E’ un giornalista napoletano trapiantato a Bergamo. Un professionista brillante, seguitissimo ed è considerato un sex symbol dalle donne.

Parliamo di Fulvio Giuliani, caporedattore della redazione giornalistica di RTL 102.5 e naturalmente voce di programmi di successo come “L’indignato speciale”. Ama comunicare in tutte le forme, appartiene a quella generazione che, nel corso degli anni ha saputo trasformare la propria passione per la radio in una professione. Tanta gavetta, tanto studio, tanta lettura per migliorare il proprio lessico ed essere quanto più informato possibileParola chiave: esercizio. Sì, perché il conduttore ritiene che per potersi affermare davvero in questo campo, sia necessaria la voglia di imparare, di confrontarsi, di migliorarsi giorno dopo giorno anche dopo trent’anni di carriera.

L’infanzia e l’adolescenza

Avrebbe potuto fare l’avvocato per tradizione familiare eppure da bambino sognava di diventare capostazione. Poi si cresce, si cambia e così a 17 anni scopre il vero amore, quello per la radioA Napoli sono appena sbocciati gli anni ’90, quelli d’oro del calcio, di Maradona el Pibe de Oro, un’epoca in cui raccontare lo sport significava fare la storia. Così l’adolescente Fulvio Giuliani inizia a muovere i primi passi tra sport, radio e studio scoprendo subito, la propria vera e naturale vocazione.

Una brillante carriera

Fulvio Giuliani, Speaker di RTL 102.5

dal 1997, conduce da allora Non Stop News, il programma di informazione ed attualità dell’emittente. Oltre che commentatore di calcio, è anche il radiocronista per il rugby ed il tennis. Inoltre, ogni domenica mattina con Andrea Pamparana e Davide Giacalone conduce dal 2004 “L’indignato speciale“, noto programma di approfondimento dedicato a temi di spessore. Abbiamo incontrato Fulvio Giuliani che si è raccontato a Life&People offrendo preziosi consigli per chi volesse intraprendere l’appassionante carriera di conduttore radiofonico.

Fulvio Giuliani giornalista Life&People Magazine Lifeandpeople.it

Sappiamo come si diventa giornalisti, ma cosa bisogna fare per diventare davvero un buon giornalista radiofonico?

Se in passato si riteneva bastasse quella vociona impostata, oggi le cose sono molto cambiate, per fortuna.  Ciò che a mio parere fa davvero la differenza, è la proprietà di linguaggio.  Un bravo speaker deve essere in grado di parlare di tutto, di ogni argomento e dunque possedere una buona dialettica è fondamentale.  Per quanto riguarda il percorso, invece, io ho fatto tutta la trafila che si faceva un tempo e che oggi è superata.  Parlo, quindi, delle radio locali, della gavetta senza orari e così via.  Oggi i giovani hanno dalla loro parte la tecnologia, si ha la fortuna di potersi testare grazie ai social network, alle radio web e ai podcast. 

A proposito di social network, quanto crede abbiano cambiato il modo di fare radio e più in generale informazione?

Ritengo che i social offrano una enorme potenzialità.  Per quanto concerne l’utilizzo personale sono uno di quelli convinti che ognuno sia libero di fare ciò che vuole… Utilizzarli compulsivamente per condividere il proprio quotidiano, per esprimere pareri e opinioni. Positivi o negativi che siano.  Certo è, che questa libertà apre la strada ad ogni tipo di utente.  Ci sono i violenti, gli odiatori seriali così come i fan sfegatati, c’è un po’ di tutto, è un mondo variegato. In termini professionali, invece, abbiamo tutta una serie di vantaggi, di benefici derivanti da un uso consapevole e strutturato.  Come dicevo, la possibilità di sperimentarsi in video o attraverso i podcast consente di raggiungere un pubblico. Un pubblico che, anche se minimo, anche se fatto di sole dieci persone, ti pone dinanzi un confronto. Quei dieci utenti daranno un giudizio permettendo di approcciare la realtà. Il lavoro con i social network non è marginale, infatti in tutte le aziende esiste ormai una figura professionale che si dedica proprio a questo aspetto. 

Dopo tanti anni di lavoro in radio, quali sono gli argomenti che le stanno più a cuore, i temi di cui preferisce parlare?

Amo, innanzitutto, raccontare storie e dunque tutto ciò che mi consenta di fare una narrazione, una analisi come ad esempio lo sport, ma anche l’ambito economico. Naturalmente apprezzo anche la cronaca. Un settore del nostro mestiere che prevede una attinenza assoluta alla realtà e che quindi dà poco spazio al ricamo, al racconto. 

L’indignato speciale. Un format molto amato che da ormai quasi venti anni accompagna gli ascoltatori

Un programma che piace molto e che deve tutto all’editore di RTL Lorenzo Suraci. Vent’anni fa pensare ad un talk dedicato a temi pesanti, senza ospiti illustri, ma basato esclusivamente sul confronto con il pubblico, è stata una mossa di coraggio. Si tratta di un qualcosa creato letteralmente dal pubblico per il pubblico. E’ sì molto amato, ma anche molto criticato proprio per la durezza dei temi ma il nostro punto di forza è il confronto. Dai 20 ai 70 anni tutti possono interagire ed è una grande soddisfazione sapere che ci sono giovani ed anziani all’ascolto. Nella radio non ci sono testi, non esiste la figura dell’autore e dunque uno spazio così ricco, di due ore, è motivo di grande orgoglio per tutti noi. La radio è un mondo a sé stante perché consente di fare tutto.  

Cosa che, invece, non è pensabile in tv…

Esattamente.  E’ impossibile immaginare un format televisivo di analisi e di commento in cui manchino degli ospiti e in cui il conduttore faccia tutto con gente comune, senza una scaletta, senza il prezioso lavoro degli autori tv. Il bello della radio è anche questo…

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