicepresidente di Cisco Sud Europa: dobbiamo promuovere la cultura del digitale in tutte le scuole. Questo manager afferma che: “o facciamo diventare il digitale una materia di studio nella scuola primaria, in quella secondaria e all’università o non saremo un Paese più competitivo”. Questo è il grande compito da svolgere: aumentare le competenze digitali anche tra le categorie più svantaggiate, favorendo l’inclusione sociale
».
Il suo studio si occupa di leadership applicata all’IA, concentrandosi giocoforza sul settore lavorativo. Ma l’I.A. pian piano, sta conquistando anche spazi più svariati: dallo sport alla ristorazione passando per il mondo dell’intrattenimento in generale. Tra quanto, l’Intelligenza Artificiale verrà percepita come qualcosa di assolutamente normale dalla società?
«L’“IA-cene” o “AI-cene” ridefinisce, oltre al lavoro, le organizzazioni e la società. La prospettiva con cui dobbiamo guardare alla rivoluzione in atto non è quella della sfida tra l’uomo e la macchina, ma quella della collaborazione. L’intelligenza artificiale aiuterà l’uomo e l’uomo continuerà, vigilando sull’intelligenza artificale, a vivere la vita con accanto, però, un co-pilota, un aiutante, un maggiordomo. In fondo, a rifletterci bene, il fatto che Deep Blue abbia battuto in una partita a scacchi il campione del mondo Garry Kasparov nel 1996 non ha fatto desistere gli appassionati di scacchi dal continuare a giocare. L’uso dell’intelligenza artificiale si diffonderà ma, stiamone certi, continueremo a giocare a scacchi, fare sport oppure a trovarci a mangiare una pizza in compagnia».