Un’antica istituzione al centro della città di Napoli, incastonato come una pietra preziosa nel complesso monumentale di piazzetta Mondragone, sopra i quartieri Spagnoli. Centro accreditato della Regione Campania di Orientamento e Formazione Professionale, il Museo della Moda si occupa della tutela e della valorizzazione dell’arte tessile campana, antica e contemporanea, una  politica di apertura al territorio, attraverso collaborazioni e promozioni culturali che si intrecciano perfettamente con il moda, un museo che ripercorre la storia della moda dal 700 ad oggi. Dalla tradizione all’innovazione, senza tralasciare la realtà locale e nazionale, la storia di questa antichissima struttura ripercorre gusti e tendenze della moda degli ultimi secoli.

LA STORIA DEL MUSEO DELLA MODA DI NAPOLI

Il passato del Museo è strettamente legato alla condizione sociale della città partenopea a partire dal seicento. Nacque infatti tra gli istituti che all’epoca affiancavano i monasteri per far fronte alla dilagante crisi economica e politica che non risparmiò Napoli. In particolare, questo tipo di organizzazione, si occupava del recupero di donne di diversa estrazione sociale, povere o decadute, che non riuscivano ad essere accolte nei monasteri per dote inadeguata. Le funzioni assistenziali di questi enti erano molteplici, andavano dal sostentamento primario, all’educazione ed insegnamento delle arti femminili, quali il cucito ed il ricamo.

Da questa situazione storica, nel 1655, la Duchessa Elena Aldobrandini,

moglie del duca di Mondragone, Antonio Carafa della Stadera, creò questo “Ritiro per Matrone Vergini e Oblate”, ossia rifugio per nobildonne decadute. Una sorta di collegio al quale la Duchessa riuscì a garantire discreta autonomia economica attraverso donazioni di privati e lasciti di mobili e preziosi.

Nel 1870 la monarchia sabauda riconobbe il ritiro come Il “Real Istituto di Mondragone”, un ente morale dipendente dal Ministero per la Pubblica Istruzione. Da quel momento si trasformò da istituzione conventuale a collegio per le orfane e per le “vedove di civile condizione”. La missione del complesso si concentra sulla funzione educativa e formativa delle ospiti ed ha mantenuto nei secoli  l’esercizio delle attività concernenti il tessuto ed il ricamo. Nel 2003 l’Istituto, chiamato, appunto, Fondazione Mondragone, dal nome della fondatrice, la Duchessa di Mondragone Elena Aldobrandini, divenne Polo della Moda della Regione Campania grazie alla stipula di un protocollo d’intesa con la Regione: venne così inaugurato il Museo del Tessile e dell’Abbigliamento “Elena Aldobrandini”.

STORIA E  AVANGUARDIA CONTEMPORANEA

Il ruolo sociale del Museo della Moda di Napoli è attivo e riconosciuto costantemente dalla sua creazione ad oggi. L’istituzione, unica nel suo genere, ripercorre la storia della moda attraverso un’incredibile varietà di opere tessili, l’haute couture o prêt-à-porter, abiti da cocktail o da sposa, fino ad arrivare ad accessori di raffinata manifattura quali guanti, cappelli, ventagli. Nel museo si trovano anche lasciti di antiche famiglie napoletane che hanno deciso di condividere il pregiato patrimonio familiare con l’intera cittadinanza.

LA MODA AL CENTRO DEI VARI SAPERI

Tra gli obiettivi del Polo napoletano ci sono la preservazione e la divulgazione della storia della moda femminile ma soprattutto la promozione delle abilità artigianali per la creazione di prodotti di pregio che contribuiscono a mantenere nel mondo il primato del Made in Italy e, naturalmente, del Made in Campania. L’importanza della manualità e della raffinatezza degli articoli tessili restano centrali, ma sono da tutelare sempre in un’ottica avanguardista, come spiega la Presidente Maria D’Elia in questa intervista esclusiva dedicata ai nostri lettori.

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Dottoressa D’Elia, perche ha definito multifunzionale la politica che ha adottato nella gestione del Museo? In che modo l’abito e la sua storia, si allargano a numerosi ambiti della cultura e dell’arte?

La nuova politica del Museo ha riscosso grande successo non solo a livello locale ma anche in ambito nazionale e internazionale. L’impostazione che abbiamo inteso è improntata su un concetto di multidisciplinarietà: la moda al centro dei vari saperi. Per esempio, l’anno passato ha riscosso molto successo – e, si ripeterà quest’anno -, l’edizione dedicata alla lirica e al costume, ad opera di giovani artisti che hanno svolto la propria attività nei teatri più importanti d’Italia, come La Fenice di Venezia. E’ stato interessante collegare la storia del costume alla letteratura. Abbiamo infatti presentato un romanzo a cura di Alfredo Guarino, nel quale, si narra la storia di una giovane veneta che viene accolta in un harem di un sultano nei pressi di Istanbul e, a corredo, ha fatto seguito una mostra di abiti, alcuni di fattura veneziana, altri turca.

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In questi ultimi  anni avete coinvolto giovani che forse sono spesso fuori da certi ambiti ma che sono il seme di innovazione e creatività. Come sta rispondendo il territorio e quali sono stati gli sviluppi ed i risultati fino ad oggi?

Partendo dal concetto di museo partecipativo e inclusivo, stiamo elaborando dei percorsi con le università, con le quali, abbiamo stipulato protocolli di intesa. In questo ambito abbiamo attivato una partecipazione concreta degli studenti universitari alle iniziative e alla storia del nostro museo. Il 19 aprile, in particolare, terremo un seminario con l’università Parthenope sul tema: “Il Museo e la Rete – La Moda tra Innovazione e Management”.

A conferma dell’attenzione che il Museo ha verso la contemporaneità, c’è la programmazione di un evento dedicato all’ecosostenibilità. Qual è la sua posizione in tal senso e cosa tratta l’evento?

La moda non è status ma ricerca sostenibile e trasversale, al passo con le rinnovate esigenze della società. In tale ambito ci sarà un’esposizione di fotografie a cura di Vittoria Maione. La mostra è volta a narrare una storia, fondata su uno sguardo produttivo che diviene attento e coscienzioso verso le tematiche ambientali. Uno dei protagonisti di questo racconto fotografico appartiene alla “generazione alpha”, in rappresentanza dei futuri abitanti del nostro mondo, a cui, occorre impartire nuove regole di vita.

storia museo moda napoli | Life&People Magazine É importante dar loro il buon esempio, insegnandogli ad amare il pianeta che ci ospita. Così l’amica immaginaria di un giovane personaggio, indossa capi di moda ecosostenibile e, attraverso giochi nella natura dando da bere alle piante nella serra, diviene una guida “verde” per il  bambino. Le foto simboleggiano i momenti cruciali: l’apparizione dell’amica immaginaria, la sua presenza sulle rive di un piccolo ruscello, il picnic sotto il ciliegio, e così via fino all’ultimo scatto.  La modella indossa capi di designer che lavorano nell’ottica della sostenibilità ambientale, con processi di upcycling e recupero creativo. 

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La conversione a produzioni eco friendly, può essere anche un’occasione di crescita economica per l’industria tessile?

Certo, lo credo fermamente. Il tema è stato affrontato anche all’interno del MODEC – tavolo moda della Regione Campania -, tra i cui componenti ci sono molte imprese del tessile che intendono elaborare un programma, in collaborazione con la Regione, che veda la Campania protagonista nei processi produttivi. 

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