La loro ospitata all’ultimo Festival di Sanremo è stata apprezzata da tutti. Con un pirotecnico medley, i Pooh, una delle band più importanti della storia musicale italiana hanno fatto sognare ancora una volta tutto il Paese: un rock di qualità e innumerevoli canzoni che rimarranno impresse nella nostra memoria per sempre. E la festa continuerà la prossima estate con due scoppiettanti concerti organizzati allo stadio Olimpico di Roma e a Milano San Siro. Ripercorriamo il percorso del gruppo, da cinquant’anni sulla cresta dell’onda tra gioie, abbandoni, lacrime e tanta, tantissima musica. 

I primi passi

Il cammino dei Pooh parte a Casalecchio Di Reno, nel bolognese, con un asset completamente diverso rispetto a quello che conosciamo oggi. Nel 1966 la formazione è composta infatti da Valerio Negrini alla batteria, Mauro Bertoli e Mario Goeretti alle chitarre, Bob Gillot alle tastiere e Riccardo Fogli al basso. Nel mese di febbraio il complesso pubblica il primo 45 giri, “Vieni fuori”, per poi prendere parte nello stesso anno al Festival delle Rose presentando “Brennero 66”, pezzo che subisce però la censura per il tema trattato, ovvero il terrorismo altoatesino.

Storia Pooh Life&People Magazine

Ma già nel 1967 avviene la prima mutazione

Uno dei fondatori, Mario Bertoli, dopo aver conosciuto e sposato una giovane ballerina brasiliana sceglierà di abbandonare la carriera musicale, prima ancora Bob Gillot viene sostituito da Roby Facchinetti. Divenuti a tutti gli effetti un quartetto dunque i musicisti conoscono per la prima volta il grande successo, ottenendo un consenso importante nel 1968 con “Piccola Katy”, brano che li porterà in lungo e in largo per l’Italia in un tour che si rivelerà stressante, tanto da spingere un altro componente, Mario Goretti, ad abbandonare la formazione per dedicarsi a una vita più tranquilla. A sostituire Goretti sarà un giovanissimo Dodi Battaglia, all’epoca neanche diciassettenne.

Un fardello da estirpare e un’uscita di scena importate

Malgrado il buon successo i Pooh non erano soddisfatti. La loro ricezione, soprattutto da parte dei media, era confinata prettamente a un pubblico che oggi potremmo definire teen, troppo poco per dei bravi musicisti con ambizioni così importanti. Per cercare di ovviare il problema la band passa alla casa discografica CBS, lavorando a stretto contatto con il producer Giancarlo Lucariello. Sarà l’inizio del trionfo totale. Arriveranno infatti grandi soddisfazioni con banger del calibro di “Tanta voglia di lei” e “Pensiero”.

Ma la consacrazione arrivea con “Opera prima”, quarto album della band pubblicato nel 1971 rimasto celebre per fondere la sinfonia con la melodia prettamente italiana. Nello stesso periodo anche il batterista Negrini decide di abbandonare il palco, rimanendo però nel team in qualità di paroliere e venendo quindi sostituito da Stefano D’Orazio, musicista apprezzato per la sua esperienza con altri gruppi. È il preludio dell’exploit anche fuori dai confini dello stivale, complice la pubblicazione de “Noi due nel mondo e nell’anima”, piccolo capolavoro che ottiene enorme seguito soprattutto in Sudamerica.

Storia Pooh Life&People Magazine

Ma proprio nei primi anni Settanta si verifica un’uscita di scena inaspettata. Riccardo Fogli infatti, notando il consenso sempre più importante e seccato da alcune dinamiche interne dovute soprattutto alle distribuzioni delle parti soliste, decide anche lui di lasciare il progetto per intraprendere la carriera da solista. Un momento delicatissimo per i Pooh che, per un periodo, credono addirittura di essere costretti a sciogliersi, salvo poi conoscere Red Canzian, selezionato dopo dei casting lunghissimi. Seguiranno dunque due album accolti con un’apoteosi: “Parsifal” (1973) e una raccolta “Pooh 1971-1994” che chiude il periodo più florido della formazione.

La storia dei Pooh: problemi e trionfi

Lo splendido rapporto con Lucariello si interrompe bruscamente nel 1975, con il produttore che si rivela non più in grado di seguire i successi di una band che, con determinazione, decide di non affiancarsi a nessun altro professionista, scegliendo invece l’autoproduzione. Una intuizione vincente, visto il successo di vendite di “Poohlovers” (ancora oggi uno dei dischi più venduti della band) e di “Rotolando respirando”, LP che contiene l’intramontabile “Dammi solo un minuto” e che li spinge a firmare un nuovo contratto discografico con Sugar, distccandosi dunque dalla CBS.

Storia Pooh Life&People Magazine

Dopo una parentesi non floridissima in cui gli artisti, seguendo il filone dei primi anni Ottanta, decidono di buttarsi su alcune canzoni in lingua inglese, i Pooh ritrovano enorme lustro grazie a a “Buona fortuna”, disco rimasto celebre soprattutto per contenere al suo interno “Chi fermerà la musica”. I festeggiamenti per i 20 anni di carriera saranno in pompa magna: Roby, Francesco, Dodi e Stefano vengono infatti nominati Cavalieri dal Presidente della Repubblica, oltre che essere ritratti nel Museo delle cere di Roma. Ma malgrado il successo trionfale, ai quattro ragazzi mancava ancora un ultimo prestigioso riconoscimento, fondamentale per il nostro Paese, poi conquistato nel 1990.

Il trionfo a Sanremo 1990 e le ultime soddisfazioni

Ebbene sì. Nella bacheca dei Pooh mancava soltanto l’iconico leoncino d’oro, ovvero il primo premio del Festival di Sanremo. Detto-fatto. Nel 1990, alla prima partecipazione in assoluto della storia, la band vince la rassegna con un altro monumentale capolavoro del suo repertorio, “Uomini soli”, episodio rimasto per sempre scolpito nella memoria collettiva. Seguiranno poi nel corso degli anni Novanta altri due capitoli discografici degni di nota, “Il cielo è blu sopra le nuvole” (1992) e “Amici per sempre” (1996).  I trent’anni di carriera si celebreranno invece con la prima biografia ufficiale, “Quello che non sai”, curata insieme al giornalista Franco Dassisti.

L’ascesa dei Pooh sembra non arrestarsi mai

Il gruppo infatti rimarrà costantemente sulla cresta dell’onda, pubblicando con regolarità album fino agli anni 2000 concedendosi anche il lusso di portare fortuna all’Italia intera nel 2006, realizzando “Noi con voi”, canzone utilizzata dalla RAI come sigla per le partite della Nazionale di calcio in occasione degli indimenticabili Mondiali. Nel 2009 però Stefano d’Orazio, dopo una vita passata sul palcoscenico, decide di abbandonare i propri amici. Ma Facchinetti, Battaglia e Canzian decidono di proseguire la loro avventura, continuando a rilasciare nuovi dischi e intraprendendo diversi concerti insieme al nuovo batterista, Steve Ferrone.

Life&People Magazine

All’Olimpico e a San Siro tutti canteranno la storia dei Pooh

L’ultimo decennio della storia dei Pooh sarà invece contrassegnato da diversi progetti incentrati su reunion e concerti speciali. Nel 2015 infatti viene annunciato il ritorno temporaneo in formazione sia di Stefano D’Orazio che di Riccardo Fogli. Il quintetto storico chiuderà quindi definitivamente la propria avventura con un trionfale concerto andato in scena il 30 dicembre 2016 all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno, cittadina dove è iniziato tutto. Quattro anni dopo D’Orazio, in seguito a delle complicazioni scaturite dall’infezione da Covid-19 salirà in cielo, lasciando un vuoto incolmabile.

Life&People MagazineArriviamo quindi al 2023, anno dell’ennesima festa. I Pooh infatti celebreranno ancora una volta il loro cammino il 6 e il 15 luglio, rispettivamente a Milano e Roma, con due live-evento in cui proporranno le canzoni più rappresentative del loro repertorio. Canzoni semplici, eseguite con maestria, che rappresentano a pieno tutta la stordente bellezza di un gruppo che ha saputo raccontare e accompagnare l’Italia per praticamente cinquant’anni, non lasciandola mai sola.

Leggi anche: L’ultima pazzia di Laura Pausini: tre concerti in 24 ore per celebrare 30 anni di carriera

Condividi sui social