Gioielli con perle e foglie d’acanto, copricapi dorati e decorati con pietre preziose, make-up abbaglianti e abiti drappeggiati. No, non è il capitolo sulla statuaria greca del libro di storia dell’arte delle superiori, ma le immagini che appaiono inserendo l’hashtag ‘Goddess complex’ su Pinterest. E se chiamare alla ribalta le antiche divinità sembra azzardato quando si parla di fashion trends, non lo è poi così tanto se si pensa alle rivoluzioni che la moda è stata in grado di compiere a suon di metafore.
Oro, argento e donna: un innato connubio che esiste dalla notte dei tempi
Restando nel campo della pura estetica, il ‘Goddess complex’ si traduce in una valorizzazione del volto e del corpo femminile attraverso gioielli e dettagli sartoriali che ne ‘illuminano’ le caratteristiche. Non è un caso che, molto spesso, ad adornare i visi e le curve delle stesse divinità, nelle loro rappresentazioni statuarie e pittoriche, fosse proprio l’oro e l’argento. La lucentezza di ciò che indossavano era lo specchio di ciò che rappresentavano, del potere che esercitavano e dell’ambigua distanza che le separava dal mondo terreno.
Quei bagliori preziosi e ammalianti sono gli stessi che troviamo tra le corde scintillanti di uno degli ultimi capolavori di Alexander McQueen e tra le catene metalliche appoggiate sul volto della nuova donna-guerriera di Maison Valentino. Va detto che, però, al di là di una luce visibile a occhio nudo, questo trend nasconde una narrazione più profonda sul femminile e sul potenziale che una sua divinizzazione attraverso l’espressività della moda di oggi può avere.
Divinità antiche: eroine moderne
Un’estetica che si ispira alle personalità femminili degli antichi pantheon religiosi, a ben vedere, è anche un modo per veicolare concetti fondamentali condivisi dai movimenti femministi odierni in un territorio (o in un cielo) ricchissimo di storie di dee che, prima di tutto, sono anche donne. Alcune disobbedienti, come Pandora che non riuscì a tenere a freno la curiosità e aprì il vaso donatole da Zeus diffondendo il male nel mondo. Altre protettive, come la dea egizia Nut, custode del cielo e quindi della natura sottostante. Altre ancora fedeli e prudenti, come quella Penelope regina di Itaca che ingannò i Proci.
Senza dimenticare i caratteri più vendicativi, primo fra tutti quello di Ishtar, venerata dalle civiltà dell’antica Mesopotamia, che riuscì a conquistare tutti gli uomini tranne il re della città di Uruk Gilgamesh, contro il quale scagliò la furia di un toro che portò cataclismi naturali nel mondo dei vivi e in quello dei morti. Esseri celesti connotati da tratti visceralmente umani, da un femminile ambivalente, misterioso, ma maledettamente irresistibile.
Un nuovo volto del femminismo contemporaneo
L’appello al femminile arcaico, etereo e venerabile, in fin dei conti, non dovrebbe affatto stupire. Se è vero, infatti, che la storia è fatta di cicli e che il gusto della moda è un efficace strumento per interpretarli, non è difficile immaginare un ritorno della donna ‘culto’ proprio in un momento in cui la lotta al patriarcato sta vivendo una nuova era, cercando di riaffermarsi con la consapevolezza che un’identità estetica potente può fare la differenza. E lo ha già in gran parte dimostrato il fatto che sia bastato uno smalto dorato e un hashtag che lo eleva a bandiera del self-empowerment femminile per stravolgere il significato di un concetto che, nella sua accezione maschile ‘Good complex’, è fortemente negativo.
È, infatti, stato utilizzato per la prima volta
dal neurologo e psicanalista gallese Ernest Jones negli anni ’30 del secolo scorso e, pur non essendo riconosciuto come una condizione psichiatrica, si utilizza per descrivere chi ha tratti narcisistici; chi si sente, per l’appunto, al pari di un Dio. Quando questo concetto ha iniziato ad essere declinato anche al genere femminile fino ad arrivare sulle ultime passerelle della moda con quel Maison Margiela in oro coperto da un sottilissimo velo nero fin de siècle, tutto è cambiato drasticamente. Come per magia, l’ossessione per se stessi è diventata amore, il potere è diventato dolce, ma irresistibile fascino e quell’oscura ambiguità celata da chi si innalza a divinità è finita per incarnare, tramite il linguaggio della moda, un nuovo volto del femminismo contemporaneo.