Novembre Studio, sotto la guida di Fabio Novembre, da oltre vent’anni opera in diversi ambiti legati alla progettazione, architettura, interni, product design e graphic design. L’approccio altamente riconoscibile, è caratterizzato dal segno del suo fondatore che si relaziona ai molteplici progetti con un immaginario stratificato in cui ogni elemento diventa funzionale al racconto di una storia strettamente legata alla committenza. In ambito architettonico i lavori più importanti dello studio sono senza dubbio il progetto della sede del club AC Milan “Casa Milan”, il concept dei flagship Mediaworld, il progetto residenziale ad Abu Dhabi Al Gurm Villa, il sistema retail per Stuart Weitzman, l’Una Hotel Vittoria di Firenze, gli showroom del brand Bisazza. In ambito grafico ha collaborato con brand del calibro di Philip Morris International, Adidas e Google. Fabio Novembre, riconosciuto come erede di un design italiano fortemente espressivo, disegna per grandi brand internazionali come Kartell, Venini, Driade, Natuzzi, Cappellini e Casamania, inoltre è Direttore Artistico di Driade e membro del comitato scientifico del Museo del Design della Triennale di Milano.

La firma del design italiano ci apre le porte della sua casa-studio a Milano e si racconta a cuore aperto ai nostri lettori

intervista esclusiva architetto designer italiano Fabio Novembre Life&People Magazine

  • Dopo l’università hai frequentato un corso di regia cinematografica alla New York University, che input ti hanno dato questi studi nel tuo lavoro di progettista?

Il mio approccio nasce da un limite: io non so assolutamente disegnare! Ho dunque cercato di trasformarlo in opportunità sostituendo l’espressione grafica con la scrittura e adottando metodi cinematografici all’intero processo progettuale. Il corso di regia a New York mi ha aiutato a definire dei parametri personali su una base totalmente nuova: la mia intenzione è raccontare storie tridimensionali. Uso da sempre una metafora filmica per comparare design e architettura: gli oggetti sono cortometraggi e gli edifici veri e propri film. La differenza è essenzialmente nel budget, perché poi è richiesto lo stesso livello di abilità. Ma tutto il processo è incentrato sul raccontare storie attraverso lo spazio, con un plus tridimensionale che nessun’altra disciplina permette.

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  • La tua estetica moderna, innovativa ed elegante come sposa il dinamismo futurista?

In qualche modo mi sento erede del Movimento Futurista, tutto il mio lavoro è impregnato di dinamismo. I volumi che progetto sembrano colti nell’attimo di maggior sforzo di una tensione evolutiva. Forse è per questo che non riesco a squadrare le superfici e che gli angoli sono sempre smussati. La geometria euclidea mira alla semplificazione della complessità, il mondo dei frattali restituisce una realtà più interessante e regole matematiche più vicine alla comprensione della nostra stessa esistenza.

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  • Il design è il tuo linguaggio espressivo, che cosa vuoi raccontare?

Il design è una naturale attitudine dell’uomo, l’unico animale capace di modificare a suo favore le condizioni che lo circondano invece che adattarvisi. Bisogna però ammettere che questa particolare attività lo porta spesso a sconvolgere gli equilibri da cui dipende, danneggiando più o meno consapevolmente sé stesso e il suo ambiente. Io credo che la vita sia soprattutto un problema di allineamento delle priorità, e forse fare design è proprio questo: stabilire le proprie. Un buon designer deve essere prima di tutto una buona persona, in maniera che la sua voglia di trasformazione non evolva in forme di prevaricazione.

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  • Come nascono e come si sviluppano i tuoi progetti?

Non credo di avere un metodo. Penso che ciò sia dovuto alla facilità con cui una soluzione progettuale mi si manifesta. Diciamo che ho la fortuna di essere un visionario e questo mi esime dall’applicazione metodica. L’assenza di fatica devo però compensarla con un accurato equilibrio delle condizioni che mi circondano, come per un esperimento in laboratorio. Una delle mie caratteristiche essenziali è la mescolanza dei saperi, il circondarmi di amici che si esprimono in ambiti diversi. Come nell’incrocio delle razze, dove i risultati migliori si ottengono attraverso la diversità.

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  • Quando trasformi uno spazio, come ti rapporti all’anima dei luoghi?

Bisogna sempre tenere conto del passato del luogo da trasformare, è importante pensare al fatto che ciò che un posto è stato determina non solo il suo presente ma soprattutto il suo futuro. Quando penso al territorio italiano, ad esempio, non posso fare a meno di perdermi nella storia, colgo l’ispirazione in ogni dove. Il nostro è un passato ricco di arte, non vedo perché non dovremmo approfittare di questo lascito.

  • Le idee superano i confini tra le discipline?

Quali confini?

  • La tua casa-studio: uno spazio armonico

Mi ha sempre scatenato una certa ansia il pensiero di dover mettere radici in un luogo, ma da quando vivo qui con la mia famiglia ho dovuto riconsiderare i miei precedenti pregiudizi in proposito. E poi rimane il fatto che la separazione tra pubblico e privato non l’ho mai capita e non l’ho mai messa a fuoco, io vivo e lavoro da sempre sullo stesso tavolo.

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  • Che spazio occupa l’estetica nell’interazione tra uomo e oggetti?

Credo fortemente nel valore educativo dell’estetica, non a caso nella cultura classica etica ed estetica erano insegnate parallelamente. Al contrario di chi la relega in ambiti più effimeri e superficiali, considero l’estetica un dato essenziale nel mio lavoro, riesce a condizionare comportamenti ed emozioni.

  • Essere o apparire?

Nella cosiddetta società dell’immagine tutto si gioca sul costante equilibrio tra esibizionismo e voyeurismo. È in quel non luogo che ci ritroviamo, come acrobati sospesi a un filo. Immagine o immaginazione? Luce o allucinazione? Gli occhi aperti sul mondo sono la condizione necessaria e sufficiente per godere di questo spettacolo in continua mutazione. Il nostro sforzo in questo grande processo di trasformazione deve essere quello di trovare tracce, anche minime, di armonia.

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  • L’architettura può essere ecosostenibile?

Qualsiasi artefatto creato da noi umani ha un impatto sulla realtà preesistente. La portata e le conseguenze di quell’impatto cambiano ogni volta i parametri di convivenza. Se non vogliamo creare le condizioni per una estinzione umana a breve termine, il nostro approccio da colonizzatori deve cambiare. Dobbiamo trovare nuovi equilibri tra evoluzione e preservazione, considerando l’architettura come cantiere sperimentale per un rinnovato rapporto uomo-natura.

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  • Un progetto futuro?

Negli ultimi anni stiamo lavorando sempre di più su progetti di architettura. Ad esempio, Motorsport Network, la più grande media company legata al mondo dei motori, ci ha chiesto di progettare la loro nuova torre a Miami. Contemporaneamente lavoriamo su progetti a sfondo sociale come il ripensamento degli spazi nella struttura carceraria di San Vittore a Milano.

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