Lo stupore può nascere da un rovesciamento semantico che origina nuove espressioni linguistiche, e nuove forme visive che comunicano attraverso l’immagine un significato colmo di senso diverso rispetto all’usuale. 

Così la carta, comunemente utilizzata per la scrittura, il disegno, l’imballaggio, nella metà degli anni ’60 si trasformò in abito, incrociando il mondo del consumismo insieme a quello della pop art. 

La moda era appena passata dai saloni dei grandi sarti agli store sui piani strada

questi negozi erano simili a templi sacri, luoghi colorati dedicati ai giovani che li affollavano in cerca di abiti e identità rivoluzionarie. 

La domanda spinse la produzione all’eccesso, e il mondo dell’arte avvertì questo nuovo fenomeno di iperconsumo. Nella seconda metà degli anni ’60, così, Andy Warhol creò i Brillio Dress e i Souper Dress. 

Carta da vestire

Elizabeth Day McCormick Collection, by exchange (2003.136). Photograph © Museum of Fine Arts, Boston

Furono messi in commercio  costumi per uomo e donna da utilizzare e poi buttare via, al pari di una scatola di fagioli.

Questi indumenti erano innovativi nel tessuto quanto nell’idea, fragili ed effimeri come la moda, come il bisogno di cambiare, come il consumismo più sfrenato. Spesso erano ordinabili da chiunque per meno di 3 dollari, tramite posta.

Si sceglieva il Pattern e il colore attraverso un catalogo, e il metraggio necessario insieme a un cartamodello assai semplice da riprodurre. Era inviato poi ai consumatori per creare i “Paper Dress” in Self-Made. 

La carta prese una forma anatomica, si curvò seguendo la silhouette umana e come una crisalide abbandonò la propria anonima dimensione biancastra per trasformarsi in un variopinto capo alla moda. 

«Nel 1966 lo stilista Ossie Clark produsse con successo degli abiti di carta, simili a sottovesti, con fantasia di fiori disegnati da sua moglie Celia Birtwell facendo giungere alla vetta il concetto dell’indumento usa e getta».

(cit. dall’autore “Il Macabro e il Grottesco nella Moda e nel Costume” ed. Progedit). 

Chi lo ha detto che la moda è fatta di stoffa e che i libri sono fatti di carta?

Pensateci quando volterete pagina, ora, su questa rivista di moda. 

Text Luciano Lapadula

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