Gli studi parlano chiaro: almeno un italiano su due soffre della cosiddetta sindrome del rientro dalle vacanze, accusando una stanchezza continua, ansie, senso di tristezza e grande difficoltà di concentrazione. Ma perché avviene questo? E soprattutto, quali sono i procedimenti in psicologia per allontanare il cossidetto “Blues”, ovvero la malinconia e la sofferenza tipiche della sindrome?
Un rientro graduale per allontanare lo stress
Solitamente rientrano in questo tipo di sindrome i soggetti tra i venticinque e i quarantacinque anni di età, il cui stress varia a seconda del Paese di appartenenza. Per esempio negli Stati Uniti il 43% dei lavoratori avverte malessere al pensiero di dover tornare alla solita routine tanto da spingerli a non pianificare o a rinunciare (nei casi più estremi) alle vacanze.
Ma la ricetta per addolcire quanto possibile il rientro esiste: basta utilizzare alcuni accorgimenti utili per alleviare lo stress. Gli esperti in tal senso consigliano di non effettuare un passaggio brusco dalle vacanze alla routine lavorativa regolare. Sarebbe più consono infatti ritornare dalla ferie due giorni prima dell’effetiva fine, in modo da avere tempo, liberi dagli impegni, di riabituarsi al tran tran quotidiano, evitando di tuffarsi in commissioni pesanti o in altri tipi di impieghi stressanti proprio per resettare in modo graduale la propria psiche. Come in tutte le fasi dell’anno in aiuto arriva anche l’attività fisica, fondamentale per allontanare gli spettri, combinata con un tipo di alimentazione adeguata a far ossigenare e a mandare in detox anche il nostro cervello.
Concentrarsi sui propri hobby, trovarne di nuovi
Un’altra formula vincente potrebbe essere quella di focalizzare la nostra attenzione sulle nostre passioni e sui nostri hobby. Cadere nell’errore di aver “esaurito” il tempo a propria disposizione durante le ferie può portare infatti a grossi, se non grossissimi, sbalzi emotivi: anche nel momento più difficile lavorativamente parlando è importante non dimenticarsi del proprio benessere. Concediamo quindi delle ore del nostro tempo per soddisfare i nostri interessi, magari iniziando anche una nuova attività che può fungere da stimolo anche a combattere la monotonia quotidiana.
Settembre per molti è poi percepito come un effettivo inizio di “nuovo anno”: perché allora non stilare una bella lista di nuovi propositi e porsi degli obiettivi tangibili da realizzare entro i prossimi dodici mesi? Qualsiasi elemento può essere un traguardo: dall’inizio di un nuovo sport, alla pianificazione di un viaggio importante, alla visita di un museo o alla partecipazione a un concerto. Il tutto senza dimenticare neanche un secondo della fondamentale componente relazionale: uscire, svagarsi, fare conoscenza è il sale essenziale per non chiudersi eccessivamente sui canali lavorativi.
Attenzione a non esagerare, da ambo le parti
Necessario anche tenere in considerazione un aspetto importante, ovvero quello di cercare di previre quanto più possibile la sindrome senza però utilizzarla come fastidiosa “scusa”, magari sovracariccando il lavoro di altri colleghi. Come tutte le problematiche di questo tipo, anche quella da rientro va trattata in modo serio, nel rispetto di chi ci soffre veramente.
Dall’altra parte i datori di lavori devono però dimostrare empatia, cercando di venire incontro ai propri dipendenti senza sminuire in alcun modo gli eventuali fattori che scatena il “blues“: è appurato infatti che alcuni capi di azienda neghino direttamente l’esistenza della sindrome da rientro, mettendo in atto dunque un comportamento autoritario e pesante che non fa altro che peggiorare la situazione dei lavoratori. Il lavoro non è l’unico aspetto determinante della vita bensì uno degli aspetti che contribuiscono a rendere migliore la propria esistenza. Siamo macchine, non robot.
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