Non ha deluso le aspettative Chiara Ferragni; i look indossati durante il Festival di Sanremo 2023 nella serata di apertura sono destinati a rimanere per sempre negli annali della kermesse, complice una ricerca iniziata lo scorso giugno e un grande significato celato dietro ogni outfit. L’imprenditrice digitale, ha dimostrato di essere perfettamente inserita in un contesto così importante, facendo parlare i propri abiti firmati dalla maison Dior (Maria Grazia Chiuri, Direttrice Creativa, era presente in sala) e portando sul palco dei messaggi che, per quanto possano risultare per qualcuno ovvi, è stato giusto rimarcare davanti a una platea di oltre dieci milioni di telespettatori.
Look d’apertura: “Pensati libera”
Il primo abito sfoggiato da Chiara Ferragni rappresenta una vera e propria dichiarazione d’intenti. Dopo il secondo artista in gara, – gIANMARIA -, Amadeus e Gianni Morandi annunciano la celebre influencer che appare sulla scalinata girata di spalle, mostrando una stola bianca con la scritta “Pensati libera“. Sarà il leitmotiv di tutta la narrazione della Ferragni, un messaggio da inviare a tutte le donne desiderose di poter vivere la propria vita senza pensare a cosa viene imposto dalla società. L’abito è un modello a corolla in seta nero ideato dalla stessa imprenditrice e da Fabio Maria Damato, impreziosito da gioielli en pendant e da un paio di orecchini ricoperti di pietre luminosissime.
L’ispirazione è alta: la realizzazione del capo è stata a lungo analizzata un’opera di Claire Fontaine, concept artist parigina che nel lontano 2014, dopo una marcia delle donne a Genova ha trovato scritta su un muro questa scritta potentissima, tanto da utilizzarla per una sua creazione.
La seconda uscita: l’abito senza vergogna
Si tratta del look più importante di tutta la serata, destinato a rimanere impresso nella nostra memoria a lungo. L’abito senza vergogna è una creazione realizzata in tulle color carne disegnato sul corpo della content creator, che crea un effetto nude reale e autentico. L’obiettivo? Liberare le donne dal senso di vergogna che aleggia, ogni giorno, fin dalla creazione del mondo ogni qual volta vogliono esprimere la propria personalità anche attraverso il proprio corpo e la propria sensualità.
Strategico anche il momento in cui Chiara ha indossato l’abito, ovvero quello riservato al suo toccante monologo, una lettera scritta alla Ferragni bambina, espediente per parlare di argomenti delicatissimi, di cui riportiamo il passaggio più significativo:
«Noi donne siamo abituate a farci piccole davanti a uomini duri. Se non mostri il tuo corpo sei una suora, se lo mostri troppo sei una prostituta. Essere una donna non è un limite, dillo alle tue amiche e lottate insieme ogni giorno per cambiare le cose. Io ci sto provando, anche in questo momento».
Il terzo abito: contro l’odio
E proprio quel senso dell’odio è diventato il concept chiave del terzo look sfoggiato. Si tratta di un capo d’alta moda bianco con scollo asimmetrico sul decolté contrassegnato da un sensuale spacco laterale e dalla ricamatura in nero delle frasi più cattive rivolte all’influencer nei commenti sotto ai suoi post su Instagram, alcune di queste ricamate con perle nere per accentuare le espressioni più sessiste. A completare l’outfit gioielli splendenti della maison Bulgari.
Chiara Ferragni e il significato del look finale della prima serata di Sanremo: l’abito gabbia
Rompere la barriera del patriarcato, scardinare le abitudini, lottare per l’emancipazione, liberarsi dagli stereotipi. Per le battute finali della prima serata Maria Grazia Chiuri ha pensato ad un abito confezionato pensando a un’altra ispirazione di natura artistica pescato direttamente da un’opera di Jena Sterbak. Un outfit splendido, tempestato di cristalli con una tutina in jersey aderente coperta da una gonna-gabbia in crinolina a vita alta realizzata con un tessuto trasparente idoneo per lasciare tutta la silhouette in vista. Ma al momento della lettura della classifica provvisoria Chiara ha rimosso la gonna-gabbia, liberandosi metaforicamente anche da tutte le imposizioni della società, chiudendo dunque il cerchio di uno storytelling narrativo che non dimenticheremo facilmente.
La forza della donna come armatura
Lo storytelling di Ferragni incentrato sulla sfera femminile è proseguito anche in occasione della serata finale, i cui look sono stati curati interamente dalla maison Schiaparelli. A differenza del racconto intrapreso con Dior, stavolta a parlare in modo più netto non sono gli abiti, bensì gli accessori, di grande potenza evocativa.
Il primo outfit non a caso è un abito in satin blu cobalto caratterizzato da una fascinosa armatura dorata, simbolo della donna madre e guerriera, direttamente ispirata a un altro capo progettato da Daniel Roseberry, Direttore creativo della maison francese.
L’omaggio a Yves Klein
Per il secondo look l’imprenditrice ha invece scelto ancora le tonalità dell’oro e blu cobalto, citando in modo diretto le donne del pittore Yves Klein, una delle opere più evocative che rimanda a una riflessione sul corpo femminile concettuale e profondo.
Il look più rivoluzionario
Di enorme dirompenza il terzo look sciorinato. Coraggiosa nel scegliere un abito lungo in velluto molto sobrio, con una scollatura molto ampia che lascia spazio a una collana gioiello imponente rappresentante il corpo femminile e l’utero. Un modo (inedito per il contesto) per sostenere il diritto all’aborto e alla procreazione assistita. Outfit di rivoluzione vera.
La quadratura del cerchio
Tutto trova infine la quadra perfetta nel look conclusivo; altra, splendida creazione di complessità concettuale. Il capo infatti che risalta di più è il corsetto, tempestato da perle che creano una muscolatura addominale interamente ricamata. Messaggio chiarissimo: le donne devono essere forti e mostrare i muscoli, ogni giorno della propria vita. Curioso infine notare la differenza tra le mise delle due serate. Se nella prima puntata appariva tutto più didascalico, nella serata finale la Ferragni ha elevato ed allargato il suo concept, portandolo a un altro livello e sottolineando quanto la moda sia collegata a 360 gradi con tutte le arti. Un coinvolgimento prezioso.
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