Oggi ripercorriamo la storia della leggendaria coreografa tedesca di teatro Pina Bausch; la cui luce, -dopo tredici anni dalla sua morte, nel giugno del 2009-, non si spegnerà mai. Pioniera di una visione poetica e comunicativa, ha lasciato un segno indelebile nel mondo della danza e del costume. Definita come una delle artiste più influenti degli ultimi cinquant’anni, la Bausch ha aperto nuove possibilità di performance attraverso il lavoro rivoluzionario creato con la sua compagnia: il Tanztheater Wuppertal.
“Non mi interessa come si muovono le persone, ma cosa le muove”
Unendo l’arte della danza con il teatro, Pina Bausch ha trovato un modo per esprimere una gamma di emozioni con un linguaggio autentico che doveva ancora essere esplorato. Mentre i danzatori professionisti sono spesso lodati per avere il controllo completo sui loro corpi, nelle sue coreografie la Bausch si esprimeva senza un apparente controllo; a scatti, piena di emozioni, a volte aggraziata, a volte no. Per lei non si trattava tanto di minare la bellezza normalmente associata alla danza, ma piuttosto di aggiungervi un elemento profondamente umano. Ed ora, dopo di lei, è difficile immaginare il teatro danza senza la sua eredità sbalorditiva; ha scosso e rivoluzionato gli orizzonti culturali ma anche estetici del nostro tempo. E’ impossibile enumerare le centinaia di opere fortemente ispirate al suo timbro unico, cercando di imitare i suoi viaggi surreali nella memoria, nel piacere e nel dolore.
I fan giravano il mondo, per seguire le sue produzioni; i ballerini facevano la fila per l’audizione nella sua compagnia. Anche chi non apprezzava le sue crude produzioni non le ha mai dimenticate. Pina Bausch credeva appassionatamente nella coreografia, ma i suoi lavori non riguardavano solamente la danza; erano intrecciati, connessi ed espressi con movimenti, discorsi, immagini teatrali, materia, musica e, più di ogni altra cosa, con il sentimento.
Pina era la terza e la più giovane figlia di August e Anita Bausch
I suoi genitori possedevano un ristorante con camere per gli ospiti nella città tedesca di Solingen. E’ stato proprio qui che la giovanissima Pina ha scoperto per la prima volta l’amore per lo spettacolo; intrattenendo gli ospiti con esibizioni improvvisate tra una portata e l’altra. Il suo talento e la sua insolita flessibilità fisica, non sfuggirono all’attenzione, tanto da farla iscrivere, a 14 anni, all’Accademia Folkwang di Essen, sotto la guida del ballerino espressionista moderno Kurt Jooss. Qui, incoraggiata ad andare oltre le rigide regole del balletto classico per cercare l’espressione creativa da un’ampia gamma di forme e stili artistici, furono piantati i primi semi dell’approccio aperto della Bausch alla danza.
Dopo cinque anni di scuola nella sua nativa Germania, si è trasferita a New York per studiare alla Juilliard; dove si è formata sotto la guida dei ballerini della Martha Graham Dance Company che l’hanno portata a esibirsi con il Metropolitan Opera Ballet e al New American Ballet. Malgrado questi successi impressionanti, Pina ha preferito lasciare New York dopo soli due anni; per tornare in Germania ed esprimersi secondo i suoi ideali come coreografa dell’Opera di Wuppertal, dove è rimasta tutta la vita. Ciò che è meno documentato è che non aveva mai dato per scontato di rimanerci così a lungo; infatti, per tutta la durata della sua storia nel Wuppertal, Pina Bausch ha firmato solo contratti di un anno, rinnovandoli di volta in volta. Probabilmente per sentirsi sempre libera di scegliere. Durante questo periodo ha realizzato oltre 40 produzioni, molte delle quali hanno viaggiato in tutto il mondo.
“E’ danza, è teatro o è semplicemente vita”
Così ha esordito Wim Wenders nel film che le ha dedicato proprio nell’anno della sua prematura scomparsa a soli 68 anni per cancro. Wenders era completamente incantato dal misterioso potere delle sue creazioni ma anche dalla sua personalità: potente ed energica, malgrado l’inconfondibile figura fragile dalla silhouette nera. Sia che conducesse una prova o fosse al centro della scena, Pina Bausch trasudava semplicità attraverso ciò che indossava; in netto contrasto con la sua colorata immaginazione. Il suo approccio emotivamente crudo e umanistico al movimento; la sua capacità di fondere perfettamente teatro e multimedia e il suo impegno a ribaltare le convenzioni di genere, non hanno conquistato solo il regista tedesco. David Bowie ha progettato parte del suo “Glass Spider Tour”+ del 1987 pensando a lei, usando i suoi primi lavori come guida e ispirazione.
E’ apparsa davanti alla telecamera di Amodóvar, di Peter Lindbergh e Federico Fellini
che nel 1982 l’ha scelta per interpretare la Principessa Lherimia nel suo film ”E la nave va”. Ma anche la regista belga Chantal Akerman e soprattutto Yohji Yamamoto con cui aveva un rapporto di intensa affinità estetica. Insieme hanno collaborato nel 1998, per il 25° anniversario della compagnia di danza Pina Bausch di Wuppertal. Per l’esibizione della coreografa, entrata nella storia, tutti i ballerini indossavano abiti di Yohji Yamamoto che si è tra l’altro unito a loro sul palco eseguendo mosse di karate. Yohji considerava Pina come un’ispirazione, una musa: per lui rappresentava la silhouette perfetta e il movimento ridotto all’essenza stessa del corpo e degli abiti.
“Per me, una donna che è assorbita dal suo lavoro, che non si preoccupa di ottenere il proprio favore, forte ma sottile allo stesso tempo, è essenzialmente più seducente. Più nasconde e abbandona la sua femminilità, più emerge dal cuore stesso della sua esistenza”
ha detto di lei Yohji che le ha anche dedicato un’ intera collezione nel 1990. Nel 1994 Pina ha collaborato con Miuccia Prada alla realizzazione di una borsa in edizione limitata.
Incredibilmente snella, aveva uno stile tutto personale fatto di minimalismo esasperato e androginia.
La maggior parte delle immagini di Pina Bausch la ritraggono in movimento, mentre indossa i suoi caratteristici completi monocromatici; abiti sottoveste trasparenti color crema, eleganti body neri o, fuori scena, pantaloni estremamente larghi e morbidi e cappotti oversize. Di solito portava i capelli raccolti in una coda di cavallo ordinata e quando non insegnava o si esibiva, una sigaretta spesso le bruciava tra le dita. Per la sua estetica sul palco, Pina Bausch ha tratto ispirazione dalla strada; ha sempre rappresentato i ballerini come persone normali, in abiti, completi, tacchi alti e scarpe di tutti i giorni.
Al timone dei suoi costumi tipicamente quotidiani c’era Marion Cito, che assunse il ruolo nel 1980. Nel corso della loro lunga collaborazione, Cito e Pina Bausch iniziarono a parlare lo stesso linguaggio estetico che anch’esso sovvertì la storia della danza. I costumi che accompagnavano l’approccio di Pina al teatro richiedevano flessibilità, sia in termini di facilità di movimento che di ampiezza di interpretazione. Per lei gli abiti indossati dai suoi ballerini svolgevano un ruolo molto più simbolico del semplice tessuto sui corpi: parlavano e incarnavano il desiderio umano e i misteri del subconscio.
Le opere di Pina Bausch: un cocktail di dramma e umorismo che rimarranno nella storia
Nelle sue creazioni il palcoscenico come immagine travolgente, inondava lo sguardo, i sensi, la memoria e il mondo dei pensieri e dell’immaginazione dello spettatore. Da The Rite of Spring, in cui il pavimento del palco era ricoperto di torba scura, a Nelken, dove era tappezzato con garofani. In Victor, muri di fango fiancheggiavano i ballerini, in modo che apparissero come una tribù perduta portata alla luce in uno scavo archeologico. La ripetizione era metodo e messaggio nelle sue opere; una delle ultime, Sweet Mambo (2008), riproponeva, ancora una volta, gli abiti di gala, i tacchi alti, le camicie da notte e il modello delle coppie tipiche, come ritagliate da una rivista di moda. Nei mondi che ha espresso sulla scena, realismo e surrealismo non erano in contraddizione, ma piuttosto contrasti essenziali l’uno dell’altro.
Oltre a sfidare le convenzioni sul ruolo di genere, sia attraverso i costumi che i manierismi,
il suo senso di giocosità concedeva sempre spazio a dichiarazioni politicamente rilevanti. L’etica di Pina contraddiceva i pregiudizi del balletto tradizionale accogliendo ballerini di ogni estrazione, indipendentemente dall’età, dall’etnia e dalla nazionalità. Piuttosto che nascondere gli impatti fisici inflitti al corpo di un ballerino, Pina ha sottolineato la natura corporea della danza, tracciando parallelismi tra i piedi di una ballerina e la carne cruda. Ha ideato una forma originale di linguaggio visivo in grado di commentare la società in generale. Belle e strane, tragiche ma piene di speranza, le creazioni di Pina Bausch hanno incantato il pubblico e cambiato la danza per sempre.
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