Un corto per raccontare una tradizione tutta italiana, da alcuni bistrattata, da altri amatissima. Non si sa bene da dove provenga realmente la storia della “Scarpetta“, ovvero il gesto di “pulire” il piatto con una gustosissima fetta di pane, fatto sta che la regista Simona Tarasco ha realizzato proprio un cortometraggio sull’argomento, tanto da essere invitato per la presentazione al prossimo Ischia Film Festival insieme a Joanne Palmero, la protagonista. Ripercorriamo le origini della Scarpetta, usanza nata (a quanto pare) nel sud Italia e oramai sdoganata, in barba alle regole del Bon-Ton, anche nei ristoranti di alto borgo.

Un’origine incerta

Ad oggi non esiste nessun documento in grado di collocare il gesto della scarpetta in un chiaro e soprattutto contesto storico. Nel dizionario della lingua italiana infatti la parola compare soltanto alla fine dell’Ottocento, precisamente nel 1897, anche se alcuni studiosi ne hanno rintracciato l’uso anche a metà dell’Ottocento, desumendolo da testi di estrazione per lo più popolare. Per questo motivo saremo obbligati a ragionare all’antica, affidandoci esclusivamente alle dicerie e i racconti del popolo a noi rimasti fino a questo momento.

Partiamo dal principio: da un punto di vista meramente pratico,

con “fare la scarpetta” si intende il gesto di ripulire il sugo (o la salsa e il liquido lasciato da una pietanza) ancora presente nel piatto con l’ausilio del pane.  A tal proposito ci sono due credenze legate al termine “scarpetta“. La prima, in realtà più suggestiva che altro, riguarda la forma che prende il pane una volta schiacciato per assorbire il liquido presente nel piatto, per alcuni riconducibile effettivamente alle geometrie di una scarpa.

Storia della scarpetta Life&People MagazineLa seconda riguarda invece il paragone tra trascinare il tozzo di pane per prendere quanto più cibo possibile a quello delle scarpe che, strisciando a terra, raccolgono e raggruppano tutto quello che trovano. A queste due si aggiunge una teoria più radicata, strettamente legata al sud Italia.  Secondo alcuni infatti “Scarpetta” sarebbe semplicemente l’evoluzione linguistica di “scarsetta”, termine utilizzato nel meridione per alludere alla condizione di povertà che costringeva il popolo ad accontentarsi di poco evitando qualsiasi tipo di spreco.

Il galateo non vieta la scarpetta, ma ci sono delle regole

La scarpetta, per quanto gustosa, non è mai stata vista particolarmente di buon occhio dal galateo. Secondo le regole del Bon-Ton infatti non è una pratica vietata, anche se necessita di alcune accortezze che hanno a che fare proprio con il gesto. Le buone maniere infatti impongono sempre a tavola l’ausilio di una forchetta per ripulire il piatto, a condizione però che ci si ritrovi in un contesto informale e non particolarmente elegante.

Storia della scarpetta Life&People MagazineMa l’usanza di evitare di fare la scarpetta per risultare inadeguati o maleducati con il passare del tempo ha cominciato ad avere meno seguito. Nei ristoranti di classe, anche i pluri stellati, non è difficile notare una lunghissima serie di “trasgressori” intenti a gustare la salsina o il sugo del piatto accompagnandolo a una fetta di pane caldo fatto in casa, spesso incoraggiati dallo stesso personale di sala: un modo questo per scardinare regole e abitudini in nome del piacere e del buon gusto.

La scarpetta come segno di libertà nel corto di Simona Tarasco

Ed è proprio in questa metafora di libertà che rientra pienamente il cortometraggio di Simona Tarasco.
Nel piccolo prodotto audiovisivo infatti la protagonista Palmero compie un piccolo viaggio sensoriale alla scoperta dell’apprezzamento e del piacere. La scarpetta diventa infatti per l’attrice francese un gesto di desiderio, una comunicazione non verbale per spingersi oltre in nome del gusto e della libertà, quindi dell’indipendenza. Qualcosa di molto profondo, legato da una tradizione semplicissima e di lunga data.

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