La versione della Barbie con la sindrome di Down è una svolta fondamentale nella storia della bambola più famosa al mondo creata dalla Mattel: un giocattolo che ha seguito negli anni l’evoluzione della condizione femminile nell’ultimo secolo. 

L’inizio di tutto

I giocattoli sono il nostro tentativo di comprendere il mondo“, scriveva nel 2012 Alberto Manguel nel libro “Una stanza piena di giocattoli”. «Come Adamo nel Giardino, ci viene dato il compito di denominare quello che vediamo – sosteneva lo scrittore argentino – e, per condurre il mondo entro la nostra portata, ci vengono dati modelli transitori del mondo che possiamo afferrare e tenere: una bambola, un orso, un coniglio, un castello». Non c’è dubbio che dal 1959, anno in cui è stata presentata per la prima volta alla fiera del giocattolo di New York, Barbie è stata un significativo tentativo di comprendere e raccontare l’universo femminile. Bionda, alta, con un fisico mozzafiato, la creatura della Mattel rappresenta in modo molto significativo l’evoluzione della condizione femminile nell’ultimo secolo.

Barbie Sindrome di Down Life&People Magazine

Ideata da Ruth Handler – moglie di Elliot Handler, il fondatore dell’industria di giocattoli Mattel – Barbie ha rappresentato sin dagli esordi una visione a dir poco perfetta della donna. Se fino alla fine degli anni Cinquanta le bambole erano tutte bambine (la finalità era quella di preparare le bimbe al loro futuro ruolo di madre), il giocattolo della Mattel – ispirato a Bild Lilli, una formosa bambola tedesca che si rifaceva ad un fumetto in voga in quel paese – incarna per la prima volta un modello di donna in sintonia con la mentalità del tempo: gli anni Sessanta, quando il mondo ritrovava il gusto della vita dopo la ricostruzione post-bellica.

La donna perfetta

Barbie era il modello che avrebbe ispirato qualsiasi donna di quel periodo: era ricca, aveva una casa e una macchina da sogno (con il passare degli anni ha avuto persino il jet privato), aveva un fidanzato bello e prestante. Barbie e Ken erano la coppia perfetta, senza l’ombra di un difetto fisico, immersi completamente nel patinato mondo rosa che ha sempre caratterizzato il fortunato brand. Questo ideale di perfezione ha avuto negli anni una forza tale da indurre numerose donne a ricorrere persino alla chirurgia estetica pur di incarnare il modello fisico plastificato e assolutamente irreale della Barbie 

Storia della Barbie | Life&People Magazine

Nel corso degli anni la bambola della Mattel ha influenzato la cultura di massa, apparendo nei più svariati contesti: dai film animati della Pixar ai cartoni dei Simpson. A lei si è ispirato nel 1985 l’artista Andy Warhol, mentre il gruppo pop danese degli Aqua le dedica la canzone “Barbie girl”, con una accezione negativa. Qualcosa che segue anche il pensiero generale: Il termine “barbie”, nell’immaginario collettivo inizia infatti ad assumere il significato dispregiativo, etichettando un certo tipo di donne sì di bell’aspetto ma sostanzialmente stupide.

Le critiche

Nel 1994 la top model tedesca Claudia Schiffer, che agli inizi della carriera veniva definita “la barbie delle passerelle”, ha posato per un servizio fotografico in cui interpreta la bambola. Parecchi anni più tardi poi nel 2017 la Mattel ha dedicato alla Shiffer una Barbie, avvalendosi della collaborazione di Versace. In sostanza, e questo è uno dei motivi del suo successo, Barbie ha saputo interpretare l’evoluzione del mondo cogliendo il vento del cambiamento. La bambola si è in questo modo trasformata, fino a diventare oggi il simbolo di una società sempre più inclusiva che lentamente sta accantonando stereotipi e pregiudizi.

Trailer film Barbie | Life&People Magazine

Facendo tesoro di molte lamentele da parte degli stessi consumatori, la Mattel ha infatti iniziato ad attrezzarsi per far diventare la sua biondissima creatura molto più simile alle donne reali. Una delle critiche mosse alla bambola, come detto, era ad esempio quella di promuovere una immagine poco realistica della donna.
In pratica si paventava che le bambine aspirassero ad avere quel tipo di corpo che, di fatto, rappresentava l’anticamera dell’anoressia. Per questo motivo dal 1997, il fisico della Barbie è stato rimodellato con un bacino più ampio.

Il processo di trasformazione.

Ma il vero processo di trasformazione della Barbie è però iniziato nel 2009 con la linea “Barbie Fashionistas”. Da allora la bambola ha cominciato ad allargare il suo orizzonte: furono create infatti ben ventiquattro diverse tonalità della pelle e un’ampia varietà di corpi con le prime rappresentazioni delle disabilità fisiche. Come qualsiasi donna reale, anche la bambola più famosa del mondo ha potuto avere l’apparecchio acustico o una protesi, senza che venisse meno la sua femminilità carismatica. Pure Ken, il suo fidanzato, ha iniziato ad avere qualche difetto fisico, come una pelle segnata dalla vitiligine. Abbandonato il modello iniziale, legato esclusivamente all’estetica e alla ricchezza, la Mattel ha incominciato a proporre quindi dei modelli di body positivity.La bambola bionda è diventata così una icona di emancipazione e indipendenza sociale rappresentando una tipologia di donna molto più consona ai tempi che viviamo. È diventata mamma, dottoressa, maestra. Pilota. Senza assolutamente rinunciare alle caratteristiche del suo fortunatissimo core, colorato come tradizione di rosa.

Trailer film Barbie | Life&People Magazine

Quanto alla Barbie astronauta, commercializzata negli anni Ottanta con un ottimo successo di vendite, nel 2021 è prodotta in una nuova versione, stavolta con il volto di una donna reale: era quello di Samantha Cristoforetti, la prima donna italiana inserita negli equipaggi dell’Agenzia spaziale europea. Sempre nel 2021 la Mattel ha poi lanciato anche una Barbie con la fisionomia di un’altra donna simbolo della contemporaneità: quella della biologa britannica Sarah Gilbert, famosa per aver messo a punto uno dei vaccini contro il Covid-19. Questa capacità di trasformarsi incarnando i modelli contemporanei di indipendenza e inclusività, si è tradotta in un duraturo successo sui social. Un successo amplificato anche dall’uscita, quest’anno, dell’attesissimo film diretto da Greta Gerwing che vedrà protagonista Margot Robbie nei panni della bambola di Malibu.

La Barbie con la sindrome di Down

Il già citato processo di trasformazione della bambola è culminato quest’anno con la creazione della prima Barbie con la sindrome di Down,  progetto in collaborazione con la National Down Syndrome Society (NDSS) negli Stati Uniti. La nuova Barbie ha una struttura corporea meno longilinea rispetto alle Barbie classiche. Il busto è più lungo, il viso più rotondo. Le orecchie più piccole con gli occhi che riprendono le caratteristiche comuni nelle persone affette dalla Sindrome di Down. Anche gli accessori sono cambiati. La nuova Barbie indossa i plantari rosa e un pendente con tre frecce rivolte verso l’alto, il simbolo delle tre copie del 21esimo cromosoma, l’anomalia genetica che causa le caratteristiche associate alla sindrome di Down. L’abito è giallo e blu, i colori della giornata dedicata alla consapevolezza sulla sindrome di Down.

Trend Barbiecore I Life&People Magazine

Se dunque, come scriveva Manguel, i giocattoli sono un tentativo di comprendere il mondo, la Barbie con la sindrome di Down sembra rappresentare una svolta fondamentale. Barbie offre oggi ai bambini una importante chiave di lettura. Portatrice di un messaggio importante che parla di inclusione e lotta contro ogni stigma sociale: ognuno di noi può essere bello e alla moda. Purché riesca ad essere sé stesso e a valorizzare al meglio le proprie caratteristiche. Senza paura.

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