Capelli rosso fuoco, occhi azzurri, pelle bianca come il latte. Sono questi i tratti con cui Ariel, l’indimenticabile Sirenetta della Disney,
si è impressa indelebilmente nella mente di centinaia di bambine in tutto il mondo. Non sorprende, dunque, che – quando la casa di produzione di Topolino ha svelato che a dare il volto alla protagonista del live action tratto dal cartone animato sarà la giovane cantante afroamericana Halle Bailey – si sia sollevato un polverone che fatica tuttora a sedarsi. Ma perché, si chiedono in molti, la Disney ha optato per una Sirenetta nera? La folta schiera degli appassionati si è divisa come il Mar Rosso, portando a fronteggiarsi entusiasti da una parte e iper pignoli dall’altra. Uno scontro che, proprio come un’onda, si è propagato sui social media, riaccendendo in un attimo il dibattito sul casting del live action. Perciò la domanda sorge spontanea. Una Sirenetta nera in Casa Walt Disney: portabandiera di inclusività e progresso, o maldestro tentativo politically correct?
La Sirenetta,#blacklivesmatter e TikTok: trailer che riaccende polemiche
Sono passati diversi mesi dalla chiacchierata pubblicazione del casting del live action de La Sirenetta, eppure la decisione di assumere una protagonista nera non sembra essere stata digerita da molti fan Disney. Evidentemente, la discussione in merito non si era mai davvero sedata. Era semplicemente passata in secondo piano. Ci sono voluti soltanto due minuti di teaser trailer e una manciata di battute dall’iconica canzone Part of Your World, infatti, per riproiettare #blackmermaid tra i primissimi posti dei trend topics mondiali.
Ma perché, dobbiamo chiederci, questa scelta da così fastidio?
C’è chi sostiene si tratti di razzismo latente, così profondamente inculcato nel nostro DNA di occidentali da essere ormai invisibile e non rintracciabile. Secondo altri, invece, si tratterebbe semplicemente di buon senso. A consegnarci l’immagine di una Ariel bianca e dai capelli rossi – resa pallida da una vita trascorsa negli abissi marini, lontana dalla luce del sole – sono stati decenni di immaginario collettivo, cultura pop, letteratura e svariati milioni in merchandising a tema. Senza contare che, per quanto datato, non si può nemmeno accusare il cartone animato del 1989 di essere razzista, visto che la Ariel di Hans Christian Andersen era verosimilmente danese come il suo autore. Il colore della pelle in sé, dunque, non centrerebbe nulla. Si tratterebbe di pura e semplice aderenza alla storia. Perché mancare di coerenza infarcendo una “quota diversità” laddove non è necessaria? Si tratta di una domanda che i poli opposti del #blackslivesmatter e degli spettatori sui social continuano a riportare a galla. Visto il dibattito che il trailer della Sirenetta ha scatenato su TikTok, Twitter e Instagram, quindi, non possiamo che chiederci: da che parte sta la verità?
Le quote “black” e “LGBTQ+” sul piccolo e grande schermo: la Sirenetta nera Disney è sintomo di cambiamento o di pregiudizio latente?
Il caso della “Sirenetta Disney nera” non è certo il primo a suscitare questo tipo di domande. Spinte da un mondo ipersociale e spietatamente duro contro chi esce dal gregge, infatti, sempre più case di produzione cinematografiche sono invogliate a inserire personaggi LGBTQ+, tematiche razziali o di identità sessuale nei loro script. Un fenomeno evidentissimo tanto sui cataloghi streaming quanto nei programma di sala dei cinema, o persino nell’elenco dei film in concorso al Festival del Cinema di Venezia 2022.
Tendenza che, se da un lato contribuisce giorno per giorno a demitizzare tematiche importanti e a normalizzare la diversità, dall’altra finisce spesso per essere additato come mera aderenza a mode e trend superficiali. Basti pensare, per esempio, all’analoga insurrezione che i fedelissimi di Tolkien hanno scatenato nel vedere un elfo di colore – una specie fantastica, sì, ma che nei libri è contraddistinta da una pelle quasi trasparente, lucente di un bagliore proprio – nella serie TV spin-off Gli Anelli del Potere. O della decisione di ingaggiare una Fata Turchina dalla pelle d’ebano nel live action di Pinocchio, da poco online su Disney+. Quando, quindi, si passa da genuino desiderio di rappresentare il diverso a indulgente contentino pensato solo per smarcarsi dalle accuse di razzismo? Il confine è quanto mai labile. Tuttavia, la risposta potrebbe celarsi nella mancanza o meno di coerenza con la storia che si vuole raccontare.
Ed eccoci ancora alla Sirenetta del live action Disney
Era davvero necessario che fosse nera? Si tratta davvero di una scelta dettata dall’accettazione o di una mossa per scatenare la discussione?
Halle Bailey tra contraddizione e inclusività in Casa Disney
È innegabile che personaggi fantastici come elfi, fate e sirene lascino carta bianca a produttori e sceneggiatori. Nessuna logica “umana” impone una scelta piuttosto che l’altra. Ma, d’altra parte, anche la logica narrativa di universi fantasy cementati da decenni di storia ha un suo peso nel realismo di un personaggio. Per questo, la decisione di offrire al pubblico una Ariel dalla pelle scura ha disorientato molti appassionati. Pur non degnandoci nemmeno di menzionare haters e trolls che hanno riversato sui social commenti irragionevoli e infamanti, non possiamo ignorare il fatto che il casting di Halle Baily prima e il trailer de La Sirenetta poi abbiano scatenato un dibattito molto interessante sul web.
«Voglio che le bambine come me sappiano che sono speciali e che dovrebbero essere principesse in tutto e per tutto». Così si era pronunciata l’attrice a suo tempo. «Non c’è motivo per cui non debbano esserlo».
Ma se in molte hanno twittato il loro entusiasmo all’idea di vedere una Sirenetta nera al cinema, altre hanno fatto presente che si tratta di una decisione decisamente borderline sul fronte del politically correct. Perché dare una parte “da bianca” (per definizione, visto che si tratta di un personaggio nordico) a un’attrice di colore? Perché tradire decenni di tradizione sul personaggio con una decisione incoerente? Si tratta di una gentile concessione o di un maldestro tentativo di spuntare la casella “diversità” nella produzione del film? E in entrambi i casi: un simile atteggiamento non è altrettanto velatamente razzista?
Il trailer de La Sirenetta e le reaction delle bambine nere su TikTok
Sono molti gli utenti social che hanno espresso la loro posizione al riguardo. Molte ragazze di colore, per esempio, avrebbero voluto che venisse raccontata la storia di una vera protagonista di colore. Non quella di una bianca riproposta come nera, come parafulmini per gli haters. Perché non investire, per esempio, nel live action di film davvero inclusivi come La principessa e il ranocchio o Encanto, piuttosto che riciclare parti fuori luogo? Può darsi che questo dibattito resti per sempre senza una vera risposta: troppe le tematiche e le questioni delicate in gioco. Dall’altra parte, però, il brusio di voci discordanti che lo animano viene soffocato da un suono più semplice e genuino. Lontano dai pregiudizi e dalla politica. Quello delle centinaia di bambine nere che – di fronte al trailer de La Sirenetta – scoppiano a ridere, entusiaste, indicando lo schermo quasi incredule. «È nera, è come me», esclamano in diversi video su TikTok. E dopotutto, forse, è proprio la loro la risposta giusta.