Un’espressione ancora non conosciuta a pieno ma che sta entrando sempre di più nel vocabolario comune. Era il 2022 quando Cosmo, ospite de La Rappresentante di Lista nella serata delle cover al Festival di Sanremo insieme a Ginevra e Margherita Vicario, durante la performance ha pronunciato un fragoroso “Stop Greenwashing” davanti a milioni e milioni di telespettatori. Un gesto attivista non indifferente ma che non ha generato i risultati sperati. Tuttavia oggi, dopo un anno di politiche divulgative e sempre puntuali, sono sempre più le persone che cercano di interessarsi a un fenomeno preoccupante, da estinguere per le generazioni future. Ma che cos’è il greenwashing, e quali sono i motivi per cui se ne parla sempre di più, soprattutto nella moda?
Cos’è il greenwashing? Un inganno verso gli acquirenti
Per Greenwashing si intende la volontà diretta da parte di un’azienda di spacciare per ecosostenibili i propri prodotti, cercando di occultarne l’impatto ambientale negativo spesso con informazioni ingannevoli. Nella moda questo si declina soprattutto nelle etichette. Spesso infatti ad esempio il cliente si imbatte in pubblicità di prodotti in cotone riciclato oppure organico ma che, nella realtà, presentano soltanto una piccola porzione di tessuto riciclato. Un modo per attrarre pubblico paventando un’attenzione verso le politiche green in realtà quasi del tutto inesistenti.
Come sta intervenendo la Commissione Europea?
L’obiettivo della Commissione è chiaramente quello di offrire tramite criteri comuni maggiore chiarezza ai consumatori, i quali dovranno essere rassicurati circa il reale impegno verso le politiche green del prodotto che si intende acquistare. Un intervento che andrà anche a favore delle aziende: con questo tipo di approccio infatti solo quelle veramente virtuose potranno essere riconosciute e premiate dai consumatori permettendo di conseguenza un incremento rilevante in termini di vendite. Sono sostanzialmente tre gli obiettivi presenti nella proposta di legge:
- La prima riguarda le cosiddette “Autodichiarazioni ambientali” delle aziende, le quali dovranno essere necessariamente certificate in modo indipendente e convalidate esclusivamente con un tipo di approvazione scientifica.
- La seconda è quella di cancellare e vietare tutte quelle autodichiarazioni e marchi che utilizzano il punteggio aggregato dell’impatto ambientale complessivo: i confronti tra prodotti dovranno essere fondati su informazioni e date equivalenti e non sommarie
- In ultimo, ci sarà il divieto di proporre nuovi schemi di etichettatura, a meno che non si possa dimostrare una maggiore ambizione ambientale rispetto a quelli già esistenti.
Greenwashing: attenzione al carbonio
Particolare attenzione sarà rivolta inoltre anche al carbonio. La Commissione UE ha infatti notato un’eccessiva ambiguità anche sul delicatissimo tema basato sul clima in rapporto alle compensazioni carbonio o a crediti di carbonio, riconducibile ai claim “Climate neutral” o “Carbon neutral” presenti nelle etichette. La volontà da parte degli organi competenti sarà quella di portare le aziende a concentrarsi sulle strategie di compensazione e sulla riduzione delle emissioni nella loro fase di produzione. Per questo motivo con molta probabilità verranno introdotti nuovi requisiti per verificare l’effettiva autenticità della compensazione e la modalità di realizzazione.
Quale sarà il prossimo passo?
Avanzata la proposta, la palla adesso passerà al Parlamento Europeo, chiamato a discutere sui temi trattati dalla commissione. Pur non essendoci ancora alcuna notizia riguardo le tempistiche di approvazione sembra che la discussione a Bruxelles comincerà nel più breve tempo possibile, in modo da mandare un segnale molto chiaro a favore di un’operazione di fondamentale importanza, decisamente ostica da affrontare ma necessaria per la sopravvivenza del nostro pianeta.
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