Come sta Giovanni Allevi? Finalmente si può rispondere a questa domanda. Il pianista è infatti apparso pubblicamente in occasione della seconda serata del Festival di Sanremo 2024, tornando a suonare il pianoforte dopo due anni e mezzo dalla scoperta della sua malattia, il mieloma multiplo, che l’ha costretto ad abbandonare le scene per dedicarsi alle cure. Sul palco dell’Ariston il compositore ha eseguito “Tomorrow”, brano intriso di speranza. A breve il compositore marchigiano tornerà tra mille difficoltà alla sua attività dal vivo, incantando con la sua delicatezza i teatri d’Italia e d’Europa.
I primi passi e il fondamentale trasferimento a Milano
Nella vita di Allevi, – come da lui confermato durante il monologo sul palco dell’Ariston -, la musica si è sempre intrecciata con la filosofia. Due discipline studiate a fondo dal compositore: nel 1990 infatti Giovanni si diploma al Conservatorio Morlacchi di Perugia in pianoforte, per poi laurearsi (con il massimo de voti) otto anni dopo anche in filosofia, scienza che si rivelerà per lui vera e propria guida nei momenti più complicati. Milano è la città chiave per la carriera del pianista. Nel 1997, consigliato del famoso bassista Saturnino Celani (suo conterraneo), l’artista decide di trasferirsi all’ombra della Madonnina per poter registrare le sue composizioni. Proprio in questo contesto, grazie al contatto diretto con Celani, conosce Jovanotti, il quale lo scrittura per la sua etichetta discografica indipendente, la SoleLuna. Da questo incontro nasce il primo album in studio, “13 dita”, oltre che una collaborazione costante con il cantautore toscano che gli affida il compito di aprire alcuni suoi concerti.
L’anno successivo, – grazie alla rete di Jovanotti -, Giovanni firma la colonna sonora del cortometraggio “Venceremos“ di Giovanni Stefano Ghidini e Sergio Pappalettera presentato al Sundance Festival. Probabilmente proprio in questo contesto le composizioni del musicista, armonicamente semplici ma molto espressive e melodiche, conquistano la solista di marimba giapponese Nanae Mimura, la quale lo propone per il suo strumento trovando successo sia in Patria che negli Stati Uniti.
Un riscontro sempre più crescente
Pian piano, i pezzi di “13 dita” riscuotono sempre più seguito, tanto da spingere Jovanotti a coinvolgere Allevi per un’altra serie di live, dove propone nuovi pezzi con cui raggiunge una popolarità travolgente anche a livello internazionale. Non si tratta di semplice talento musicale; a conquistare il cuore degli ascoltatori è anche il carattere, – assolutamente sui generis -, di un personaggio capace di raccontare la profondità dello spirito umano con un carattere quasi fumettistico.
Da quel momento in poi la carriera di Giovanni subirà un’impennata. Il nome del pianista rimbalza nell’ambiente della musica classica contemporanea, merito dei dischi: “No Concept” (2005), “Joy” (2006), “Alien” (2010) ed “Hope” (2019). Il grande successo sarà letto in modo divisivo da molti addetti ai lavori. Secondo molti esperti infatti le musiche composte dal pianista sarebbero fin troppo elementari, non all’altezza dei grandi teatri che ospitano i propri concerti.
La scoperta della malattia e la rinascita
Ma dopo anni di popolarità assoluta, Giovanni Allevi deve fare i conti con l’abisso. Nel 2022, dopo una serie di controlli il musicista scopre di essere affetto da una terribile malattia, il mieloma multiplo. Una circostanza che lo costringe giocoforza ad abbandonare temporaneamente il palcoscenico. Nel mezzo deve fare anche i conti anche un grave lutto familiare, scaturito dalla morte della sorella Maria Stella, scomparsa in circostanze che lasciano ipotizzare al suicidio.
Per quanto possibile, il musicista ha sempre cercato di rassicurare i propri fan attraverso i canali social sulle sue condizioni di salute, rimanendo comunque lontano dai riflettori fino a ieri sera. Una data indimenticabile: il compositore, commosso e provato, è salito sul palco del Teatro Ariston emozionando dieci milioni di telespettatori con un monologo toccante.
«Non suono davanti ad un pubblico da quasi due anni. Durante il mio ultimo concerto, alla Concert House di Vienna, il dolore alla schiena era talmente forte che, sull’applauso finale, non riuscivo ad alzarmi dallo sgabello […] non ho mai perso la speranza e la voglia di immaginare […] Quando ero agli inizi ho fatto concerti davanti a 15 persone. Oggi, dopo la malattia, non so cosa darei per suonare davanti a 15 persone. Quando tutto crolla e resta in piedi solo l’essenziale, il giudizio che riceviamo dall’esterno non conta più. Come ho detto nel mio ultimo concerto: non potendo più contare sul mio corpo, conterò sulla mia anima».
Mostrando la sua nuova capigliatura, celata da un cappello, il compositore si è accomodato al pianoforte per eseguire “Tomorrow”, brano scritto proprio durante la malattia. Le note, così imperfette, così imprecise, così tremolanti, sono riuscite a trasmettere la forza di un uomo diventato simbolo di coraggio, forza e resilienza. Uno dei momenti più lucidi, toccanti, commoventi, pieni di vita e coraggio – mai disperazione – nella storia del Festival della canzone Italiana.
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