Ricorre oggi l’anniversario della nascita del Made in Italy: è il 12 febbraio 1951 quando Villa Torrigiani, a Firenze, ospita la prima sfilata di moda dedicata agli artigiani italiani, inaugurando così una tradizione di bellezza e savoir-faire. L’evento segna l’inizio della storia della moda Italiana.
L’Italia, allora, contava innumerevoli atelier di successo in tutte le città, anche se il fenomeno moda era principalmente francese.
Il 70° anniversario della prima sfilata di moda italiana e la nascita del Made in Italy a Firenze
Sarà la conferenza internazionale dal titolo: “Giovanni Battista Giorgini, from Artistic Craftsmanship to High Fashion, Italian Soft Power” a celebrare la nascita della prima sfilata italiana.
Interverranno in collegamento web esperti della storia della moda e del costume. La manifestazione è organizzata dall’Archivio Giorgini e dall’Università di Bologna, grazie al supporto di Fondazione Cassa Risparmio Firenze attraverso l’OMA, Osservatorio dei Mestieri d’Arte. Quello che avvenne il 12 febbraio del 1951 fu un evento importantissimo che si realizzò grazie alla mente cosmopolita dell’imprenditore italiano Giorgini. L’imprenditore conosceva il tessuto produttivo e creativo dell’Italia: i principali atelier e il loro gusto sofisticato. Nella “first Italian High fashion show” che sfilò a Villa Torregiani parteciparono i più importanti e autorevoli atelier delle alte sartorie di Milano, Roma e Firenze.
Tra queste: Simonetta, Visconti, Fabiani, Sorelle Fontana, Marucelli, Emilio Schubert, Carosa e Vanna.
Inoltre sfilarono griffe come: Emilio Pucci, Roberta di Camerino, Mirsa, Bertoli e la “Tessitrice dell’Isola”.
Fu di Giorgini il merito di scovare l’artigianalità italiana e la tradizione sartoriale che diventò un marchio da esportare in tutto il mondo. Nasce così uno stile interamente italiano che si basa su cultura, tradizione e innovazione.
Giovanni Battista Giorgini negli anni ha ottenuto il merito di aver fondato il Made in Italy diventando così una figura emblematica nel panorama dell’alta moda italiana. E’ riuscito a porre le basi del fashion system tra gli anni Cinquanta e Sessanta, creando un settore organizzato tra produttività e ricerca, basandosi su stile e immagine ma anche su estetica e filosofia.
Lui creò il sistema delle sfilate e delle presentazioni che permise a innumerevoli atelier di farsi conoscere a livello internazionale e mondiale.
Negli anni Cinquanta erano i modelli stilistici dell’Haute Couture Francese come la linea a corolla di Christian Dior o di Jacques Fath a delineare le fogge vestimentarie del momento.
Lo stile italiano doveva essere diverso da quello francese, vivere di un linguaggio proprio e di un’estetica totalmente Made in Italy. La grandezza dell’Italian style stava nella capacità di interpretare le nuove richieste del mercato mettendosi al servizio di una clientela più giovane. I giovani conteranno sempre di più nella moda, il loro modo di vestire sarà anticipatore di tendenze e ispirazioni, creando così una netta distinzione tra la moda degli adulti e quella dei giovani.
La sfilata a Villa Torregiani fu di grande successo, cosicché l’anno successivo, nel 1952, Giorgini decise di spostare la manifestazione nel salone del Grand Hotel di Firenze e successivamente nella Sala Bianca di Palazzo Pitti.
Da ora in avanti la moda italiana diventa una realtà internazionale.
Nel 1955 ”Vogue USA”, ghota della moda, dedica un servizio allo stile italiano dove descrive con enfasi la manifattura, i dettagli e la contemporaneità dei capi. Viene così sottolineato la nascita di uno stile unico e inconfondibile ben diverso da quello francese. Un altro impulso per la totale autonomia della moda italiana è dato anche dalle attrici cinematografiche americane che amavano indossare abiti dal taglio italiano. Va ricordato che Roma, la città eterna, in quel periodo era stata nominata la nuova “Hollywood sul Tevere”.
La grandezza di Giorgini fu anche quella di lanciare la carriera dei giovani e intraprendenti creatori come Valentino Garavani e Roberto Capucci.
Il primo donava agli abiti un taglio perfetto tra il semplicismo e l’effetto sorpresa, basato su linee pulite e rigorose che sapevano unire la couture francese allo stile italiano. Abiti ricchi di un’aurea, una sintesi perfetta tra lusso e minimalismo, che conquistarono ben presto il jet set internazionale. Invece, la maestria di Roberto Capucci, era quella di saper unire la magia di ispirazioni semplici come la natura e l’arte, dove riusciva a fondere insieme genialità e consapevolezza. La sua idea di moda si lega al concetto che un abito oltre a vestire deve essere anche un’opera d’arte da indossare. Nel 1956 Capucci è nominato il migliore sarto italiano, e nel 1958 riceve l’Oscar della Moda negli Stati Uniti per la sua collezione dalla linea a scatola.
Roberto Capucci lavora attivamente alla ricerca costante sulla forma e la struttura dell’abito: adottando le regole della progettazione architettonica.
Nel 1968, Palazzo Pitti diventa anche il trampolino di lancio per Walter Albini che per l’occasione presenta cinque collezioni per cinque brand che avevano “linee guida” differenti. Grazie ad Albini emerge dapprima un nuova visione della moda e successivamente anche una nuova figura professionale: quella dello stilista, che doveva essere capace di creare una forte immagine, oltre a conoscere i bisogni di una nuova fetta di mercato, quella dei giovani.
Le sue clienti sono donne tra i venti e trenta anni che amano vestirsi diversamente e appartenere ad un nuovo modello sociale che si incarna perfettamente nel pret-à-porter: veloce, dinamico e raffinato. Sarà proprio la figura di Walter Albini a delineare un nuovo cambiamento, spostando nel 1971 le sfilate da Firenze a Milano. La città meneghina lancerà nuovi stilisti: Giorgio Armani, Gianni Versace, Gianfranco Ferré, Krizia, Laura Biagiotti e Missoni. Dai colli fiorentini alla Milano da bere, grazie alla diffusione delle riviste di moda, il Made In Italy da allora venne diffuso in tutto il mondo.