Il mondo sta cambiando davanti ai nostri occhi e, finalmente, anche le istituzioni cercano di non farsi trovare impreparate. L’obiettivo è quello di arrivare al 2030 con una produzione maggioritaria di abiti composti da tessuti sostenibili e riciclabili, così come stilato in una lunga relazione della Commissione inviata all’Europarlamento dell’Unione Europea chiamata “Strategia per prodotti tessili sostenibili e circolari”. Ma ognuno di noi dovrà fare la propria parte.
Porre fine alle controversie
Il documento intende mettere la parole fine alle innumerevoli controversie che attanagliano l’industria del fast fashion, una delle più dannose e inquinanti a livello ambientale e meno sostenibile in tema di politiche green. I dati, in fondo, parlano chiaro: secondo alcuni studi infatti l’iperproduzione tessile ha subito un aumento impressionante dal 2000 al 2015, a fronte di abiti con una vita – dunque con una durata di utilizzo – sempre più breve che ha portato ad un consumo di ben 62 milioni di tonnellate di materiali di abbigliamento e calzature. Numeri preoccupanti che, senza un intervento netto, rischiano di alzarsi ulteriormente, con una stima di addirittura 102 milioni di tonnellate entro il 2030 (incremento del 63% contro il 36% del quindicennio precedente).
Per diminuire la produzione incessante di tessuti occorre quindi dettare nuove regole di mercato al fine di depotenziare le tante zone d’ombra del settore: per farlo l’UE ha pensato all’introduzione di “un passaporto digitale”, strumento con cui si potrà risalire alla provenienza dei prodotti e alla loro relativa ecocompatibilità; a questo si aggiungono anche altre alcune misure di defiscalizzazione per incoraggiare il servizio di riutilizzo, in nome di un’economia sempre più circolare.
Come saranno i tessuti nel 2030?
Il consumo di materiali tessili oggi risulta essere la quarta fonte di impatto ambientale nei Paesi Membri dell’Unione Europea (dietro il settore alimentare, edile e dei trasporti). I cittadini europei inoltre, secondo una ricerca condotta dalla Commissione UE, tendono ad acquistare all’incirca 26 kg di prodotti tessili, smaltendone però 11 kg in discarica o negli inceneritori.
La nuova via porterà dunque le aziende a produrre materiali specifici, capaci di soddisfare requisiti particolari: dovranno essere infatti sostenibili, riciclabili e riparabili, per la maggior parte realizzati con fibre riciclate e senza alcune sostanze pericolose. La loro produzione dovrà inoltre non solo tenere conto dell’ambiente, ma anche della salute e dei diritti sociali dei lavoratori.
La rivoluzione tocca anche noi
Ma non potrà mai esserci una rivoluzione sostenibile senza il contributo di ognuno di noi. L’ambiziosa agenda 2030 potrà essere rispettata soltanto se, oltre alle istituzioni, faranno la sua parte anche i cittadini, cominciando a seguire una serie di abitudini green e sostenibili, a partire dalla conoscenza e dalla lettura delle etichette. Conoscere i materiali con cui è stato prodotto il singolo capo è di fondamentale importanza per decidere se acquistare o meno un determinato pezzo d’abbigliamento: la direzione è scegliere sempre tessuti con fibre naturali o bio-based (certificate), più facilmente riciclabili e con un peso inferiore ai materiali sintetici in termini di emissioni.
A questo proposito è ormai buona norma evitare quanto più possibile il poliestere che, essendo un derivato del petrolio, risulta pesantemente inquinante e soprattutto quasi impossibile da smaltire. Da non sottovalutare anche l’analisi della composizione, prediligendo quegli abiti realizzati con lo stesso tessuto, ricordandosi che l’unione di tessuti diversi provoca un notevole sforzo energetico in più quando si avvia il processo di riciclo. Inoltre, è opportuno approfondire anche la provenienza dei singoli prodotti tessili, evitando un consumo eccessivo di capi lavorati con pelle di origine animale e informandosi inoltre anche sulle politiche etiche delle varie aziende, abbracciando quelle che propongono una visione green convincente e studiata ad ampio raggio. Solo in questo modo si potrà vincere veramente la battaglia contro il greenwashing.
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