Una notizia terribile ha colpito il mondo della moda: è scomparsa ieri -29 Dicembre- all’età di 81 anni Vivienne Westwood, la Regina del punk britannico. Un vero e proprio mito del fashion che ha lanciato in prima persona lo stile punk recuperando dalla storia e dalla tradizione inglese elementi divenuti poi moderni e contemporanei come il corsetto e la crinolina. Ribelle, visionaria, rivoluzionaria, straordinaria, la designer lascia in eredità l’audacia del genio e la maestosità delle sue creazioni. Il nostro commosso ricordo di Vivienne Westwood.
I primi passi
Nasce nel 1941 nel Derbyshire, in Inghilterra, da Gordon e Dora Swire. Nel 1958 però la sua famiglia si trasferisce a sud, a Londra, dove Vivienne intraprende un corso di studi in oreficeria e moda presso la Harrow School Of Art; tuttavia però non completerà il suo ciclo di formazione, intraprendendo una carriera da insegnante dedicandosi contemporaneamente anche alla creazione di gioielli, inizialmente venduti nel celebre mercato di Portobello.
Dopo aver sposato nel 1962 Derek Westwood (da cui prenderà il cognome) darà alla luce il figlio Benjamin, e da lì la vita della stilista cambierà in modo predominante grazie alla relazione con Malcom McLaren, personalità che poi diventerà il manager dei Sex Pistols. Dall’unione dei due nascerà un altro figlio: Joseph.
Il primo negozio e lo stile punk
Nel 1971 l’eclettica coppia compie un grande passo professionale, inaugurando al 430 di King’s Road il primo negozio, chiamato “Let it rock”. L’abbigliamento proposto esprimeva a pieno la personalità dei due, anticonformista e ribelle, contrassegnato da capi teddy boy con pelle nera e cerniere da motociclista. La grande intuizione di Vivienne Westwood fu però quella di cambiare i connotati alla creatività inglese, filtrando in modo chiaramente ironico e sarcastico sia l’iconografia britannica sia la moda tradizionale. Lo store, nel tempo, seguirà passo passo le influenze che ispireranno la designer, mutando anche il nome. Nel 1972 infatti il 430 di King’s Road si trasforma in “Too fast to live too young to die”, nel 1974 sarà invece “Sex”, grazie allo stile molto vicino al mondo fetish, passando poi per “Seditionaries” e “World’s end”, nominativo ancora oggi attivo.
Gli anni Settanta saranno fondamentali, in quanto segneranno il periodo dell’iconico stile punk, tendenza esplosa proprio grazie al suo contributo; eccezionale nel proporre abiti e accessori stravaganti e provocatori tanto da diventare proprio la divisa dell’intera sottocultura promossa anche dai Sex Pistols. Spille, borchie, t-shirt volutamente tagliate e sporche con stampe scabrose, catene, cinghie, cuoio e gomma, la Londra più eclettica di sempre strabordava di creatività, generando vere e proprie icone viventi.
Dalla strada alla passerella
La prima sfilata di Vivienne Westwood andò in scena nei primi anni Ottanta, – nello specifico nel 1981 -, con una collezione rimasta storica, ovvero “Pirate”. Qui avviene un altro passaggio fondamentale del percorso della stilista, la quale riuscirà a unire due universi lontanissimi, mischiando stile punk con la tradizione e tecnica dei costumi storici. Non a caso infatti l’artista porterà in auge e con nuova veste accessori come il corsetto e il faux-cul, elementi che sembravano non avere più linfa vitale.
Ma l’esplorazione della Westwood non si esaurirà; soltanto nel 1982, dunque l’anno dopo di “Pirate”, la designer realizzerà “Savage”, collezione fortemente incentrata su dei trend tribali utilizzando tessuti grezzi e cuciture non particolarmente definite. La cultura del terzo mondo sarà invece il focus centrale de “Nostalgia of mude”, collection in cui vengono scardinati tutti i codici esistenti, proponendo felpe con cappuccio e tessuti tagliati volutamente in modo estremamente grossolano.
Gli altri colpi di genio
Sono tanti, se non tantissimi, gli altri colpi di genio messi a referto dalla stilista nel corso degli altri. Negli scintillanti anni Novanta ad esempio, a seguito della vittoria dei British Fashion Award e del matrimonio con il suo studente di moda Andreas Kronthaler, Vivienne prosegue le sue sperimentazioni con il corsetto, ideando un design che modella il corpo valorizzandone i fianchi, oltre che con la crinolina, giocando poi inoltre con le imbottiture e con calzature impreziosite da tacchi a dir poco vertiginosi. Precedendo in magistrale e netto anticipo poi la tendenza degli anni zero, il genio britannico confeziona in “Anglomania” (stagione 1993-1994) l’unione tra la tradizione inglese e lo stile mascolino servendosi di mini kilt, tweed e tartan scozzese. Sua anche l’usanza di indossare la lingerie come mero abbigliamento esterno, inserendo i reggiseni sopra gli abiti, usanza ancora oggi molto in voga.
Altra collezione rimasta impressa nella memoria è la famosissima “Cafè Society”,
esposta al Grand Hotel di Parigi e caratterizzata da un connubio tra sensualità assoluta e stravaganza con tanto di abiti voluminosi, corpetti impettiti e scarpe altissime. Con l’avvento del nuovo millennio Vivienne, oltre a lanciare nuovi marchi-satellite e una linea di profumi, intraprende in modo ancor più definito una battaglia a sostegno dei diritti civili, schierandosi apertamente contro le amministrazioni di Tony Blair e dello statunitense Bush, uno spirito battagliero che l’ha distinta fino alla sua morte, avvenuta a causa di una lunga malattia che però non ha mai voluto rivelare pubblicamente.
Pregno di emozione il ricordo finale di Andreas Kronthaler, personalità che da alcuni anni aveva assunto anche la direzione creativa del brand, proprio nel momento dell’annuncio della morte della designer britannica:
«Continuerò con Vivienne nel mio cuore. Abbiamo lavorato insieme fino alla fine e mi ha donato tantissimo per poter andare avanti». Ciao, Regina del Punk: grazie di tutto.
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