Intervista Esclusiva a Mario Dice
“Gabriella Ferri era una donna dal carattere forte e introverso, con delle ombre capaci di trasformarsi nel più luminoso dei sorrisi quando entrava in contatto con il pubblico, che amava e temeva allo stesso tempo”.
La mia collezione “Sempre” è dedicata a lei.
Milano, giorni di presentazioni del prêt à porter F/W 2021 in modalità digital, che non impediscono qualche incontro reale, Mario Dice tra questi.
Per il designer con l’anima del couturier, uno dei nomi più amati e apprezzati nel panorama del Made in Italy, non poteva esserci ispirazione più appassionata. Una dedica alla donna e all’artista che avrebbe amato immensamente gli abiti avvolgenti, maestosi, dalle linee ampie, le camicette dalla grazia folk unita alla cultura sartoriale che si fondono anche con il carattere della persona. Divengono così parte integrante per presentarsi con forza al pubblico, per strada, sul palcoscenico, nella vita.
“Sempre”, il settimo album di Gabriella Ferri,
uno dei ricordi più belli e più intensi della storia musicale italiana, diviene collezione, trasformando versi e strofe in stoffa per continuare a raccontare emozioni, tra musica e moda.
“Ho lavorato cercando di trasferire sui miei vestiti la sua carica femminile e la sua anima così speciale”,
racconta Dice.
“E per farlo al meglio mi sono fatto aiutare da Pino Strabioli, amico e artista legatissimo a Gabriella, che ha realizzato un libro tratto dai diari della Ferri ritrovati all’interno di una valigia rossa. Io ho immaginato come e cosa avrebbe indossato oggi questa artista straordinaria per salire su un palcoscenico o più semplicemente per passeggiare nei vicoli della sua Roma. Lei amava vestire a strati, mischiare la sera con il giorno, usare le giacche da uomo mettendo però sempre in risalto il punto vita.
Era fragile e femminile, indossava camice fatte da strati di chiffon su gonne zingaresche. E non dimenticava mai un cappotto dai volumi importanti, mixando da vera pioniera dello stile, il maschile e femminile, oggi più che mai di moda.”
Presentata con un fashion film che rievoca le atmosfere anni ’70
e un’istallazione che rilancia da più monitor le immagini della vita dell’ artista romana, tra teatri, tv, cabaret e osterie, la collezione si presenta con tutta la sua forza stilistica e il coraggio che da sempre, insieme alla più alta sartorialità, rappresenta un tratto inconfondibile nella vita personale e professionale di Mario Dice.
“Nonostante il Covid, non ci siamo mai fermati e la collezione ha riscosso grandi consensi. Io cerco di non farmi mai abbattere dai momenti neri. È stato così sempre, fin da quando ho iniziato!”.
Gli esordi quasi da romanzo, a partire da quel 1992, quando un quattordicenne che vive nella provincia di Benevento si intestardisce e decide di voler lavorare nella moda.
I primi disegni inviati a Valentino, Versace, Trussardi, omettendo però l’età. Il signor Nicola Trussardi che lo chiama a Milano e si trova, allibito, al cospetto di un ragazzino minorenne ma decisamente bravo, cui non facevano difetto, appunto, talento e coraggio.
“Ma la vera occasione fu l’incontro con il responsabile della produzione Calvin Klein, vide i miei lavori e mi propose subito di volare a New York dove non si è mai troppo giovani per fare qualcosa di bello. La mia carriera nasce li, è proprio il sogno americano applicato al Made in Italy. Sono stato sicuramente incosciente, ma era troppa la voglia di buttarmi a capofitto in quel mondo, e poi io non ero mai andato prima da nessuna parte”.
L’esperienza newyorchese con Kevin Carrigan alla Calvin Klein, il senso di una moda “chic and posh”,
tipico della Grande Mela, l’incontro con le “celebrities”, le star del cinema a cominciare da Julia Roberts, anche lei piacevolmente colpita dal “ragazzino napoletano-aspirante stilista”. Ma poco glamour hollywoodiano e molto lavoro, testa e occhi bassi, su bozzetti, disegni, sketch.
Segue un’esperienza da Donna Karan e dopo sei anni complessivi a New York il ritorno a casa. Nella valigia del ritorno, fiducia, esperienza e ancora una volta coraggio da vendere.
“Rientrato in Italia ho ricominciato da zero e da Roma, all’ epoca considerata ancora la città della moda. Comincio a lavorare per le Sorelle Fontana, dove mi occupo soprattutto delle clienti private dell’Alta Moda, lavoro fianco a fianco di sarte e premiere che mi insegnano i veri segreti, le regole della Couture che mi resteranno sempre nel sangue.
Poi nel ’99, il mio ingresso nell’ Atelier Gattinoni in Via Toscana, accanto ad un creativo puro come Guillermo Mariotto e Stefano Dominella, attentissimo a dirigere l’azienda e che mi ha dispensato grandi insegnamenti. Non potevo trovarmi meglio durante tre anni che sono volati”.
Il salto poi a Milano, prima da Dolce e Gabbana, seguito dalla linea Philosophy e ancora Trussardi,
accanto a Milan Vukmirovic, il direttore creativo. Con loro resto 7 anni. “Poco dopo incontro Zuhair Murad, un bel rapporto che ha dato vita al classico futurista. Ma oramai era arrivato il momento di spiccare il volo da solo. Anche Simone Cereda, il mio compagno, mi spingeva a fare questo passo. E alla fine apro la mia Maison, a 36 anni”.
La prima sfilata uomo: gennaio 2015, Palazzo della Borsa, Milano.
A seguire, subito dopo, a febbraio, la prima sfilata donna, ma nel frattempo porta avanti anche la direzione creativa di Capucci. Un crescendo rossiniano, fatto di creatività, memoria, tenacia, incanto, puntando sempre sulla bellezza della donna.
“Ho sempre avuto il massimo rispetto per il corpo ma anche per la testa di voi donne”,
spiega con un sorriso.
“Ho sempre pensato che la migliore moda sia quella che rende un abito, un complice della bellezza, un migliore amico. Oggi ho la fortuna di avere accanto dei soci che mi seguono e mi sostengono in questa visione. Mi consentono di esprimere ogni giorno di più la mia idea di stile femminile, sviluppando un total look destinato a crescere insieme alle collezioni.
Intanto, ho aggiunto i cappotti e i capospalla, che, insisto, per me rappresentano un grande passaggio insieme alle borse, una nuova capsule collection destinata a completare e perfezionare l’immagine. E poi ancora, oggi importantissimo per me, è Luciano Padovan, il marchio di luxury shoes amato dalle star che mi ha chiamato per firmare la collezione del re-start, della rinascita”.
Insomma, chiudendo in versi cari a Gabriella Ferri… “Grazie alla vita” che ti ha dato tanto?
“Sì, è cosi. Però è anche vero che la vita l’ho sempre affrontata a testa alta senza mai girarmi indietro con lo stesso coraggio che hanno certe donne. Proprio come Gabriella… Penso che a lei oggi sarebbe piaciuta una giacca stretta in vita indossata su una gonna over o un pantalone di chiffon. Lei resta così nel mio cuore e nel mio immaginario, per sempre”.