Forte senso di comunità, valori di condivisione e sentimento di rivalsa ne sono i fondamenti. Emerso nella scena hip hop newyorkese degli anni Ottanta, lo stile di abbigliamento streetwear si è diffuso come tendenza moda coinvolgendo coloro che  si sentivano rappresentati da questa community inclusiva e vibrante.

Strade e moda: storia di un amore

Era il 2017 quando la moda streetwear faceva la sua ufficiale apparizione sulle passerelle, con la prima di tante collaborazioni tra due mondi paralleli e apparentemente inconciliabili. L’anno successivo il matrimonio tra street culture e moda di lusso veniva ufficialmente sancito dalla nomina di Virgil Abloh, padre fondatore di Off-White, a direttore creativo della maison di punta LVMH. Da li un susseguirsi di nuovi designers provenienti dal panorama street, chiamati alla guida di marchi storici ben distanti dalla cultura di strada. Kim Jones da Fendi e Dior, Nigo da Kenzo e Matthew Williams da Givenchy sono solo alcuni tra gli esempi più celebri. Un susseguirsi di collaborazioni, presto diventate una certezza nelle strategie di profitto delle maison, di felpe e t-shirt, sneakers, piumini e volumi over che diventano pilastri imprescindibili per la creazione di collezioni di successo.

streetwear e moda | Life&People Magazine

“Lo streetwear è una comunità, un gruppo di amici che condividono un legame. Passiamo tempo insieme agli angoli delle strade, litighiamo tra di noi e ci difendiamo l’un l’altro”.

Così Abloh lo definiva e, in virtù di questa descrizione, ne decretava la morte nel 2019. Colui che aveva per primo contribuito ad elevarlo dalla strada e portarlo nella moda di lusso, sottolineava la prematura scomparsa di quel valore di community che è il vero ethos del fenomeno e che sembra essere andato perduto con il compimento dell’evoluzione dello streetwear da fenomeno di nicchia a industria consolidata.

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Segnali di crisi

I tratti estetici, i materiali, i volumi e le collaborazioni hanno continuato però ad essere centrali nelle proposte dei brand fino alle collezioni Spring Summer 2023, quando qualcosa inizia a cambiare. Con le recenti sfilate uomo arriva l’ulteriore conferma: lo streetwear smette di dominare le proposte dei marchi, a favore di sartorialità e formalità, salta inevitabilmente all’occhio l’assenza delle sneakers. Dopo un decennio da regine incontrastate nel mercato delle scarpe, le sneakers sono attualmente soppiantate da modelli più classici e adattabili ai tagli sartoriali proposti per le linee maschili con Derby, mocassini e stringate apparse ripetutamente nelle passerelle di Milano e Parigi.

streetwear e moda | Life&People Magazine L’assortimento complessivo di sneakers è infatti diminuito, tra il 2019 e il 2022, del 5%. La scarpa sportiva entra così in una nuova fase, che i brand leader come Nike e Adidas devono saper sfruttare dopo che ha visto un mercato, abituato a tassi di crescita esponenziali, rallentare significativamente.

Ma lo streetwear è davvero morto?

Se dovessimo dare una risposta in base a ciò che si vede nelle strade e ai fatturati dei marchi, la risposta sarebbe negativa. Nel 2022 Supreme, di proprietà di Vf Corporation, ha generato entrate per 600 milioni di dollari (nel 2020 erano 500). Crescono poi i brand di nicchia, come Patta, Daily Paper e Corteiz che, con una strategia basata sulla scarsità numerica di prodotto fatturano grazie alla fedelissima community di adetti pronti ad accaparrarsi ogni drop. Più corretto quindi dire che lo streetwear si è evoluto mettendo da parte la centralità del prodotto e concentrandosi sulla sfera delle idee, un po’ come dimostrato dal già citato Williams nella recente sfilata di Givenchy.

Storia Virgil Abloh | Life&People MagazineCome se il sistema della moda avesse ormai assimilato gli insegnamenti della community capitanata da Abloh che lascia un’eredità tutt’altro che sepolta. Pensiamo ai pilastri della cultura steetwear. L’item come manifestazione di appartenenza, gli abiti da indossare come una dichiarazione di valori rappresentati da un logo, la commistione tra le arti e infine la centralità di designer lontani da una formazione classica e provenienti spesso da un background non legato alla moda; caratteristiche vincenti che, siamo sicuri, pur mutando non se ne andranno via facilmente.

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