Sembrerebbe guardare ad un futuro rivoluzionario, l’affermarsi di una moda fluida, in realtà potrebbe definirsi più un ritorno al passato. Un passato molto lontano, è vero, dal cui abbigliamento genderless, utilizzando il linguaggio contemporaneo, ci hanno allontanato secoli di regressione culturale e sociale, favorevoli all’affermarsi di netti confini tra mondo maschile e femminile. Ed è proprio alle epoche più remote come quella dell’antica Roma, in cui gli uomini indossavano tuniche lunghe fino ai piedi tanto quanto le donne, che strizzano l’occhio le moderne tendenze, facendosi portavoce di una lotta contro la distinzione di genere. Piaga, quest’ultima, che affonda le sue radici nell’età più buia di sempre, ovvero il Medioevo: fu allora che iniziò a farsi strada la separazione dell’abbigliamento tra uomo e donna, conseguenza di una precisa suddivisione di ruoli che vedeva mariti a lavoro e mogli a casa. Bisognerà attendere la metà dell’800 affinchè la designer Amelia Bloomer renda i pantaloni adatti anche alle signore e, solo gli anni trenta, perché le donne inizino ad indossarli, non senza, però, suscitare scandalo. Sarà, infatti, il 1968 a porre le basi delle tendenze moda sempre più genderless.
La rivoluzione no gender anni ’70
Gli anni ’70 portano, dunque, una ventata di rivoluzione che non lascia indifferente neanche il mondo fashion inducendo i grandi stilisti ad esprimere un forte dissenso nei confronti di outfit stereotipati emblema di classificazioni di genere. L’espressione gender fluid inizia ad affermarsi in quel periodo accolta a braccia aperta dai maestri dall’haute couture e diffusa grazie a rock e pop star dell’epoca, da Renato Zero a David Bowie. Paladini di una moda fatta di collezioni neutre e capi interscambiabili fra i sessi, sono loro a far da apripista ad una rottura nei confronti di una tradizione troppo limitante.
A cogliere quel messaggio segnando una svolta in passerella fu Jean Paul Gaultier che, infrangendo barriere etniche, culturali e sessuali, fu capace di superare il binarismo di genere nella moda. Era il 1985 e, con la sfilata primavera estate Et Dieu Créa l’Homme (E Dio creò l’uomo), fece scalpore facendo sfilare uomini con la gonna, donne con cappelli da baseball ed entrambi con vestiti oversize.
La moda genderless sul palco di Sanremo
Da quel momento la moda internazionale ha continuato ad essere lo specchio di un contesto socio-culturale dominato dal concetto di identità fluida in cui maschile e femminile si fondono in capi d’abbigliamento interscambiabili. Un trend, quest’ultimo, che si riconferma per le collezioni Autunno Inverno 2023-2024 ma che era già esploso nel 2021 su palcoscenici, prima italiani e poi mondiali. Testimonial indiscussi della tendenza moda genderless i Måneskin con gli eccentrici look del frontman Damiano, volato da Sanremo all’Eurovision con gonne a pieghe scozzesi e calze a rete abbinate a camicie e cravatte.
E sembra che ormai negli ultimi anni il Festival della Canzone italiana sia divenuto importante vetrina di oufit che inneggiano ad una libertà d’espressione da parte di artisti, come Achille Lauro, che amano giocare con la femminilità. Fotografia di un’estetica no gender è stata quest’anno l’esibizione all’Ariston di Blanco con camicia di pizzo Valentino, boxer bianchi Calvin Klein e il corsetto Dolce & Gabbana. Non mancano poi ‘paladini’ di questa tendenza nel mondo del Cinema che vede in star come Timothée Chalamet icone fluide soprattutto per le nuove generazioni. Portando avanti la battaglia contro la mascolinità tossica, il giovane attore è apparso più volte in pubblico con gonne, gioielli, abiti in pizzo o paillettati.
Le proposte fluide per uomo
Dunque la genderless fashion porta in passerella capi fluidi, adatti a ogni corpo e ogni genere, senza distinzioni, etichette o pregiudizi. Lo hanno fatto nelle capitali della moda Raf Simons, disegnando modelli maschili con abiti e smalto, e Maison Margiela che ha proposto gonne e stivali alti sia per uomini che per donne; tacchi alti in versione maschile li ha lanciati con disinvoltura anche Christian Louboutin.
Mentre a far sfilare modelli in shorts ultracorti e maxi stampe floreali ci ha pensato Valentino battuto da bermuda ancor più corti firmati da Prada visti all’ultima sfilata uomo “Fluid Form” per la Primavera Estate 2024. Ma la moda genderless più preziosa resta quella di Dior, con cristalli e perle applicati sui tagli sartoriali maschili che cede il passo ai drappeggi e alle scollature profonde per l’uomo Saint Laurent.
La risposta androgina femminile
Sul versante femminile la risposta arriva da stilisti come Armani che veste la donna con giacca corta doppiopetto con bottoni dorati e cuciture a contrasto sui polsi, camicia da smoking e pantaloni con doppia piega. In dolcevita stretch e pantaloni, sormontati da blazer con corpetto integrato, appaiono le donne in carriera proposte da Schiapparelli, mentre Chanel si fa portavoce di tendenze androgine proponendo tweed con camelie a contrasto su bermuda coord.
E se i look maschili Dior sono all’insegna della fluidità di genere, anche quelli femminili cavalcano quest’onda sfoggiando bluse in popeline di cotone effetto stropicciato e pantaloni in denim di cotone con profili a contrasto. Il tutto condito da un pizzico di mascolina femminilità, – volendo essere fluidi anche nel linguaggio -, servita su un piatto d’argento dalla cravatta Dior.