All’inizio della sua carriera Robert Mapplethorpe usa i fiori come modelli e verso la fine della sua vita, sempre i fiori, sono l’eredità artistica che lascia agli amici. Sarebbe difficile contestare che i fiori siano espressione di bellezza, tanto che alcuni dei più grandi artisti della storia hanno dedicato proprio ai fiori, parte della loro vita e carriera; uno di questi è il leggendario fotografo, Mapplethorpe. Uno tra gli artisti più influenti del ventesimo secolo, ma anche fotografo rivoluzionario e provocatorio.
Robert Mapplethorpe è il controverso artista statunitense, icona del movimento omosessuale newyorkese.
Passato alla storia per le foto di nudi maschili e di scene sadomaso, il suo sguardo, attraverso una lente altamente lirica, ha sempre però sottratto la nudità alla pornografia e alla volgarità. Esiste poi una parte della sua produzione meno conosciuta nella quale la sensualità non si mostra in maniera dirompente, evidente ma si lascia solo intuire, attraverso il ciclo di scatti dedicati alle nature morte. Mapplethorpe non inizia fotografando, ma bensì creando collage con fotografie ritagliate dai giornali pornografici. Partenza coerente con quella che sarà in futuro parte della sua produzione artistica. Così facendo, però, ha l’impressione di rubare le immagini. Dopo la laurea in pittura e scultura al Pratt Institute nel 1970, l’artista non ci mette molto a scoprire che la sua vera vocazione risiede nella macchina fotografica.
Attraverso l’obiettivo di Robert Mapplethorpe anche i fiori mostrano un lato provocatorio.
Mentre vive nel famigerato Chelsea Hotel con Patti Smith, Robert decide di sperimentare nuovi canali artistici, più diretti rispetto alla pittura e al disegno e per questo prende la macchina fotografica in mano. Una polaroid, dono dell’amico John McKendry, primo curatore del dipartimento di fotografia del Metropolitan Museum of Art. Scatta le sue prime iconiche fotografie: autoritratti di scene quotidiane con Patti Smith; abbracciati a simboleggiare la loro unione e a definire i volti di una generazione che afferma la propria volontà di cambiamento.
Ma poi piuttosto che sottoporre i suoi amici a posare per ore e ore mentre lui affina le sue abilità, decide di focalizzare il suo obiettivo sui fiori; Mapplethorphe scatta fotografie di pomeriggio, quando la luce di New York filtra in basso attraverso le persiane orizzontali della finestra del suo loft. Presto passa alla fotocamera Hasselblad e trascorre il resto della sua vita lavorando intimamente con una varietà di ritratti floreali e nature morte con straordinaria dedizione, impiegando tutta una serie di processi fotografici e composizioni accuratamente costruite.
Una delle prime mostre degne di nota di Robert Mappletrhorpe si tiene alla Holly Solomon Gallery nel 1977 e presenta solo immagini di fiori.
Non ci sono titoli o didascalie, quindi l’unico riferimento è il fiore, che rende le fotografie una sorta di ritratti, ritratti piuttosto che nature morte. Cattura rose, orchidee, bocche di leone, margherite, tulipani e altre specie, sia comuni che rare, ma trasforma la visione di questi soggetti classici secondo ala sua estetica. Giochi di luci e ombre, insieme alla delicatezza del bianco e nero creano una bellezza soffusa e atemporale. Per Mapplethorne i fiori diventano, nel loro classicismo, simbolo della sessualità ed è proprio questa la rivoluzione. La luminosità maestosa crea potenti ombreggiature che ne aumentano la sensazione perturbante. Tutto è sussurrato e suggerito, il risultato finale è un lavoro assolutamente straordinario.
Erotica e botanica si incontrano nelle fotografie di flora dell’artista.
Negli anni ’80 l’attenzione di Robert Mapplethorpe si concentra prevalentemente nel lavoro in studio, con ritratti, fiori e nudi. La sua rappresentazione della forma umana in composizioni formali riflette il suo amore per la scultura classica, dai nudi erotici agli autoritratti e alla flora, insegue incessantemente quella che chiama la “perfezione della forma”. Mapplethorpe pone i fiori come se fossero donne, alcuni rari, altri comuni; cioè, cerca di esprimere il carattere, sia esso drammatico o domestico, appariscente o riservato, erotico o convenzionale. Il magnetismo è innegabile. Le nature morte floreali sono forse il distillato più intenso della duplicità dell’artista.
La vita e la carriera del grande fotografo sono caratterizzate dalla dualità.
Robert Mapplethorpe sembra divertirsi a giocare con i contrasti tra la sua reputazione come ribelle e provocatore e la sua fama, nei quartieri alti, come creatore di bei ritratti di società e fiori. Trascorre anni a fotografare scenari sadomaso altamente stilizzati ed espliciti con amici e conoscenti dell’underground newyorchese, comprimendo la cultura gay in fotografie che, sebbene fossero condannate dai suoi contemporanei come controverse, sono ora considerate le opere più iconiche della sua epoca. Di giorno cena con l’élite del mondo artistico di Manhattan e di notte dorme con le creature della città.
I toni espliciti e urlati dei nudi scabrosi di Mapplethorpe si diluiscono nel raffinato dialogo che i fiori intessono con i corpi umani, richiamandoli da lontano.
L’intensa conversazione teorica che circonda l’opera di Mapplethorpe continua oggi come all’epoca del concepimento delle fotografie floreali. L’estetica della sua visione artistica crea un’esperienza senza soluzione di continuità. Il marchio unico dell’artista fatto di raffinatezza formale e disciplina, combinato con la sua spavalderia concettuale, compenetra tutte le sue fotografie. Narcisi, rose, orchidee, iris, uccelli del paradiso, tulipani; ogni fiore si rivela al suo obiettivo nella luce della tarda sera che screzia lo studio in cui vive. Poco prima della sua morte, invia ai suoi amici un saluto sotto forma di una fotografia in bianco e nero; un mazzo di tulipani appassiti in un vaso nero, in uno spazio bianco e grigio.
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