Il Maestro del body horror esplora altre arti visive, mantenendo ben alta la propria espressione artistica. Dopo il messicano Inarritu e lo statunitense Wes Anderson è adesso David Cronenberg a inondare di bellezza la Fondazione Prada di Milano. Il regista canadese ha firmato infatti per il celeberrimo spazio espositivo meneghino “Cere anatomiche”, mostra in scena fino al prossimo 17 luglio realizzata dal cineasta con La Specola, parte del Museo di Storia Naturale e del Sistema Museale di Ateneo dell’Università di Firenze, dove alcuni pezzi sono reinterpretati dal cineasta, abile a raccontare tutto il suo mondo attraverso un’esplorazione inedita della macchina da presa.
I modelli settecenteschi secondo Cronenberg alla Fondazione Prada
Il progetto, fortemente voluto dalla Fondazione Prada, ha l’obiettivo di far conoscere le collezioni più importanti provenienti da dei musei “ospiti” offrendo però una reinterpretazione in chiave meramente contemporanea. In questo caso dunque Cronenberg si è servito de La Specola di Firenze, collezione storica creata nel 1775 e al momento chiusa per lavori di ristrutturazione. Si tratta fondamentalmente di uno dei musei scientifici più antichi d’Europa che ospita oltre 3,5 milioni di reperti animali e soprattutto la raccolta più ampia al mondo di cere anatomiche del XVIII secolo e la collezione del ceroplasta siciliano Gaetano Giulio Zumbo. Un soggetto dunque di grande fascino, allestito nel Podium della Fondazione con un approccio tipicamente museale curato dall’agenzia creativa Random Studio con un fortissimo impatto visivo.
Pane per i denti del regista che, fin dai suoi esordi, ha sempre condotto una ricerca sulla carnalità, sciorinata in questo contesto con una riflessione dal sapore filosofico. Nell’esposizione sono riunite tredici ceroplastiche, tutte ritraenti modelli femminili dissezionati a scopo didattico per lezioni di anatomia, utili per puntare i riflettori sul modo in cui il corpo delle donne veniva rappresentato ai tempi, dove vigeva chiaramente una società patriarcale. Si tratta di corpi epilati, adornati da fili di perle con labbra socchiuse e capelli acconciati secondo la tradizione del XVII secolo, già alla base involontariamente (o forse no?) artistici anche se destinati alla scienza.
La riflessione del regista
E proprio su questo ultimo elemento si è concentrato David Cronenberg in fase di presentazione, ponendo l’accento sulla particolarità dell’epoca di realizzare i corpi con un’espressione facciale non sofferente, bensì più vicina al concetto di estasi: «Le figure di cera della Specola furono create prima di tutto come strumento didattico, in grado di svelare i misteri del corpo umano a chi non poteva accedere alle rare lezioni anatomiche con veri cadaveri tenute nelle università e negli ospedali. Nel loro tentativo di creare delle figure intere parzialmente dissezionate, il cui linguaggio corporeo ed espressione facciale non mostrassero sofferenza o agonia e non suggerissero l’idea di torture, punizioni o interventi chirurgici, gli scultori finirono col produrre personaggi viventi apparentemente travolti dall’estasi. È questa sorprendente scelta stilistica che ha catturato la mia immaginazione: e se fosse stata la dissezione stessa a indurre quella tensione, quel rapimento quasi religioso?».
Seguendo questa riflessione appare particolarmente fascinoso il cortometraggio,
dal titolo lunghissimo (our Unloved Women, Adrift on a Purposeless Sea, Experience the Ecstasy of Dissection –Quattro donne mai amate, alla deriva su un mare senza scopo, sperimentano l’estasi della dissezione) realizzato dal Maestro appositamente per questa collezione, visibile al piano terra dell’edificio. L’intuizione di Cronenberg è stata infatti quella di selezionare quattro cere per farle galleggiare in tutto il loro candore in una piscina dall’acqua azzurrissima, funzionale per esaltare ancora di più la brillantezza della pelle e volgere lo sguardo proprio su quell’espressività estatica scaturita dal corpo che si disseziona.
Una visione altamente impattante che smuove l’animo dei visitatori, offrendo dunque effettivamente una nuova sfaccettatura di un’opera del Settecento. L’arte che reinventa l’arte. Impossibile non rimanerne affascinati, anche se non si è ammiratori del Body Horror.
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